Report: Gotthard + Markonee (Bologna, 17/09/06)

Di Redazione - 20 Settembre 2006 - 0:00
Report: Gotthard + Markonee (Bologna, 17/09/06)

Bologna si è svegliata! Una bella sensazione accompagna il pubblico a fine serata, occhi e orecchie ancora rapiti dall’adrenalina che solo il rock più genuino regala. La calata dei Gotthard non è solo un evento per tutti gli amanti della band svizzera, ma l’appuntamento prescelto per inaugurare con stile una stagione all’insegna dell’hard & heavy d’annata, merce ormai rara da queste parti: Winger e Mike Tramp’s White Lion le prossime tappe, a conferma dell’ottimo lavoro svolto dal team di BolognaRockCity in collaborazione con Nuovo Estragon e Kindergarten.

Il progetto di riportare il rock che conta tra le mura felsinee premia anche formazioni locali, come i rodati Markonee. La band ha mostrato in The Spirit of Radio gli attributi necessari per meritarsi candidature importanti, forte di una manciata di ottime canzoni e dell’esperienza necessaria per reggere le assi del palcoscenico. Una lezione ribadita anche in questa occasione, con la bellissima Officer & Gentleman a rappresentare idealmente un repertorio che sa coniugare melodia e irruenza in una miscela unica, cui è impossibile resistere. Bravi a scaldare subito il pubblico, non resta che attenderli con fiducia ai prossimi appuntamenti di spalla a Winger e Bonfire: da non perdere!
Quando scocca l’ora dei Gotthard l’atmosfera raggiunge temperature vertiginose: l’attesa è vibrante per una formazione che negli anni ha costruito una solida reputazione sui palchi di mezza Europa, pur rimandando a lungo il battesimo su suolo italiano; la svolta nel 2005, con la fortunata partecipazione al Tradate Iron Fest che ha offerto un’occasione importante per riconciliarsi con i fan italiani e invertire un trend negativo che durava da anni. La serata di Bologna non registra il pienone, ma i presenti sono animati da un’energia contagiosa (pochi ma buoni, come commenterà lo stesso Steve Lee), che costituirà un ingrediente fondamentale per il successo dello show. Il segnale è chiaro sin dalle prime note di All We Are, opener dell’ottimo Lipservice, riproposta con grande partecipazione collettiva; copione che si ripete in rapida successione con Hush (tra i momenti migliori del set), Lift U Up e Top Of The World, solo per citare alcuni dei brani più applauditi. Il gruppo, in ottima forma, è trascinato dalla brillante prestazione di Steve Lee, che deve aver studiato a menadito tutte le pose portate in auge dai vari Robert Plant e David Coverdale; la sua voce è l’ideale compagna per le chitarre di Leo Leoni e Freddy Scherer, il cui suono potente e ruvido acquista dal vivo un sapore tutto speciale. Tra un assolo e l’altro e frequenti battute con le prime file (Lee, in particolare, sfoggia un perfetto italiano mescolato al più formale inglese) il concerto si proietta rapidamente verso la chiusura, fino alla potente Firedance che dovrebbe porre la parola ‘fine’ a uno spettacolo di nome e di fatto; dovrebbe, perché il quintetto ha ancora in canna un proiettile chiamato Immigrant Song, classico senza tempo eretto a monumento di un intero genere musicale che sembra non invecchiare mai. Long Live Rock & Roll è il commiato dei Gotthard, e il sottoscritto non può che inchinarsi.