So Rock Day Festival: il report

Di Stefano Ricetti - 8 Agosto 2006 - 12:06
So Rock Day Festival: il report

So Rock Day Festival: senza paura di smentite un esempio a livello nazionale di come si debba gestire, pensare e organizzare un happening heavy metal gratuito. Grazie all’instancabile attivista Reggy Forenzi (chitarra e voce degli S.n.p.), anche quest’anno si è svolto il consueto festival fra le prealpi Orobiche e le alpi Retiche, in quel di San Pietro Berbenno, provincia di Sondrio, nel cuore della Valtellina.

Come sempre un bill molto variegato, in stile con i festival nordeuropei, per accontentare i gusti di un po’ tutti i numerosi convenuti. Stand con cibi e bevande a prezzi assolutamente normali e una folta schiera di volontari (spesso addirittura famiglie intere) che servono, con il sorriso sulle labbra, pizzoccheri, salsicce e birre ai metallari presenti. Nonostante la Valtellina sia spesso ricordata come una terra pregna di pregiudizi e dalla mentalità estremamente provinciale, a Berbenno, da anni, vi è l’esatta smentita di tutto questo: viene infatti dato ampio spazio a un genere spesso bistrattato, da più parti, come l’heavy metal, dedicandogli un’intera serata.

E’ fantastico vedere la classica nonnina di paese (con tutto il rispetto, s’intende!) colloquiare amabilmente con dei punk dalle improbabili creste multicolori così come bambini o poco più agghindati da giovani metalhead accompagnati da mamme e papà assolutamente “regolari”. Il So Rock Day infatti ricorda molto da vicino i festival tedeschi, non solo per la morfologia, ma anche per lo scazzo generale dei presenti che permette addirittura di far passare assolutamente inosservati gli addetti alla security, tra l’altro  molto gentili e disponibili. Gli unici eccessi, se vogliamo così definirli, sono un manipolo di personaggi che hanno alzato un po’ il gomito verso fine nottata: tipiche macchiette inoffensive che non sono certo una novità da queste parti.                 

Efficienza, pragmatismo ma soprattutto concretezza: doti innate nel Dna dei valtellinesi che, come ogni anno, si sono estrinsecate nell’edizione 2006 del So Rock Day. Ammetto, usando una terminologia ciclistica, di “tirare la voltata” a una manifestazione come questa ma vi assicuro che se lo merita, rendendomi estremamente orgoglioso di essere un valtellinese Doc anch’io.  

Stefano “Steven Rich” Ricetti.

Prima del consueto articolo sulle prove delle varie band che si sono alternate sul palco, ho ritenuto interessante effettuare una mini intervista con Reggy, all’indomani della manifestazione.

Cosa ha funzionato meglio e cosa ha funzionato peggio nell’edizione di So Rock 2006?

Il servizio spaccio vendita ha funzionato decisamente meglio dell’anno precedente e i volontari della Pro Loco si sono veramente fatti un mazzo per offrire un servizio adeguato all’occasione.
Poi c’è stato un maggior rispetto del running order da parte dei gruppi, senza così dover tagliare canzoni o tempi (a parte il set degli Ephel Duath finito purtroppo prima del tempo per la rottura del microfono).

Anche i line-check sono filati lisci e i suoni sono stati all’altezza delle aspettative, segno che le band italiane sono preparate e organizzate per i festival a più gruppi. L’idea del Dj set di Marta di Rock Tv tra un gruppo e l’altro è stato ulteriore punto di forza. L’area è stata disposta meglio dell’anno scorso e ha migliorato di molto l’accoglienza del pubblico e dei fan. Le uniche cose che sono andate male penso siano stati i pochi bagni a disposizione, con conseguente disagio per il pubblico.

Hai qualche miglioria in mente per l’edizione 2007?

Ci sono molte cose da migliorare: organizzare i parcheggi esterni affittando i terreni agricoli, potenziare i bagni decisamente sotto dimensionati, invitare molti stand. Altri aspetti interessanti da portare avanti riguardano la diversificazione dell’offerta di birra e la miglior delimitazione delle varie zone del backstage.

Ho notato con piacere che tantissimi sponsor della zona hanno dato il loro contributo alla manifestazione, segno che è molto sentita e apprezzata. Cos’hai da dire in merito? 

Senza gli sponsor privati niente So Rock Day, pertanto un grazie ai main sponsor e agli altri che come ogni anno supportano l’evento. Abbiamo inoltre avuto il supporto di alcuni Enti pubblici.
Tengo a precisare che il So Rock Day è un concerto con ingresso gratuito, con i prezzi della birra “popolari”. E’ nato per finalizzare alcuni obiettivi dell’associazione So Rock, ovvero “promuovere il rock in provincia di Sondrio”. Non è un concerto partorito per “far soldi”, ma un evento che vuole ricreare quello che accade spesso nei festival americani o tedeschi: famiglie intere che vanno ai concerti, fan e semplici curiosi si ritrovano in questa festa di mezza estate. Inoltre cerchiamo di proporre una varietà di generi musicali sempre all’interno del rock-metal.

Numero di presenze approssimativo?

Abbiamo avuto circa 3500 presenze durante la serata e rispetto all’anno scorso molta più gente è accorsa da fuori provincia e si è fermata per molto più tempo. Teniamo poi conto che vi erano molte altre feste/concerti con gruppi locali sparse per la Valtellina che hanno inevitabilmente portato via pubblico.

Nella foto: alcuni ultras delle prime file.

So Rock diventerà un appuntamento fisso negli anni per gli amanti dell’HM?

Speriamo. Sai, quando una cosa va bene e cresce, proliferano anche gli invidiosi e i problemi, e già quest’anno ne abbiamo avuti molti con gente che ha tentato di metterci i bastoni tra le ruote durante l’organizzazione. Però finché il sottoscritto avrà la voglia e la passione di lavorare per il festival, il So Rock Day andrà avanti cercando di migliorare ogni anno. Altrimenti che vadano tutti a ca..re!

Dopo l’esperienza 2005 con due palchi perché siete tornati in quest’edizione a quello singolo?

Non mi va di ripetere le stesse formule ogni anno. In ogni edizione deve esserci qualcosa di diverso e stimolante: infatti quest’anno lo spazio per il Dj set metal nella zona fuori del tendone che coprisse i cambi palco è stata una delle mosse più azzeccate del festival. Inoltre siamo riusciti a far suonare tutte le sette band su un palco grande, con lo stesso impianto audio-luci, entro i tempi dell’anno scorso.

Ho verificato di persona che far suonare gli headliner a orari abbastanza proibitivi inevitabilmente allontana un po’ di gente e, paradossalmente, i concerti più seguiti sono quelli delle band nella fase centrale della manifestazione, indipendentemente dal contenuto tecnico dei gruppi. Come mai un orario così “strambo” per esempio per i Fire Trails  (1.15-2.30) ?      

E’ da anni che in Valtellina si suona fino a tardi (per festival estivi, si intende) e il pubblico migliore si ferma e gradisce… ovvio chi è li per caso se ne va ma è comunque una cosa “normale” (chiunque sia il gruppo headliner). Inoltre noi abbiamo l’autorizzazione al concerto fino alle 2:30 senza limitazioni di decibel! (i Fire Trails si potevano ascoltare in modo chiaro comodamente a letto ed a 5 km. di distanza! Anche nelle zone di montagna).

Hai mai pensato finora di far intervenire anche band straniere?

Si, ci sto pensando,  ma abbiamo ancora un sacco di band italiane da far conoscere!

Siete riusciti a coprire almeno le spese?

Certo che si, anche se ripeto, il concerto non è fatto per spennare i giovani e chi era presente se ne accorto sia dai prezzi e dal servizio.

Giovani metallari crescono: un tuo giudizio sul panorama HM della provincia…

La cultura rock in provincia sta crescendo, ma purtroppo ci sono ancora troppe invidie personali tra gruppi locali ed organizzatori di feste. Poi siamo abituati a piangerci addosso lamentandoci della mancanza di locali che fanno rock e di concerti in valle…senza che nessuno tiri su le calzette.
Il So Rock Day vuole essere una dimostrazione di forza e di determinazione. Non abbiamo avuto la paura di investire tempo e denaro e siamo andati avanti raggiungendo uno dei nostri obiettivi: creare un concerto rock-metal dal nulla. Spero che in futuro i più giovani ereditino questo tipo di spirito.

Ringrazia chi vuoi ora:

Ringrazio mia moglie per avermi aiutato nell’organizzazione e sopportato in questi mesi di stress, lo staff di So Rock, la Pro Loco Amici di Berbenno, le band partecipanti, i ragazzi del Service audio, gli sponsor privati, gli Enti, e non ultimi i ragazzi “arruolati” per aiutare durante la serata.

Ok Reggy, è tutto. Thanks!

 

Report Festival.

Ringrazio l’amico Massimiliano “Max” Garlaschelli per la collaborazione

Nella foto: Agabus

AGABUS:

Ad aprire il festival ci pensano gli Agabus di Lecco, band autrice di un sound che strizza l’occhio a certo crossover, dove però non mancano delle accelerazioni più energiche dal riffing pesante e massiccio. La prova dei ragazzi è stata più che sufficiente, anche se il pubblico è rimasto abbastanza freddino, soprattutto perché molta gente doveva ancora arrivare e ”carburare”.

Buona la presenza sul palco: soprattutto il cantante ha dimostrato di saperci fare, le canzoni  hanno un discreto tiro, principalmente nelle parti più energiche, mentre in certe sezioni crossover mi sembra stentino un po’ a decollare. Questa almeno è l’impressione che ho avuto, considerando che fino al So Rock Day non avevo mai ascoltato niente della band.

(Max)

Nella foto: Keeper of darkness 

KEEPER OF DARKNESS:

E’ il momento dell’unica band valtellinese presente a questa terza edizione del So Rock Day: i Keeper of Darkness. Freschi di un demo omonimo autoprodotto, hanno sorprendentemente optato per la presentazione di brani di nuova composizione, lasciando solamente a una canzone il compito di rappresentare “Keeper of Darkness”. Di primo acchito mi hanno fatto una buona impressione, facendo intravedere una netta crescita delle tracce nuove rispetto a quelle già pubblicate. La band suona un HM abbastanza tecnico e ricercato, di non facile assimilazione ai primi ascolti, anche se questa sera devo dire che l’impatto è stato più che buono, a partire dalla prova del cantante per poi passare ai restanti componenti dei Keeper, complice un PA dignitoso.

I brani di recente costituzione, a differenza di quelli del demo, mi sono sembrati più grintosi e aggressivi, particolare che penalizzava i Nostri, come letto su numerose recensioni. Alla fine quello che conta sono poi le sensazioni che dà il pubblico e i Keeper sono usciti fra gli applausi dei presenti. Promossi!

(Max)

Nella foto: Jadish

JADISH:

E’ il turno delle Jadish, gruppo proveniente da Torino interamente al femminile, che ci propone un genere a cavallo tra riffoni metal e parti più alternative abbastanza personale, il tutto supportato dal cantato di Marie. Le ragazze hanno destato in me una buona impressione, nonostante in alcuni punti la loro proposta mi sia sembrata leggermente prolissa e di non facile ascolto.

Ritengo che un pizzico di aggressività in parecchi passaggi non avrebbe assolutamente sfigurato ma, come al solito, si tratta di impressioni personali dettate dal fatto che per me era la prima volta al cospetto delle Jadish. Assolutamente da rimarcare positivamente invece la loro prova sul palco, che a sprazzi avrebbe fatto ricordare all’amico Steven Rich le Girlschool, ovvero la versione femminile dei famigerati Motorhead.

(Max)

Nella foto: Slowmotion Apocalypse

SLOWMOTION APOCALYPSE:

Si cambia decisamente registro con gli Slowmotion Apocalypse di Udine, da poco sotto Scarlet, che proprio in questi giorni hanno ristampato il loro debut album My Own Private Armageddon, già accolto favorevolmente dalla stampa nostrana. La band dal vivo dimostra di spaccare, nonostante manchi del vocalist ufficiale,  per problemi di salute, sostituito per l’occasione da un session man (mi si scusi, ma non ne ricordo il nome…). 

Tecnicamente niente da dire: il gruppo è preciso e propone senza sbavature il suo death thrash di chiaro stampo scandinavo. Se si vuole cercare il pelo nell’uovo, ho notato una certa ripetitività nella loro proposta, con il rischio che la band venga inghiottita nel calderone delle band che suonano  questo genere, in continuo aumento. Gli Slowmotion comunque sanno il fatto loro e spero che in futuro riescano a rendere la loro proposta più varia: i mezzi non mancano, come dimostrato stasera sul palco del So Rock Day con una prestazione veramente possente.

(Max)

EPHEL DUATH:

E’ il momento della band più originale e strana presente questa sera al So Rock Day: gli Ephel Duath, autori finora di ben tre album. Ricordo con piacere il loro disco di debutto: un concentrato di black metal a cavallo tra gli Emperor e i Limbonic Art fatto veramente molto bene ( Davide, uno dei membri fondatori, mi aveva venduto il demo al concerto dei Mayhem a Milano nel 1998…), fino alla svolta totale di “The Painter’s Palette”, con i Nostri a lanciarsi su terreni più sperimentali e lontani anni luce dal black metal, proponendo un genere che definirei jazz core (definizione che comunque lascia il tempo che trova…) molto originale e personale. Il più recente  “Pain Necessary to Know” ha poi perpetuato il discorso iniziato con il secondo lavoro. In generale  tutti i loro album hanno raccolto elogi anche all’estero, permettendo alla band di firmare un contratto con la Elitis, una sotto etichetta della potente Earache.

Il concerto di stasera è stato molto buono: la scaletta si è basata sugli ultimi due album, con una prestazione veramente precisa di tutti i componenti a partire dal bravo Davide alla chitarra fino ad arrivare al talentuoso Fabio al basso. Non da meno la prova del vocalist Luciano, un vero pazzoide scatenato. Il pubblico rimasto sotto il palco ha apprezzato, lamentandosi aspramente quando il concerto dei nostri è finito anzitempo per via del microfono che è andato rotto. Una prestazione quindi da ricordare, sicuramente di non facile presa per via della complessità del sound degli Ephel Duath, ma proprio per questo molto interessante.

(Max)

NECRODEATH:

Una leggenda: una delle più grandi band che la scena italiana estrema abbia mai partorito… ovviamente sto parlando dei Necrodeath, autori negli anni 80 di dischi che hanno fatto storia come il capolavoro “Into the Macabre” o il mitico “Fragments of Insanity”. Dopo uno split, fortunatamente il gruppo nella seconda metà degli anni 90 ha pensato bene di riformarsi, cosa che non ha potuto che rendere felici i fan, visto i dischi che sono stati pubblicati in seguito, come l’ottimo “Mater of All Evil” fino ad arrivare all’ultimo “100% Hell”. La loro reunion non è stata messa in piedi per sfruttare un nome mitico, ma è nata solo ed esclusivamente dal fatto che la band  aveva ancora molto da dare alla scena. Chi ha già assistito a uno show della band genovese sa che potenza ed energia sono assicurati, cosa questa successa anche stasera, anche se la prestazione è stat minata in parte da suoni che non si sono rilevati troppo buoni.

La batteria del buon Peso è risultata troppo alta, mentre la voce di Flegias troppo bassa, addirittura in alcuni momenti si faceva fatica a sentirla. Nonostante questi problemi, assolutamente normali nelle prove dal vivo, i Nostri si sono resi artefici di una prova che ha scaldato a dovere tutti i presenti sotto il palco, che hanno continuato a incitare a gran voce i Necrodeath per tutto il concerto. La scaletta ha visto protagoniste le varie “Forever Slave”, “Master of Morphine”, “Perseverance Pays”, “At the Mountain of Madness”, “Necrosadist”, “The Creature”, “Hate and Scorn”, “Mater Tenebrarum”, “Last Ton(e)s of Hate”, “Church’s Black Book” più molte altre per un totale di un’ora di massacro. La band lascia il palco tra gli applausi e le urla dei presenti, più che soddisfatti, e alla fine è quello che conta!

(Max)


FIRE TRAILS:

Impeccabile ancora una volta la prestazione di Pino Scotto e dei suoi Fire Trails. Grazie a un impianto degno di un festival di caratura superiore, che conferiva al suono dei nostri una caratterizzazione magnificamente e tremendamente metallara, l’ex Vanadium si è dimostrato un vero animale da palcoscenico, nonostante gli anta+anta siano già passati da un bel po’ dalle sue parti. L’highlander dell’HM italiano, sobrio e concentrato come sempre si dovrebbe prima del concerto, ha sciorinato una prova d’alta scuola, degna del suo passato illustre. Il resto della band è una macchina da guerra di livello internazionale. Steve Angarthal non lo scopro certo io: stupisce come faccia a suonare la chitarra così velocemente in assoluta scioltezza senza dimenticare gli ammiccamenti con i fan, il tastierista Larsen Premoli è uno dei più spettacolari in circolazione e la sezione ritmica Frank Coppolino/Mario Giannini bada al sodo conferendo un suono veramente metallico ai Fire Trails in trasferta sulle Alpi.

Con mio sommo piacere i Nostri hanno omaggiato i Vanadium con brani come Streets of Danger, Too Young to Die e Run Too Fast – a proposito Pino: a quando Don’t be Looking Back dal vivo? – alternati a canzoni tratte dai loro due lavori. Mi è piaciuta particolarmente Going On dal primo Cd e Silent Heroes dall’ultimo loro lavoro Third Moon, dedicata a Falcone e Borsellino. Non sono mancati poi i siparietti con il pubblico dove Mr. Scotto ha lanciato i suoi proclami, come ormai da copione. Insomma: un concerto “vero” dei Fire Trails che, da autentici appassionati prima che musicisti se ne fregano altamente se suonano davanti a una manciata di persone piuttosto che a ventimila kid. Le prime file del So Rock durate la loro esibizione sono state assolutamente all’altezza della situazione: braccia levate a ogni piè spinto – bella questa… ehm, vero? – e sudore a profusione, come da manuale del perfetto ultras del genere. Finale come da copione con Long Live Rock’n’Roll, tra il pogo dei nottambuli presenti, visto che il concerto si è chiuso abbondantemente dopo le due di notte.

(Steven)  

E’ tutto, appuntamento quindi al 2007!

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti