Live Report: Dream Theater a Grugliasco (TO)

Di Redazione - 31 Agosto 2014 - 10:00
Live Report: Dream Theater a Grugliasco (TO)

La provincia torinese, da qualche tempo a questa parte, sembra si stia risvegliando da un torpore durato alcuni (troppi) anni. Complice un numero sempre maggiore di organizzatori che decidono di portare eventi di grande importanza all’ombra della Mole Antonelliana, capita sempre più spesso di veder passare dalla città piemontese realtà piuttosto affermate. E’ il caso, stasera, dei Dream Theater. Non è un mistero che la formazione statunitense riscuota, in terra italica, un successo enorme e non manchi di fare numerose tappe nel Bel Paese per accontentare i numerosissimi fan.
 
Stasera tocca al GruVillage di Grugliasco (TO) ospitare il teatro del sogno, in un’estate ricchissima di eventi per gli appassionati di sonorità prog (Steve Hackett e Crimson ProjeKCt, per citarne alcuni). La perplessità, però, è sin da subito palese sui volti di chi ha già avuto modo di presenziare ad eventi svoltisi nella medesima location: i Dream Theater attirano molto pubblico, ma il luogo del concerto di stasera non ha una capienza tale da poter essere paragonata ad un palazzetto qualunque. Oltretutto, almeno a sentire i dati di prevendita, non si è registrato il sold out. In realtà, guardando nel complesso la situazione, ci si rende conto che la scelta non è poi così errata: trattandosi del secondo passaggio del medesimo tour che aveva fatto tappa qualche mese fa nella penisola e, soprattutto, sapendo già in anticipo che la scaletta della serata sarebbe stata la stessa delle ultime date, sicuramente molte persone che hanno già avuto modo di presenziare ai concerti precedenti avranno deciso di “passare la mano”. Ad ogni modo, il colpo d’occhio pochi istanti prima che il quintetto salga sul palco regala la vista di un pubblico estremamente folto, il che non guasta affatto anche al morale della band.
 
Pur essendo prevista per le 18:30, l’apertura dei cancelli tarda di un’ora e mezza circa, cosa che pone la questione sul fatto che i Nostri possano eseguire interamente la scaletta di 3 ore e mezza prevista. La formula adottata per questo tour, infatti, prende il nome di “An Evening With Dream Theater” e non prevede la presenza di gruppi spalla. Ogni perplessità viene, però, spazzata via alle 20:30, ora alla quale viene proiettato il video introduttivo sul megaschermo presente sul palco. Da qui in avanti sarà un susseguirsi di brani interrotto soltanto per qualche minuto di pausa. I Nostri, infatti, danno poco spazio alla comunicazione con il pubblico, eccezion fatta per James LaBrie che spende qualche parola sul calore dei fan italiani. Il set è suddiviso in tre “atti” e pesca a piene mani da alcuni, selezionati, periodi “storici” della band. A molti, infatti, salta all’orecchio che mancano estratti da numerosi album: Images & Words, When Dream And Day Unite, Six Degrees Of Inner Turbulence, Train Of Thought, Octavarium e Systematic Chaos vengono del tutto ignorati per dare enorme spazio all’ultimo nato.

Nel primo set, la fa da padrone il recente passato del gruppo newyorkese: la riuscita The Enemy Inside, preceduta dall’intro False Awakening Suite, danno il via allo show nel modo più diretto possibile. In uno spazio gremito di fan, è facile notare come, contrariamente a molti altri gruppi metal, i Dream Theater attirino un pubblico eterogeneo e prevalentemente “tranquillo”. Nelle prime file è stato possibile avere spazi umani tra una persona e l’altra, segno che il fan “medio” della band è molto attento all’aspetto esecutivo della proposta musicale, piuttosto che a quello prettamente scenico. In effetti, va detto che, durante questa prima parte, non vi sono state sbavature di alcun genere, neppure da parte di James LaBrie, notoriamente colui verso il quale piovono più dubbi e critiche in occasione delle performance dal vivo.

Un pregevole e divertente assolo di Mike Mangini spezza la strumentale Enigma Machine, eseguita come sottofondo ad un divertente filmato proiettato sul megaschermo posto dietro la band. Il set si chiude, poi, con Breaking All Illusions e l’annuncio che, dopo una pausa di un quarto d’ora, sarebbe iniziata la seconda parte dello show. Per non lasciare nulla al caso, parte addirittura un countdown di 15 minuti esatti, che viene presto rimpiazzato da un video dai toni decisamente scherzosi: una sorta di collage di varie parodie o imitazioni più o meno serie dei Dream Theater stessi.
Il secondo “atto” del concerto ha, poi, inizio e vede Awake nella parte dell’assoluto protagonista. Lie, Scarred, Space-Dye Vest sono solo alcune delle canzoni eseguite in sua rappresentanza e il pubblico dimostra di gradire parecchio la scelta. Più di una volta, infatti, LaBrie sottolinea che suonare in Italia è un’esperienza fantastica in quanto i fan del Bel Paese conoscono ogni singola parola dei testi e cantano a squarciagola ogni verso di essi.
In questa parte più “nostalgica” dello show, proprio James LaBrie comincia a dare qualche segno di cedimento, fortunatamente molto contenuto. Certo, la forma vocale di un cantante non può essere mantenuta costante nel corso del tempo e la voce è lo strumento più delicato e che richiede cure maggiori, quindi le poche incertezze risultano comunque perdonabili e vengono gestite con estrema professionalità dalla band. Sicuramente, il passato è visto più di buon occhio dai fan, i quali, si sa, tendono a non digerire le ultime uscite discografiche e, quando si parla di gruppi storici come i Dream Theater, questa avversione è spesso ben più radicata rispetto al normale. Infatti, a ribadire questa sensazione, ci pensa la terza porzione di spettacolo, interamente dedicata allo splendido Metropolis Pt. 2 – Scenes From A Memeory. Quando parte il riff di Ouverture 1928 i presenti vengono immediatamente catapultati indietro nel tempo, precisamente in quel 1999 che vide l’uscita del succitato album, uno dei più apprezzati dell’intera carriera del teatro del sogno. Le ugole dei fan più accaniti si prestano più che volentieri in un aiuto al cantante, il quale mostra talvolta segni di fatica e tenta anche qualche acuto di troppo. Però i brani proposti non hanno nulla da eccepire, quindi, anche se con un po’ più di reticenza, vengono perdonate le imperfezioni di LaBrie.
La chiusura del concerto, affidata ad una profetica Finally Free, lascia la sensazione che il gruppo di New York sia ancora in grado di portare con dignità il proprio vessillo. Certo, come si è accennato più di una volta, i cali fisiologici di voce non aiutano, ma resta la consapevolezza che ci si trova davanti ad una band con un enorme bagaglio tecnico, in grado di affrontare sfide sempre nuove. L’entusiasmo va, quindi, di pari passo con la critica e pone, infine, un quesito: se i Dream Theater hanno, comunque, un seguito così grande e i loro album vengono sempre accolti dalla maggior parte del pubblico con entusiasmo, un motivo ci sarà, o no?