Recensione: 20th Anniversary – Special Edition

Di Federico Reale - 12 Dicembre 2012 - 0:00
20th Anniversary – Special Edition
Band: Royal Hunt
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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90

Pur non godendo della stessa risonanza di nomi quali Dream Theater o Pain of Salvation, i danesi Royal Hunt sono riusciti comunque ad affermarsi come una delle migliori realtà in ambito Progressive, grazie ad uno stile particolarissimo che vede tecnica e sinfonie magniloquenti miscelati in un amalgama ormai ben collaudato. Vent’anni sono passati dall’esordio in studio, e i Royal Hunt hanno deciso di rendere omaggio al raggiungimento di questo traguardo con l’uscita di una raccolta composta da tre CD ed un DVD, per un totale di circa quattro ore di musica.

Le tracce in scaletta sono sistemate secondo un ordine cronologico, ed è proprio in questo ordine che analizzeremo la discografia dei Royal Hunt. Il primo dei tre CD comprende quella che è generalmente vista come la fase storica del gruppo, cioè quella che va dal 1992 al 1997, e che ha visto avvicendarsi al microfono prima Henrik Brockmann e poi D.C. Cooper, cantante molto carismatico ed amatissimo dai fan, ritornato giusto un anno fa alla corte di André Andersen. Si parte ovviamente con l’esordio “Land of Broken Hearts” (1992), seguito da “Clown in the Mirror” (1993), due album forse ancora un po’ troppo ancorati all’Hard Rock melodico della decade appena passata (specialmente il primo) ma già di grande valore e non esenti dalle influenze sinfoniche e neoclassiche che costituiscono ormai il vero marchio di fabbrica dei cinque di Copenhagen. A rappresentare i migliori momenti di questi primi lavori ci pensano il ritornello esaltante di “Flight”, i grandi cori di “Stranded”, vicina non poco all’AOR puro, o ancora gli spunti di grande eleganza di “Wasted Time”, tra le migliori cose mai fatte dal gruppo. A questo punto, come già accennato, il posto di cantante è preso da D.C. Cooper, una delle più grandi ugole degli ultimi decenni, e i risultati (già molto buoni a dire il vero) migliorano esponenzialmente: “Moving Target”, pubblicato nel 1995, è l’album della maturità, e i brani tratti da esso lo dimostrano alla grande. “Far Away” è una ballad strepitosa dal tocco medievale, mentre “1348” combina alla perfezione melodia e virtuosismo, mettendo in mostra uno scatenato André Andersen, vera anima del gruppo in quanto unico membro presente in ogni sua incarnazione, e paragonabile ad una sorta di Malmsteen delle tastiere. Ci pensano poi la cavalcata “Tearing Down the World”, le armonie vocali perfette di “River of Pain” e la soprattutto la classe purissima di “Message to God” ad illustrare la superiorità dello splendido “Paradox” (1997), probabilmente il vero capolavoro del gruppo, nonchè epitaffio alla tanto breve quanto incisiva era di Cooper, che abbandonerà dopo la sua uscita per dedicarsi ad un album solista e ad altri progetti, come Silent Force e Amaran’s Plight.

Il secondo CD ritrae quindi i Royal Hunt capeggiati da John West, già noto nell’ambito Power/Prog in quanto ex-leader degli Artension di Vitalij Kuprij e con un breve passato anche nei Badlands.
Il primo album di questo periodo è “Fear” del 1999, sicuramente un piccolo passo indietro rispetto ai lavori precedenti e più orientato verso un Hard Rock melodico come agli esordi; ciò non impedisce comunque la presenza di momenti di grande maestria come la strepitosa ballata “Follow Me”, mentre l’altro brano presente in 20th Anniversary, “Cold City Lights”, pur essendo bello non si rivela all’altezza di quanto ascoltato finora.
Di tutt’altra pasta invece “The Mission” (2001), ancora oggi tra i migliori dischi Progressive Metal mai rilasciati. I pezzi che lo rappresentano qui vengono riproposti in versione live, circostanza ove non perdono un grammo della loro energia: “Surrender” ha degli scambi di chitarra/tastiera da capogiro e la title-track è tra le composizioni più coinvolgenti mai realizzate dai danesi.
C’è poi la sola “Can’t Let Go” a raccontare lo stile di “Eyewitness” (2003), disco molto melodico ingiustamente sottovalutato (anche dal gruppo stesso a quanto pare) e seguito da due estratti del rocciosissimo “Paper Blood”, pubblicato nel 2005 ed orientato verso un sound vicino a quello dei Symphony X degli ultimi anni: la title track e “Season’s Change”, pezzo d’atmosfera dove West sfodera una prestazione da urlo.

Ecco poi l’ennesimo cambio di cantante, con Mark Boals (già nelle band di Malmsteen, e Uli Roth) che prende il posto di West: con lui il gruppo rilascia nel 2008 il seguito di “Paradox”, intitolato “Collision Course”: “The First Rock” è la manifestazione di una rinascita di una componente sinfonica messa un po’ in ombra negli anni precedenti, e “Tears of the Sun” ha dei riff che abbattono letteralmente i muri. Boals si rende autore di una buonissima prestazione, che sarà migliorata ulteriormente in “X” del 2010, disco quasi completamente atipico per i Royal Hunt, stavolta decisi a costruire le canzoni attorno alla voce del cantante, virando quindi decisamente verso un Hard’n’Heavy granitico che di Prog sinfonico ha ben poco. Il risultato è comunque di altissimo livello, e l’ugola americana si scatena sulle note di “Shadowman” e “The Well”. Forse la scelta dei brani poteva essere migliore, in quanto pezzi come “Army of Slaves” e “End of the Line” non possono mancare in un best of del gruppo, ma sicuramente non ci si può lamentare di due canzoni che comunque farebbero le fortune di molte altre band.
 
Il secondo disco si chiude sulle note di “Hard Rain’s Coming” e “Half Past Loneliness”, prese dall’ultimo “Show Me How to Live”, album che vede un clamoroso e graditissimo ritorno di D.C. Cooper all’interno dei Royal Hunt, autori ancora una volta di un album magistrale.

Il terzo ed ultimo CD comprende invece un bel pezzo inedito (“Save Me”), delle versioni acustiche di tre vecchi classici (“One by One”, “Bodyguard”, “Restless”) ed altre rarità, edite originariamente come B-sides e tracce bonus: tra queste spiccano la strumentale “Double Conversion”, pubblicata per la prima volta nell’Ep Far Away, e “Bad Luck”, risalente al Maxi Ep del 1993 e caratterizzata da deliziose venature melodiche.

In conclusione: se siete fan di vecchia data dei Royal Hunt, dovreste far vostra questa uscita per rivivere le fasi salienti e l’evoluzione del gruppo attraverso tre splendide ore di musica; se invece volete avventurarvi nella discografia dei danesi e non sapete da dove cominciare, l’acquisto è ancora più consigliato, dato che ogni album è rappresentato al meglio.
Personalmente ammetto di aver scoperto due ottimi dischi come “The Mission” e “Clown in the Mirror” invogliato dall’ascolto dei brani inclusi in questa raccolta.

Da avere assolutamente per comprendere al meglio la storia di uno dei gruppi più validi e sottovalutati della scena Heavy/Rock e Progressive degli ultimi vent’anni.

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Tracklist:

Songs / Tracks Listing

CD 1
1. Flight (4:00)
2. Kingdom Dark (4:29)
3. Stranded (4:41)
4. Clown In The Mirror (4:36)
5. Wasted Time (4:36)
6. Epilogue (6:01)
7. Time (4:56)
8. Far Away (4:59)
9. 1348 (4:33)
10. River Of Pain (7:15)
11. Tearing Down The World (5:32)
12. Message To God (6:42)

Total time 62:20

CD 2
1. Cold City Lights (5:24)
2. Follow Me (6:22)
3. Surrender (Live version) (5:15)
4. The Mission (Live version) (5:36)
5. Can’t Let Go (Live version) (4:41)
6. Paper Blood (5:08)
7. Season’s Change (4:55)
8. The First Rock (4:47)
9. Tears Of The Sun (6:00)
10. The Well (4:52)
11. Shadowman (5:36)
12. Hard Rain’s Coming (5:15)
13. Half Past Loneliness (5:39)

Total time 69:30

CD 3
1. Save Me (New song) (3:48)
2. One By One (New recording, acoustic version) (4:42)
3. Bodyguard (New recording, acoustic version) (4:06)
4. Restless (New recording, acoustic version) (3:19)
5. Bad Luck (From “The Maxi EP”) (3:15)
6. Double Conversion (From “Far Away EP”) (4:18)
7. U-Turn (From “Intervention EP”) (7:25)
8. Sixth Sense (European bonus track for “X”) (4:24)
9. Day Is Dawning (Japanese bonus track for “Eyewitness”) (3:45)

Total time 39:05

DVD (1993 – 1997)
1. Land Of Broken Hearts (Video clip)
2. Day In Day Out (Video clip)
3. Clown In The Mirror (Acoustic)
4. Far Away (Acoustic)
5. Last Goodbye (Video clip)
6. Stay Down (Video clip)
7. River Of Pain (Video clip)
8. Tearing Down The World (Video clip)
9. Martial Arts (Video clip)
10. Third Stage (Live)
11. Wasted Time (Live)
12. Message To God (video clip)

Line-up:

Line-up / Musicians

– André Andersen / keyboards, guitars (occasional)
– D. C. Cooper / lead vocals
– Jonas Larsen / guitar
– Andreas Passmark / bass
– Allan Sørensen / drums

Guest musicians:
– Kenny Lubcke, Alexandra Popova / additional vocals

Former members:
– Henrik Brockmann / vocals (1990-1994)
– Mark Boals / vocals (2007-2011)
– John West / vocals (1999-2007)
– Kenneth Olsen / drums (1989-1996; 2004-2007)
– Jacob Kjaer / guitars (1992-2003)
– Marcus Jidell / guitars (2004-2011)
– Steen Mogensen / bass (1989-2003)
– Per Schelander / bass (2005-2009)
– Allan Tschicaja / session drums on Eyewitness/tour (2002-2003)

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