Recensione: A Light in the Dark

Di Stefano Ricetti - 30 Giugno 2006 - 0:00
A Light in the Dark
Band: Metal Church
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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72

Ritengo senza dubbio i Metal Church fra i più grandi esponenti di un certo HM made in Usa targato anni ottanta. Il loro esordio “Metal Church” del 1984 rimane un concentrato di potenza thrash’n’speed senza eguali nel periodo, pregno di canzoni memorabili che ancora oggi fanno venire la pelle d’oca. Come spesso accade però, il declino di una band dopo un inizio di tale portata è dietro l’angolo: il successo, i primi soldi, le donne facili, i tour con gruppi affermati e così di seguito… inevitabilmente avvelenano i rapporti e sbiadiscono il songwriting. Cosa puntualmente accaduta da The Dark (1986) in poi, con la fuoriuscita dell’ottimo singer David Wayne e l’entrata di Mike Howe, un buon cantante ma nulla di più.

Come è facile arguire i Nostri sono quindi diventati un onesto e “normale” gruppo di HM, avendo accarezzato per un po’ il sogno di divenire stelle alla pari di Metallica e Slayer. Ciononostante ho sempre amato questa band, se non altro per l’onestà della propria proposta e per il fatto di non essersi mai piegata alle mode successive anche solo a livello di attitudine e dichiarazioni (glam prima e grunge dopo). A Light in the Dark, come recita il titolo, è la loro ultima fatica in studio: porta nuova luce nell’universo dei Church e fa capire al mondo intero che Kurdt Vanderhoof & Co. sono tornati, a distanza di due anni dal buon The Weight of the World, per restare e tentare di riconquistare il ruolo che spetta loro di diritto.

Il chitarrista, unico membro originale rimasto dal 1984, ha radunato intorno a se un manipolo di musicisti credibili confezionando un album roccioso, fottutamente HM impreziosito da sfuriate thrash che faranno la gioia dei defender e non solo. I Metal Church 2006 sono una formazione di tutto rispetto: oltre a Vanderhoof alla prima chitarra, si trova Jeff Plate dei Savatage dietro le pelli, l’ex Malice Jay Reynolds alla seconda chitarra, Steve Unger al basso e l’ex Rottweiler Ronny Munroe al microfono.

Undici sono i brani proposti per quasi un’ora di metallo da parte della Chiesa Metallica: da segnalare Beyond All Reason, Mirror of Lies, the Believer e Son of the Son. Per carità, tutti pezzi credibili e massicci ma che sfigurano di fronte allo straclassico Watch the Children Pray versione 2006, un remake del pezzo originariamente uscito su The Dark del 1986, quindi esattamente vent’anni dopo. Il brano è dedicato al compianto singer dall’ugola al vetriolo David Wayne – ricordo le sue performance dal vivo in passato: da autentico fuoriclasse… – scomparso il 10 maggio del 2005.

Quello che fa specie è che proprio questo brano surclassa tutto il resto dell’album, ed è abbastanza indicativo sulla vena creativa degli americani. A Light in the Dark è un monoblocco di acciaio senza alcuna innovazione, che premia la coerenza da una parte ma fa sorgere spontanei dubbi sullo stato del songwriting attuale di Vanderhoof e compagni. Insomma: il “solito” disco dei Metal Church da qualche anno a questa parte, che convince ma fa anche guardare con nostalgia ai tempi d’oro di “Metal Church”.              

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti    

TRACKLIST:
1. A Light In The Dark
2. Beyond All Reason
3. Mirror Of Lies
4. Disappear
5. The Believer
6. Temples Of The Sea
7. Pill For The Kill
8. Son Of The Son
9. More Than Your Master
10. Blinded By Life
11. Watch The Children Pray 2006               

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