Recensione: A New Dawn Ending

Di Luca Montini - 25 Agosto 2014 - 0:00
A New Dawn Ending
Etichetta: Limb Music GmbH
Genere: Power 
Anno: 2014
Nazione:
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80

“The world seems to hold its breath anticipating what is to come…”
 

La narrazione della “Black Crystal Sword Saga”, opera dei romagnoli Ancient Bards, giunge alfine al termine nel terzo capitolo “A New Dawn Ending”: l’epico scontro finale tra Sendor e Daltor, in un duello senza esclusione di colpi, è illustrato dall’ormai onnipresente Felipe Machado Franco nella cover art di questo disco. Arrivo purtroppo con colpevole ritardo (mea culpa!) alla recensione del full-lenght, uscito il 25 aprile scorso per l’etichetta tedesca Limb Music.
Il tempo trascorso da “The Alliance of The Kings” (2010) e dal secondo capitolo “Soulless Child” (2011) è indubbiamente servito ad irrobustire una band che già dai tempi di “Sendor has found the magical sword/ Sendor wants to conquer the world” di “The Birth of Evil” si era imposta come astro nascente e grande promessa del panorama power metal italiano. Nel frattempo Sara Squadrani, voce trascinante del gruppo, è stata convocata con grande apprezzamento da parte di critica e pubblico alla corte di Arjen Lucassen per il maestoso “The Theory of Everyting” (2013), traghettando de facto la band dalla ridente riviera romagnola all’impetuoso mercato internazionale. Gli Ancient Bards possono inoltre avvalersi in lineup anche del professionismo di giovani insegnanti del MMI di Riccione come Claudio Pietronik (chitarra) e Martino Garattoni (basso), da sempre in forze alla band assieme al tastierista Daniele Mazza.

Lasciamoci trasportare dall’intro “Before the Storm”, che dalla narrazione di Sara passa alla melodia delle tastiere che introducono il motivo portante dell’intero disco. Le orchestrazioni mostrano fin da subito un gusto notevole, interrotte dall’attacco di “A Greater Purpose”: un brano che coi suoi quasi otto minuti oscilla tra scorazzate power, linee vocali melodiche e cori bombastici. Molto interessanti gli assoli di basso e chitarra, come del resto anche nei brani che seguiranno. Trascinante refrain di tastiera per “Flaming Heart”, ancora più accattivante l’utilizzo dei cori, ma la struttura non cambia particolarmente. Doppia cassa tonante nel ritornello di “Across This Life”, con un interessante utilizzo dei cori, che incalzano assieme alla batteria.
La voce di Sara si articola attraverso melodie sempre ricche di un fascino antico e lontano, anche quando il tempo cala ed il pianoforte assieme agli archi accompagnano “In My Arms”, brano dal quale è stato estratto un video. Al primo ascolto l’effetto è spiazzante (con tutto questo materiale veloce e poweroso perché ricorrere alla ballad come biglietto da visita?), ma basta poco per convincersi di trovarsi dinanzi ad un pezzo estremamente elegante e fuori dagli schemi, dolce e straziante al contempo. Il lavoro di Claudio nel solo è pregevole, che con un sapiente senso della misura tra bending, tapping e legato riesce ad emozionare senza abusare sulla quantità di note suonate. Curioso lo stacco di silenzio dopo “ritorna da me”.
Altro highlight del disco: “The Last Resort”, in cui la voce del power metal italiano (e non solo) Fabio Lione (Rhapsody of Fire, Angra, Vision Divine) fa la sua comparsa, camaleontica come sempre e capace di adattarsi alla perfezione nello spirito del brano; la band sembra così offrire l’immagine di un gruppo che nonostante la virata stilistica sempre più caratterizzata e personale non rinnega le proprie origini.
Dodici minuti per lo scontro decisivo “Showdown”, brano variegato tra mid-tempo, parti più veloci ed una sezione di assoli al fulmicotone, che ricorda nel passaggio più ricco di pathos e cadenzato la “Dragonborn” di Jeremy Soule, direttamente dalla OST di Skyrim. Epicità pura, insomma, penalizzata forse da una durata che non favorisce l’immediatezza per l’ascoltatore più frettoloso.
In crescendo “In The End”, brano di nuovo molto articolato e trascinato da un bell’assolo di tastiera. Melodia medievale per ed arpeggio acustico in apertura per “Spiriti Liberi”, verso la mastodontica titletrack: “A New Dawn Ending”, che ci rimanda a sonorità già sentite nel platter; una lunga suite sinfonica ed orchestrale, da buona tradizione power per un degno epilogo della saga.

Gli Ancient Bards sono una realtà in rapida ascesa nel panorama artistico del power metal, e si manifestano in “A New Dawn Ending” sprigionando un’epicità ormai fatta propria, con una personalità e profondità esecutiva che li riveste di una fulgida armatura e che rende il disco inattaccabile. Ottima la prova di Sara Squadrani, in grado di trascinare l’ascoltatore attraverso il dipanarsi della trama con grande ricchezza interpretativa. Capacità tecnica, narrazione corale, grande atmosfera e melodie di grande impatto sono i pilastri portanti del genere offerto dei romagnoli: la loro magica spada di cristallo nero. La mia impressione, anche a fronte delle vette elevatissime toccate da questo disco, è che i ragazzi possano ancora spingersi oltre, sfruttando ulteriormente le proprie potenzialità tecniche, raffinando ulteriormente il songwriting e qualche arrangiamento e magari alleggerendo un po’ la zavorra nei pezzi più lunghi. In questo senso “In My Arms” è un notevole esempio di come gli Ancient Bards possano trasportare un genere inflazionato come il power-epic metal oltre orizzonti inediti anche in questo secondo decennio del terzo millennio.
Il conflitto tra Sendor e Daltor è appena iniziato, il clangore delle lame s’innalza nel cielo ad ogni assalto, mentre il mondo sembra trattenere il respiro… possiamo sperare in un serafico happy ending? Nel disco troverete le vostre risposte. Una cosa è certa: lo spettacolo sembra avere tutta l’intenzione di continuare.

Luca “Montsteen” Montini

… discutine sul forum, nel topic relativo agli Ancient Bards.

 

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