Recensione: A Secret to Hide

Di Giorgio Giusti - 16 Maggio 2021 - 12:06

I tedeschi Poverty’s No Crime nascono nel lontano 1991 e con il nuovo album A Secret to Hide festeggiano 30 anni di attività. Fautori di un prog. metal con molta melodia, chitarre roboanti e vocals sempre sotto controllo, possiamo considerare i Vanden Plas come loro primo termine di paragone. A Secret to Hide non si discosta assolutamente dai loro precedenti standard, l’album è stato prodotto mixato e masterizzato, piuttosto bene, da Simone Mularoni ai Domination Studio di San Marino. Ci sono molte band dello stesso genere che del resto vorrebbero essere brave quanto i Poverty’s No Crime, molti chitarristi che vorrebbero misurare con Marco Ahrens e Volker Walsemann per capacità, feeling e tecnica.Eppure qualcosa manca ancora alla band, se, dopo 8 album, i tedesconi non sono riuscisti ad entrare proprio nel novero dei migliori gruppi prog del settore.

Ma veniamo alla musica. Il platter si apre con un opener di otto minuti. Supernatural parte piuttosto bene con riffing serrati, più musica che parole, la band mostra davvero le proprie capacità a livello di tecnica e coesione; il brano scalpita, scorre, è coinvolgente, fa ben sperare per il prosieguo dell’album. Hollow Phrases cambia le carte in tavola, la parte ritmica è meno serrata e le tastiere hanno rilevanza adesso, cuciono bene il pezzo con ornamenti aggraziati dove le chitarre sembrano muoversi proprio nel limbo creato, un pezzo molto riuscito. Con Flesh and Bone riprende il riffing e la marcia serrata, coadiuvati dalle tastiere ora solo di contorno, il brano però pare un surrogato di Supernatural e s’inizia inevitabilmente ad osservare quanti minuti mancano alla fine del pezzo già prima della metà dello stesso.

Anche Grey to Green ahimè non ci smuove, nuovamente il refrain è scontato, anche se le parti di chitarra sono sublimi e cesellate ad arte. Piano piano comincia a delinearsi la ragione della poca notorietà di questi bravi musicisti: la diversità e la melodia tra una traccia e le successive infatti è abbastanza risibile, priva di spunti geniali. A Secret to Hide prosegue con i pezzi successivi, sicuramente davvero ben suonati attraverso suoni puliti, cangianti, molto ben prodotti, ma troppo simili tra loro, senza un azzardo o uno spunto rimarchevole, tranne la monumentale e conclusiva In the Shade che è davvero bella e molto d’atmosfera.

Probabilmente manca un suono tutto “loro”, in virtù delle innegabili capacità dei musicisti messi in campo. I Poverty’s No Crime potrebbero elaborare qualcosa di meno standardizzato, magari aggiungendo una cantante femminile, o inserire parti orchestrali, ampliando così anche la tipologia e il numero degli strumenti. Anche la voce di Volker Walsemann è molto buona anche se non abbastanza particolare per distinguersi da tante band simili a loro, servirebbe un’identità più personale per far sì che possano, con merito, raccogliere ulteriore considerazione oltre alla loro riconosciuta abilità tecnica. Tutto ciò non toglie assolutamente il fatto che hanno davvero un suono compatto, non troppo elaborato, con venature prog forse non originali ma di sicuro impatto, in questo, sì, i nostri tedesconi sono pressoché perfetti.

I Poverty’s No Crime in definitiva sono un gruppo coeso e forti di una produzione di livello. Non è scritto da nessuna parte che è necessario inventare sempre qualcosa: comporre discrete canzoni senza strafare e con una innegabile padronanza esecutiva è sicuramente la loro prima virtù. Consigliati a chi già li conosce e li apprezza.

 

 

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Genere:
Anno: 2007
70