Recensione: A Time Never Come [2015 Edition]

Di Marco Donè - 29 Aprile 2015 - 13:06
A Time Never Come [2015 Edition]
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2015
Nazione:
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80

Il periodo compreso tra la fine degli anni Novanta e gli inizi degli anni Duemila risulta essere di estrema importanza per il metal made in Italy. Proprio in quegli anni le band provenienti dallo stivale riuscirono a catalizzare le attenzioni di fan italiani ed europei, cosa successa col contagocce sino a quel momento, e che da lì in poi mise in chiaro che anche l’Italia poteva dire la sua nel genere. D’altronde, in quel periodo, dal territorio italiano uscirono alcuni lavori che potevano competere con chiunque, potevano guardare ai prodotti esteri senza timore reverenziale. Basta citare nomi quali Death SS (ve lo ricordate Panic?) o Necrodeath, che con il loro ritorno sulle scene realizzarono due dischi (Mater Of All Evil e Black As Pitch) di primissima fascia nell’universo estremo. Ma fu soprattutto grazie a delle nuove band che iniziarono ad affacciarsi sulla scena proprio in quel periodo che l’Italia seppe far breccia. Band come Lacuna Coil, giusto per fare un nome. Ma, in particolare, un genere ben preciso permise alle band di casa nostra d’imporsi nella scena internazionale. Stiamo parlando del power e di band del calibro di Labyrinth (a cui il destino giocò un brutto scherzo) Vision Divine e Rhapsody Of Fire, all’epoca semplicemente Rhapsody. Proprio questi ultimi si resero capaci di modificare ed influenzare il modo di intendere il genere.

Proprio il power, sfruttando lo slancio dato dalle tre band sopracitate, creò un vero e proprio movimento, un sottobosco foltissimo, una fucina di nuove band. E così dal Piemonte, e più precisamente da Alessandria, nel 2001 una nuova compagine pubblicava il proprio secondo disco. Stiamo parlando dei Secret Sphere e di quel A Time Never Come. Uno dei lavori più importanti usciti dai confini nazionali ed uno dei principali power album usciti in quegli anni a livello europeo. Da qui potremmo iniziare a parlare del disco, del successivo contratto con la Nuclear Blast e più in generale della storia della band piemontese, di diritto una delle quattro potenze del power griffato Italia ed invece, attraverso un passaggio temporale, balziamo dall’anno 2001 direttamente all’anno 2012, quando un vero e proprio scossone interno si abbattè sulla band. Dopo quindici anni di storia scritta assieme, il cantante Roberto Messina, a causa di dissidi interni, lascia la band e viene sostituito da una delle più importanti e talentuose voci che il panorama attuale, a livello internazionale, possa vantare ovvero Michele Luppi. Con l’ingresso del cantante emiliano i Secret Sphere realizzano Portrait Of A Dying Heart, buon disco ma che risulta esser il più debole della loro discografia. La band però è carica, convinta come non mai nelle proprie potenzialità. D’altronde l’attuale formazione risulta essere una delle meglio assortite per quanto riguarda preparazione tecnica, esperienza e capacità di songwriting. I Secret Sphere decidono quindi di lanciarsi in una nuova avventura, decidono di registrare nuovamente, con l’attuale formazione, quel disco che nel 2001 li portò alla ribalta e che forse ha raccolto meno di quanto avrebbe dovuto raccogliere.

Decisioni di cotale rilevanza hanno l’effetto di esser come il miele per le api e attirare di conseguenza le attenzioni di appassionati e addetti ai lavori. Ma dopo la prima entusiastica reazione è altrettanto naturale che nella mente affiorino le prime domande, le prime riflessioni: “ma perché questa scelta?”, “atto dovuto o decisione rischiosa?”… Considerazioni che potrebbero andare avanti all’infinito arrivando al punto cruciale, il confronto delle due versioni, il confronto tra passato e presente. Essendo quindi un avvenimento che non accade poi così spesso e che riguarda oltretutto un album speciale, è normale che la versione 2015 di A Time Never Come abbia un trattamento speciale. Proviamo quindi ad addentrarci in questa re-release.

A Time Never Come: l’album

A Time Never Come può esser definito semplicemente con una parola: capolavoro. Sì, perché è una delle massime espressioni di un genere che trova radicamento nel power, ma in cui si possono incontrare influenze prog ed interessanti orchestrazioni tanto care a quel periodo che sanciva la fine del secolo scorso e l’inizio del nuovo millennio. Il songwriting rasenta la perfezione, ogni canzone che compone il disco presenta un articolata struttura. Continui cambi di tempo e atmosfere si incastrano come pezzi di un intricato puzzle che risulta però di facile assimilazione, riuscendo nell’arduo compito di conquistare e ipnotizzare l’ascoltatore. Le melodie che escono dalle chitarre e dalle tastiere vengono enfatizzate da delle linee vocali in grado di creare un caleidoscopio di emozioni, riuscendo a risultare a tratti drammatiche, a tratti più passionali e cariche di pathos intervallando parti più dirette ed aggressive. Linee vocali che riescono a spaziare in varie correnti musicali, inglobando alla perfezione elementi tipicamente power oriented ad elementi riconducibili al pop. Il tutto interpretando come meglio non si potrebbe l’intricato concept che caratterizza il disco, la storia di Aurienne ed il suo viaggio alla ricerca della conoscenza sotto l’egida guida de La Sfera. Musiche e liriche sono l’una espressione dell’altra, cosa che riesce solo in quei dischi che passano alla storia con il termine di immortali. In poche parole un disco che ascoltato anche tra vent’anni saprà regalare emozioni forti come se lo ascoltassimo per la prima volta, facendo rivivere ricordi indelebili, immagazzinati e legati all’album.

Risulta impossibile citare una canzone rispetto ad un altra. Il disco va ascoltato tutto d’un fiato, dall’inizio alla fine, per scoprirsi poi, come novelli Aurienne, all’interno di un intimistico viaggio che scava nel profondo. Un viaggio i cui binari e stazioni son dettati dai colori e dalle emozioni che i Secret Sphere riescono a trasmettere attraverso le dodici tracce che costituiscono A Time Never Come.

A Time Never Come: il confronto

Un aspetto fondamentale, quanto inevitabile, nell’analisi di questa nuova versione di A Time Never Come è il confronto con l’originale del 2001. In quest’ottica, e come capita con ogni disco, la prima cosa che balza all’attenzione è la copertina. L’artwork della versione 2015 è completamente rinnovato e affidato alle sapienti mani di Natalhia Suellen, già all’opera con Dark Moor e Almah. Il risultato è notevole anche se la copertina del 2001 era maggiormente legata al concept del disco, ma sono dettagli.

Ma com’è la prestazione della band su questa nuova edizione? Questa è sicuramente la domanda cruciale a cui bisogna dare risposta. Perché, se dal lato tecnico, i Secret Sphere 2015 risultano senza ombra di dubbio superiori a quelli del 2001, è altrettanto lecito chiedersi se siano in grado di far rivivere quelle emozioni che han reso A Time Never Come un disco immortale. In particolare se a cambiare è il cantante, colui che deve trasmettere colori e sfumature, interpretando alla perfezione le liriche nel tentativo di lasciare il segno toccando le corde più profonde dell’animo dell’ascoltatore. Partendo proprio dalla voce, l’aspetto che si voglia o no, caratterizza e diversifica allo stesso tempo le due versioni, risulta impossibile non sottolineare l’incredibile prestazione di Luppi. Tecnicamente di un altro pianeta. Ma come dicevamo in precedenza, A Time Never Come è un disco che ha come caratteristica un forte e marcato lato emotivo e da questo punto di vista Luppi non riesce a bissare la prestazione sentita di Messina. Basta ascoltare Lady Of Silence per capire a cosa mi stia riferendo. La versione 2001 mette letteralmente i brividi mentre in quella 2015 la reazione che si ottiene è sottolineare come canti bene il cantante. Questo succede anche su Legend e Under The Flag Of Mary Read, le canzoni più note del disco, ma in generale su tutte le tracce in cui è richiesto quel qualcosa in più. Luppi risulta invece vincente nelle tracce più power oriented come The Brave e Oblivion, tracce in cui può dare libero sfogo alla sua eccezionale voce, e nella ballad Mystery Of Love in cui può sfoggiare il proprio background AOR.

Oltre ad avere un cantante diverso, la versione 2015 presenta nuovi arrangiamenti e nuove orchestrazioni nel tentativo di perfezionare, grazie all’esperienza acquisita negli anni, quelle parti che secondo la band non erano state curate a dovere nella versione 2001. Nella ricerca quindi di rendere il disco maestoso e raffinato, renderlo perfetto. L’obiettivo viene centrato anche se in alcuni momenti, come ad esempio nell’intro della già citata Under The Flag Of Mary Read, vanno un po’ a snaturare la magia, la bellezza originaria della parte. Ma sono solo frangenti che si possono contare sulle dita di una mano e che risultano quindi trascurabili. Ma anche qui, paragonandolo all’originale, qualcosa viene meno. La versione 2001 suona infatti più calda e passionale, figlia di una band che vuole dare sfogo al proprio io artistico (sia tecnico che emotivo) e non di una band che anela alla perfezione con il rischio di risultare fredda e staccata.

Da questo confronto è evidente come A Time Never Come versione 2015 risulti un disco più curato rispetto all’originale, un disco in cui nulla è stato lasciato al caso e che sicuramente farà le felicità degli amanti del genere, in particolare dei palati più fini. E’ però anche innegabile che sia venuta meno quella magia che caratterizzava la versione 2001, il risultato è quello di un super disco ma che emoziona meno rispetto all’originale. Questo è dovuto soprattutto alla prestazione di Messina, che nel 2001 aveva cantato in modo sentito, emozionante, che trasudava passione in ogni nota e linea vocale. Una prestazione che sapeva emozionare perché il primo ad emozionarsi e vivere le canzoni era proprio lo storico cantante della band piemontese.

Che valutazione dare quindi a A Time Never Come versione 2015? Rispondere a questa domanda è meno facile di quanto si possa pensare. Se dovessimo valutare solamente il disco il voto sarebbe scontato, disco capolavoro era e disco capolavoro rimane. Forse con un numerino leggermente più basso rispetto alla recensione della versione originale che potete trovare nel nostro database. Questo perché seppur disco perfetto e tecnicamente ineccepibile, non riesce a toccare emotivamente l’ascoltatore come la versione 2001 riusciva a fare. Se invece il voto deve esser dato esclusivamente sul confronto delle due versioni, sulle emozioni da esse trasmesse, non c’è storia e dividete a metà il numero che trovate in basso a destra. Ma questo è solamente il mio parere…

Marco Donè

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