Recensione: Abominations Of Desolation

Di Vittorio Sabelli - 11 Maggio 2012 - 0:00
Abominations Of Desolation
Band: Morbid Angel
Etichetta:
Genere:
Anno: 1991
Nazione:
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87

Se il disco in questione uscisse oggi sotto un altro titolo, potremmo senz’altro affermare che i Morbid Angel abbiano dato alla luce il loro “The Best” o “Highlights” (per quanto gli aggettivi siano entrambi disgustosi). Perché, leggendo i titoli delle nove tracce, non possiamo che prendere atto che esse sono vere e proprie pietre miliari nel panorama musicale le quali hanno condotto la band nell’Olimpo del death metal. Se poi sveliamo il segreto e teniamo conto che i brani sono le sue prime composizioni e che le registrazioni di “Abominations Of Desolation” sono datate 1986, è doverosa una riflessione da due diverse prospettive.

Dal punto di vista strumentale e compositivo “Abominations Of Desolation” mette in luce un nuovo diamante nel mondo del death metal: George Emmanuelle III, in arte Trey Azagthoth, che contribuirà in maniera massiccia all’evoluzione del genere grazie sia al suo peculiare stile chitarristico, sia alla predisposizione per le strutture formali che faranno scuola negli anni a venire. Amante di Mozart e della musica contemporanea, Trey compone tutte le tracce del platter, musica e testi, attingendo dalla sua passione per le antiche divinità e soprattutto da quel Lovecraft creatore del demone Azagthoth dal quale prenderà il war-name. Purtroppo, dal punto di vista musicale, “Abominations Of Desolation” manca di coesione e i pezzi non rendono quello che lo stesso Trey avrebbe voluto, tanto da convincerlo a cestinarlo finché l’Earache lo pubblicherà cinque anni dopo la registrazione. Tale mancanza di coesione si nota soprattutto nelle parti di batteria: nonostante il grande sforzo di Browning nel cantare e suonare contemporaneamente, sembra mancare di ‘tiro’; quel tiro che porterà l’ex-Terrorizer Pete Sandoval negli anni seguenti.

L’intro “The Invocation” chiarisce dal primo istante il ruolo di Iak Sakkath e delle divinità nel mondo dei Morbid Angel, messe magistralmente in musica da Azagthoth; mentre “Chapel Of Ghouls” è un vocabolario in cui troviamo buona parte degli elementi che saranno leitmotiv in tutta l’opera della band. La successiva “Unholy Blasphemies” non è tra gli episodi più aggressivi ma, di certo, tra i più emozionanti: dalle figure ritmiche ai cambi di tempo fino alla cadenza vocale, dove Browning evoca ancora Iak Sakkath, questa volta dagli abissi. Nella versione dimezzata di “Blessed Are The Sick” sarà abolita la lunga sezione assoli. Rimanendo in tema evocativo “Angel Of Disease” è un altro capolavoro con Browning che nella sezione centrale si alterna con scariche pesantissime ai riff taglienti delle chitarre che anticipano l’invocazione a Niggurath con un rallentando che enfatizza la declamazione «Angel of disease one who shuns the light, Shub Niggurath goat with one thousand young». Nel finale le chitarre sono in autentica battaglia in un alternato 4/4, veloce nel riffing e dimezzato nei soli. L’intro “The Gate” spalanca le porte a “Lord Of All Fevers”: le uniche parole che mi permetto di proferire sono «Ia Iak Sakkakh Iak Sakkakth, Ia Shaxul Ia Kingu Ia Cthulu Ia Azbul Ia Azabua», il resto è Storia! In “Hell Spawn” un accelerando all’unisono tra la batteria e un cromatismo della chitarra è il preludio di uno dei brani più corti ma più intensi del disco, che nella rinascita in “Formulas Fatal To The Flesh” esprimerà a pieno il suo potenziale, soprattutto nel discreto uso dei piatti da parte di Sandoval. Così come “Unholy Blasphemies”, anche “Abominations” e “Azagthoth” saranno riutilizzate in “Blessed Are The Sick”, uscito solo qualche mese prima della stampa di “Abominations Of Desolation”. “Demon Send” resta l’unico brano non ‘riutilizzato’ nei dischi successivi e sembra quasi un estraneo nel discorso intrapreso, con un occhio strizzato ai Venom e un ritornello col sapore di Whiplash… ma neanche il tempo di interiorizzare i suoi due minuti che eccoci di nuovo minacciati da “Welcome To Hell” (a.k.a. “Evil Spells” in “Altars Of Madness”), con i guitar-hero a sfoggiare tecnica e idee malvagie in soli malati e atonali, che fanno da intermezzo al growl acido di Browning nei cambi di tempo che, per quanto di buona fattura, non esaltano le idee dello stesso dietro i tamburi. Rimarranno comunque delle buone basi su cui i Nostri ricostruiranno i brani in futuro.

È risaputo che David Vincent fece da produttore e sponsor per questo primo full-length (anche se da molti considerato solo un demo): chissà se già durante la registrazione pensava a come ricollocare in futuro questi nove capolavori. Sta di fatto che fu inserito in line-up subito dopo, così come Sandoval, e già da “Altars Of Madness” i nuovi apportarono quell’amalgama che caratterizzò il sound tipico della band californiana negli anni seguenti, dove ogni brano (“Demon Seed” escluso) sarà ‘ri-registrato’ e inserito nel loro alfabeto discografico, rendendogli giustizia e immortalità, nei secoli dei secoli… Angel!

Vittorio “VS” Sabelli

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Tracce:
1. The Invocation/Chapel Of Ghouls 7:11       
2. Unholy Blasphemies 4:00
3. Angel Of Disease 5:36
4. Azagthoth 5:49
5. The Gate/Lord Of All Fevers 5:55       
6. Hell Spawn 2:32
7. Abominations 4:19      
8. Demon Seed 2:12
9. Welcome To Hell 4:57

Durata 42 min.

Formazione:
Mike Browning – Voce/Batteria
Trey Azagthoth – Chitarra
Richard Brunelle – Chitarra
John Ortega – Basso

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