Recensione: Abysmal

Di Luca Rimola - 21 Settembre 2015 - 13:07
Abysmal
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2015
Nazione:
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78

Siamo giunti al ritorno dei Black Dahlia Murder; passati i canonici 2 anni il complesso americano rilascia la settima prova di studio, pronta per essere gustato dai numerosi fan ormai sicuri di una garanzia qualitativa consolidatasi nel tempo. Ed è sorprendente come questa band faccia dischi da ormai 12 anni, cui si vanno ad aggiungere le Demo rilasciate nel 2001 e 2002, cercando sempre di migliorare ed evolvere il proprio sound.

Con un melodic death con influenze spiccatamente deathcore i BDM sono riusciti a differenziarsi dalla miriade di band attaccate ai soliti e alla lunga noiosi stilemi. Un elemento fondamentale nelle loro composizioni, che negli anni si è rivelato perfino in grado di fa ricredere molti Deathster ‘puri’, in particolare grazie ad album come il precedente ‘ Everblack’ che ha riscosso un meritato successo.

Riuscirà ora questo Abysmal a tener testa o addirittura superare le elevate aspettative di pubblico e critica?

Se  ‘Everblack’ come titolo non aveva emozionato, in questa occasione i BDM si riscattano ampiamente: chi mastica l’inglese sa che Abysmal può essere traducibile come un qualcosa d’orribile ed esageratamente enorme. La copertina poi non è delle più leggere, tanto strizza l’occhio a produzioni più simili al ‘gore’; e mette subito in chiaro quale sarà il sound che andremo ad ascoltare.

L’album infatti, fin dai primissimi minuti  ci porta in tavola una pesante, decisa e dolorosa dose di mazzate made in Detroit, grazie ad’una delle più belle canzoni dell’intero lotto: ‘Receipt’ conferma fin dall’inizio la freschezza compositiva del gruppo. La violenza non scemerà se non per pochissimi secondi, come anche nella successiva ‘Stygiophobic’, e proseguirà per tutta la durata del CD regalandoci un’ottima prova da parte del duo Ryan Knight e Brian Eschbach, che con i loro affilati riff riescono a convincere e perfino ad esaltare. Ne sono  fulgidi esempi canzoni come ‘Vlad, Son Of The Dragon’ o ‘Re-Faced’

Il tutto è completato dalla sempre ottima voce di Trevor Strnad che riesce a migliorare anche brani leggermente sottotono, situate essenzialmente nella seconda metà dell’album, che soffre, soprattutto dopo un paio d’ascolti, di un’eccessiva ripetitività. Questo problema però non pesa gravemente e svanisce verso la fine grazie ad un paio di pezzi azzeccati, come ‘ The Advent’ , dotata di un fantastico ritornello, o la buona track, impreziosita da un intro di violini dallo stile puramente gotico.

Il platter è ben compatto ed omogeneo, i richiami Black sparsi per tutto ‘Abysmal’, riportano in auge le atmofere presenti nelle vecchie produzioni, atmosfere capaci non solo di esaltare il fan di vecchia data, ma anche di migliorare e incattivire le canzoni. Non ci sono dunque stravolgimenti del sound ma l’album riesce ad intrattenere, confermando il buono status del gruppo, capace di creare ottimi brani, accontentando i numerosi seguaci ma soprattutto accalappiandone di nuovi.

Di certo il futuro è roseo per i Black Dahlia Murder, non resta che augurarsi di ascoltare album sempre più belli, maturi ed evoluti musicalmente.

Luca “Bēl” Rimola

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