Recensione: Abyss Of Hypocrisy

Di Giorgio Vicentini - 22 Novembre 2004 - 0:00
Abyss Of Hypocrisy
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
49

Che disco assurdo; di fronte a quest’opera brasiliana riesco a farmi sorprendere ancora una volta, basito come un tempo: claustrofobia, ossessione, nervo ed atletismo al servizio della più becera violenza, anche fine a se stessa.

Visto da fuori sembra un platter death qualunque, dieci tracce per circa cinquanta minuti. Una volta messo nello stereo non si scherza più: l’armageddon sonoro ci assale sottomettendo tutto quello che incontra. Un marasma incontrollato, costruito su un songwriting abbastanza sviluppato, se rapportato alle reali possibilità di esprimere qualcosa con queste frequenze, che permette di arrivare a riff sparati a velocità inumane senza soluzione di continuità. Dieci tracce abbacinanti, innanzitutto per ferocia, che richiedono un impegno nervoso oltre la norma durante i primi attacchi, che possono lasciare solo in due modi chi le ascolta: schifati o rapiti. Il passo è breve e non ci sono mezze misure.

I favorevoli diranno che questa è una delle nuove frontiere della violenza applicata alla musica, un frullatore accesso nel quale buttare velocità esecutiva ai massimi livelli, assoli talmente invasati quanto quelli di un Azagthot con meno classe e preda delle convulsioni, growl pastoso e prevalente, alternato blandamente allo scream.
I contrari si chiederanno se ha senso produrre un ennesimo lavoro di questo tipo nel 2004, non riuscendo ad apprezzare per intero, ma soprattutto continuativamente, un lavoro così estremo per il gusto di colpire l’attenzione con le solite armi trite e ritrite.

Io propendo sempre più per la seconda soluzione, anche se Abyss Of Hypocrisy un po’ di magnetismo lo ha, trattenendo all’ascolto anche quando è chiaro che l’impianto base è pressoché invariato di canzone in canzone; sapendo che il tutto gioca sull’affondo costante, sull’effetto segheria e sui classici stilemi death metal estremizzati.
Da un lato può essere affascinante accettare la sfida di gettarsi gridando in un rotore inarrestabile, che ti cattura e ti sbrindella le carni ad ogni minimo movimento con i suoi riff slabbranti; di contro, non credo che si possa ascoltare un disco soltanto per farsi stupire ogni volta dall’esecuzione aliena, dagli assoli che piovono dal cielo su un mare di interiora.
Stavolta, il salone delle oscenità si apre con l’abusata ricetta della velocità dissennata, la prossima volta quale sarà la chiave? Chiunque può stancarsi di tutto questo e ritrovarsi tra le mani un disco la cui sola peculiarità rimasta sono le ritmiche veloci quanto i giri che il CD stesso fa nel piatto del lettore.
Uniche boccate d’aria sono i due simil acustici che si susseguono a breve distanza e dotati di melodie fascinose; da prendere a parte “Vae Solis (Armagedom Song)”, uno strumentale più che mai mero sfoggio del campionario Mental Horror.

Penso sia inevitabile che un disco come questo rischi di troncarsi le gambe da solo, proprio a causa delle sue caratteristiche che impongono un out-out. Sì perché, una volta riportata la mascella in posizione corretta dopo la caduta per stupore, la festa potrebbe già finire al terzo brano che porta con se l’implacabile effetto noia. Un muro sonoro compatto che non lascia spazio di crescita alle idee, intrappolate in una forma talmente monolitica da richiedere tanta dedizione per essere capita e metabolizzata, oltre che una buona e volontaria dose di prosciutto sugli occhi per non dar peso a quanto castrante (per se stessa) sia una belva di questo genere.

In ogni caso, non si può nascondere che sarebbe stato interessante ascoltare Abyss Of Hypocrisy con una dotazione sonora più possente, una produzione di alto livello che avrebbe tolto il velo ai momenti più ottusamente ciechi, che fanno di alcuni tratti delle semplici “smanettate” forsennate. Anche qualche divagazione melodica o alcuni rallentamenti avrebbero donato una dimensione in più ma probabilmente, tutto ciò che troviamo in questo platter è voluto dalla A alla Z e modificarlo avrebbe tolto quella sensazione di pressione cranica crescente che fa tendere i nervi.

Se vi piace l’idea di partecipare al concorso a premi “quante lesioni permanenti vi siete procurati”, compratevi questo lavoro e spedite la cartolina, magari vincerete un bambolina frullata a mano dal batterista con le sue bacchette-segheria, se no usate meglio i vostri soldi. A me l’effetto sorpresa/interesse è durato il tempo di cinque-ascolti-cinque.

Ultimi album di Mental Horror