Recensione: Aegis

Di Daniele D'Adamo - 7 Aprile 2023 - 0:00
Aegis
Band: Lurk
Genere: Sludge 
Anno: 2023
Nazione:
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78

“Aegis”. Quarto album in carriera per i Lurk, una delle migliori realtà odierne nel campo dello sludge.

C’è da osservare preliminarmente, infatti, che i finlandesi sin da subito si sono dimostrati in grado di sviluppare il genere summenzionato nella sua forma migliore, si potrebbe anche azzardare pura. Nel loro stile echeggiano varie influenze spurie, tuttavia nessuna di esse sposta li stile stesso da un aggettivo che potrebbe giudicare come azzardato ma che così non è: enciclopedico.

Sì, perché “Aegis”, fra le altre cose, forma una sorta di metro-campione su come debba essere concepito il ridetto sludge. Che, si rammenta, è di difficile messa a punto a causa della sua endemica tendenza a occupare altri territori musicali. I Lurk, invece, riescono a focalizzare il loro sound in maniera perfetta sui dettami di base del genere di cui trattasi. Dettami che si avvicinano pericolosamente a quelli del doom ma che, al contrario, si esplicitano ben chiari nella loro singolarità.

La voce aspra di Kimmo Koskinen, che si identifica in una sorta di growling agro e sanguinolento, funge da nocchiero per un suono cupo, tentacolare, profondo. Ma anche lento, cadenzato e, in primis, scivoloso. Che è l’ingrediente fondamentale, almeno a parere di chi scrive, per la nascita e messa a punto della foggia musicale.

Brani come ‘Infidel’ ne sono un esempio. Lo scivolare fra le onde sonore è come lo sprofondamento nelle sabbie mobili. La mente, acchetata dal ritmo ipnotico dettato dalla batteria, amplifica la propria percettività per questo scivolare. Magari, per rendere più vivida la figura retorica, lungo un’infinita scarpata fangosa, satura d’acqua, dal fervido odore di terra umida, di humus.

I riff di chitarra sono possenti, massicci, lineari. Accompagnati da innumerevoli disegni oscuri tratteggiati dai toni più acuti, orpelli a ornamento dei passaggi più ragionati, meno rapidi, ideali per scatenare visioni di una Terra ricoperta in toto da un finissimo limo che distrugge ogni forma di vita.

Da rilevare che, contrariamente alla media, nell’economia del sound del combo di Tampere il basso occupa un ruolo assai importante. Il suo morbido rombo, oltre ad accompagnare gli accordi e i ghirigori delle sei corde, forma anima a sé, nel senso che svolge un compito ben preciso, ben distinguibile dal resto della strumentazione. Il suo incedere è talvolta ipnotico, aiutando per ciò i vari brani ad aumentare la loro tendenza a indurre maestosi paesaggi sonori che vagano nel mondo dei sogni. Non si può non citare, inoltre, l’utilizzo di effetti ambient e del sintetizzatore per far lievitare quanto più possibile la componente lisergica.

Talentuoso anche nella composizione, il quartetto scandinavo riesce, con naturalezza, a elaborare canzoni ubbidienti come soldatini allo suo particolare stile. Il che è il primo passo dell’eccellenza. Il secondo, è quello di costruire tracce ben diverse fra loro, facilmente individuabili, che si installano nella memoria con forza e naturalezza. Uno per l’altro, gli episodi non mostrano mai fiacchezza o ridondanze. Non ci sono riempimenti e allungamenti forzati. Tutto è buono per un ascolto rilassato che, proprio per questo, conduce per mano il pensiero verso il cuore pulsante di “Aegis”; esplorando con l’immaginazione la morfologia ove si ode il sempiterno fango disegnare ruscelli, valli, pianure, sinuose catene montuose.

L’LP, in sostanza, non annoia mai, rivelandosi piuttosto longevo, invogliando così a percorrerlo e ripercorrerlo. Il che identifica i Lurk fra i migliori interpreti del genere. Non solo, capaci di rendere lo sludge accessibile anche a coloro che non ne sono mai venuti in contatto.

Daniele “dani66” D’Adamo

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