Recensione: Amen

Di Stefano Ricetti - 18 Agosto 2021 - 0:30
Amen
Etichetta: BloodRock Records
Genere: Doom 
Anno: 2020
Nazione:
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70

Una splendida immagine gotica troneggia in copertina; il titolo, Amen, non promette ballate strappamutande, l’inserto interno propone un bel teschio immortalato vicino a un crocifisso, le note tecniche sono ridotte al minimo e sull’altro lato, oltre ai testi vi è una foto di due dei componenti la band atti a visitare una galleria cimiteriale.

Questo il nero biglietto da visita di una delle ultime creature viniliche a 33 giri griffate Bloodrock Records. Protagonisti di questo viaggio negli inferi sono quattro musicisti di stanza fra Padova e Perugia, i Mourning Mist, che con Amen giungono al loro secondo lavoro ufficiale:  Ecnerual (violino), Kvasir (chitarra, basso, voce), Mid (batteria) e Saevum (voce).

L’album si compone di sei pezzi per trentacinque minuti di musica. La side A parte con la chitarra a mo’ di mannaia di Kvasir al servizio di un brano di classico doom caratterizzato da una voce salmodiante a formare il giusto contraltare con il sinistro violino di Ecnerual. “Ancient Ruins”: una litania color pece posta giustamente in apertura. Sale la velocità, quantomeno all’inizio, nella successiva “Isle Of Loss” e si rafforza l’idea, suggestionante, di stare ad ascoltare un vinile col suono che pare provenire dall’interno di una  cattedrale, senza nessuna presenza umana dentro, impregnata di musica heavy dark. “Blindness” chiude il primo lato del 33 giri rafforzando l’immaginario gotico di cui sopra.

True Values” incarna il primo pezzo della side B: ancora asce affilate come rasoi e un prevaricante violino a definirne la cifra. Da segnalare l’improvvisa accelerazione sul finale. “Betrayal” si dimena per più di metà brano a livello strumentale per poi trasformarsi nell’unico episodio nel quale si può intravedere uno squarcio di luce, dopo tante tenebre. A chiudere baracca e burattini è posta la title track, interamente strumentale, ove i quattro oscuri figuri “martellano” a dovere per lasciar spazio a tematiche atmosferiche sul finale.

Dopo più e più passate sotto la puntina del giradischi, l’impressione è che i Mourning Mist dispongano di altre nere frecce al proprio arco e che in Amen ne abbiano scoccate solo alcune. Le idee ci sono e risultano sufficientemente focalizzate, i presupposti per una  maturazione in grado di riversare sul prossimo disco il potenziale inespresso sono tangibili e si respirano a pieni polmoni attraverso quest’ultima creatura cimiteriale targata Bloodrock Records. La certezza è che l’Acciaio Italiano si fregia di un ulteriore, interessante e di prospettiva, combo doom.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

 

 

 

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