Recensione: Ampeauty

Di Alberto Fittarelli - 12 Ottobre 2004 - 0:00
Ampeauty
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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50

Mi ha lasciato francamente annoiato questo nuovo Ampeauty dei Pungent
Stench
: ok, la band non è mai stata una di quelle capaci di farmi saltare
sulla sedia appena inserito il disco nel lettore, ma da un gruppo attivo dal
1990 e con diversi album all’attivo mi aspettavo qualcosa di più. Oltretutto il
precedente Masters Of Moral – Servants Of Sin, senza essere nulla di
trascendentale, mi aveva lasciato una buona impressione (e la Nuclear Blast
nella sua bio lo definisce ora “sterile”…misteri del commercio), ma
il nuovo platter sterza su sonorità troppo forzate per potermi piacere.

E non lo dico per meri gusti personali, chiaramente: ma trovo francamente
fuori luogo pezzi che, come nel caso di Lynndie
(She-Wolf Of Abu Ghraib)
, mescolino sonorità blues ed un death metal sporco
e rallentato; fuori luogo perchè si tratta indubbiamente di una cosa originale,
ma il risultato si avvicina troppo a quanto già fatto, ad esempio, dagli ultimi
Entombed, senza averne nemmeno la carica. Troppo doomeggiante, senza averne
l’atmosfera, troppo bluesy, senza averne il senso, il pezzo (come molti altri
nel corso della tracklist) si perde in fretta, con la nostra attenzione ferma
solo alla voce di Schirenc (o El Cochino, come si fa chiamare qui). Il
problema, in definitiva, è che si tratta di un discorso ripetibile per la
stragrande maggioranza del disco: leggermente migliore risulta essere The amp
hymn
, dove i riffs perlomeno sono azzeccati (con un uso dell’arpeggio che mi
ha ricordato i vecchi Paradise Lost, ma il paragone si ferma qui) e Got Milf?,
di nuovo centrata quanto basta e discretamente energica; mentre non aiuta di
certo il fatto che i Pungent Stench riciclino il campionamento già
utilizzato dai belgi Aborted per l’apertura del loro Goremageddon
sul brano Apotemnophiliac.

Ma
il feeling rock’n’roll che permea pezzi come Invisible Empire e che si
riflette sull’intero album, cozza contro a quelle che sembrano essere
effettivamente le buone idee della band, esattamente come la voce di Schirenc/El
Cochino
alla lunga stanca: sporca, roca, stanca, assomiglia a quella di un
Lemmy con la bronchite più che ad un singer di death’n’roll, o comunque
vogliate chiamare questo stile. Stile che ha già dato in passato, a mio modo di
vedere, i suoi dischi notevoli, pur restando un genere di nicchia e senza grandi
prospettive di sviluppo: e non è certo Ampeauty (pur con il
simpatico gioco di parole del titolo e le divertenti foto promozionali, che
vedono il trio nei panni di una blues band con svariate protesi agli arti) a
risollevarne le sorti.
Disco trascurabile, colpo a vuoto insomma per una band che credo sopravvalutata
da molti: ma che su questa linea ha davvero poco da dirci.

Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli

Tracklist:

01.) Lynndie (She-Wolf Of Abu Ghraib)
02.) Invisible Empire
03.) The Amp Hymn
04.) The Passion Of Lucifer
05.) Got Milf?
06.) Human Garbage
07.) Apotemnophiliac
08.) No Guts, No Glory
09.) Same Shit – Different Asshole
10.) Fear The Grand Inquisitor

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