Recensione: Anvil is Anvil
Il “nuovo” corso della carriera dei canadesi Anvil prese inizio nel 2009, sulla scia del successo – insperato – del film documentario Anvil: The Story of Anvil del quale si è già trattato ampiamente su queste stesse pagine a sfondo nero. Il fatto di essere tornati sotto i riflettori dopo anni di chiaroscuri – più scuri che chiari, negli ultimi tempi pre-movie, invero – evidentemente fornì ai due Incudini per antonomasia, Steven “Lips” Kudlow (chitarra, voce) e Robb Reiner (batteria) nuova, preziosa linfa a livello di songwriting tanto che Juggernaut of Justice del 2011 fu un autentico fulmine a ciel sereno con sullo sfondo la classica bandiera contenente la foglia d’acero di colore rosso. Pezzi ispirati, “tiro” costante e una produzione degna consegnarono ai posteri uno degli album più significativi del combo di Toronto della storia recente.
Poi le cose tornarono a prendere la “solita” piega, tanto che Hope in Hell del 2013 andò a incasellarsi fra gli altri – tanti – dischi della Anvil-carriera buoni per un ascolto o poco più, prodotti incolori nemmeno lontanamente paragonabili a capisaldi dell’Acciaio mondiale quali Metal on Metal e Forged in Fire.
Tornando a tempi più recenti, è sempre un piacere imbattersi in un nuovo disco dei Crazy Canucks, nella fattispecie Anvil is Anvil, full length targato febbraio 2016 e griffato Spv. Il quindicesimo lavoro in studio partorito da Lips&Co. consta di dodici pezzi inediti per quarantacinque minuti di ascolto. Il prodotto si accompagna, nella sua versione digipak a tre ante, ad un libretto di dodici pagine con tutti i testi e una foto della band nelle due centrali. Ad arricchire il pacchetto, poi, il poster double face degli Anvil di dimensioni 45×35 cm.
L’Incudine più famoso della storia dell’HM schiera l’ormai usuale formazione a tre elementi. Oltre ai due pilastri Kudlow e Reiner al basso trova posto Christopher “Christ” Robertson che rimpiazza, di fatto, Sal Italiano, presente su Hope in Hell.
La mattanza di heavy fucking metal griffata Anvil supportata da una produzione massiccia prende quota sulle note di Daggers and Rum, credibile pezzo epico piratesco che andrebbe preso ad esempio da Sua maestà Rolf Kasparek per il prossimo album dei Running Wild: intro portuale poi il ribollire della batteria di Robb Reiner spiana la strada a un ritmo cadenzato accompagnato da un coro bello carico. Proprio una certa ritrovata vena eroica da parte degli Anvil permette ad Anvil si Anvil di prendere le distanze dal grigiore generale generato da taluni episodi discografici del passato della loro carriera. Esempi viventi di questa nouvelle allure intrepida rispondono ai nomi di Forgive not Forget e Run Like Hell.
Il ricordo e il tributo a Lemmy da parte dei canadesi non è urlato ai sette venti tanto per farsi belli e cavalcare in un certo qual modo il clamore mediatico che la morte di Ian Kilmister ha suscitato ma si esplicita in maniera elegante e signorile tramite la musica: da secoli sempre meglio delle parole. La fottutamente motorheadiana Runaway Train è lì da sentire, così come la strofa tratta dal brano numero sette in scaletta, It’s your Move, ove Lips imita il grande, catarroso Lem, nell’intonazione.
Per il resto non mancano i classici episodi di HM massiccio ove la lamentosa voce di Lips detta legge nella ripetizione all’infinito del titolo del brano stesso, ma questo fa parte del Dna degli Anvil, da sempre, così come da sempre alcuni appassionati di musica dura proprio non riescono a far sbocciare l’amore con il combo nordamericano per via di questa loro caratteristica – o peculiarità, per gli ultras dei canadian -.
Anvil is Anvil?
Yes, of course!
Buon headbanging, sempre e comunque…
Appuntamento al Circolo Colony di Brescia per il 9 aprile 2016, quando l’incudine piomberà sull’Italia in compagnia di U.D.O.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
