Recensione: Archetype Of Chaos

Di Daniele D'Adamo - 8 Marzo 2010 - 0:00
Archetype Of Chaos
Band: Trauma
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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73

Iniziare a scrivere questa recensione non è difficile: i Trauma, band polacca attiva dal 1992 (anche se nel 1989 produsse un demo con il moniker Thanantos), hanno realizzato sette album in studio di cui “Archetype Of Chaos” è l’ultimo arrivato.  
Più che prevedibile, quindi, il fatto di trovarsi di fonte a un’opera che affonda le radici nel death old school dei primissimi anni ’90, calibrandosi alle esigenze del sound del terzo millennio.

I Nostri non sono imberbi debuttanti allo sbaraglio, ma maturi musicisti completi sia nella parte tecnica sia in quella compositiva. E questo si sente. Con piacere.
La tonicità muscolare del quartetto di Elblag, immune a compromessi per più miti consigli, è trasfusa in toto nello strato argentato del CD: la rabbia si mescola all’aggressività in un sound dannatamente massiccio, sì denso da esser impenetrabile.
Un caterpillar in movimento, insomma.
Però, non si tratta solo di “picchia duro e basta”.
Il background culturale di Arkadiusz Sinica & Co. è alla base di numerosi apporti, individuabili in alcuni elementi heavy e thrash, incastonati qua e là sulla facciata del granitico muro di suono eretto a perimetro di “Archetype Of Chaos”.
Queste contaminazioni – inserite adeguatamente – danno il giusto tocco di varietà a un genere che spesso rischia di esser monocorde.

Oltre a questo, Artur Chudewniak da una buona spinta verso un suono mai monolitico grazie alla sua interpretazione: growling corposo e dai toni caldi, modulato con le partiture strumentali, lontano da eccessi vari. Pure Sinica evita di stancare con troppi blast beats, spezzando anzi il ritmo con veloci segmenti percorsi in quattro quarti; tecnicamente meno nobili ma più dinamici.
Impeccabile il rifferama proposto da Jaroslaw Misterkiewicz, la cui specie è innegabilmente quella risalente al secolo scorso, comprendente anche accattivanti guitar-solo che odorano di heavy (“Portrait Of The Lies”).
Fa anche piacere, infine, che Dawid Rutkowski non suoni il basso come se fosse una terza chitarra: perfettamente leggibili le sue escursioni fra i riff, a riempirne efficacemente gli spazi (“Cortex Deformation”).

Il platter si manifesta principalmente su mid-tempo della pesantezza di un masso da cava. Tuttavia, ci sono episodi sia cadenzati che spaccaossa a scongiurare il rischio di noia.
Fra i secondi, “War Machine” ne è l’esempio: riff maestoso di slayeriana memoria, accelerazioni al massimo delle possibilità umane, oscuri rallentamenti da brivido (una strizzatina d’occhio al black è d’uopo), ritornello dissonante, improvvisi cambi di velocità, soli affilatissimi e intarsi ambient ad arricchire il tutto.
Un must!
Per quanto riguarda i menzionati mid-tempo, “The Slime” – che presenta tuttavia brutali accelerazioni le quali opprimono l’atmosfera mediante visioni d’incubo, avvicinandosi in questo specifico caso a certo cyber death – fa coppia con “A Dying World” nel percorrere le piste a mo’ di carri armati.
Per cercare di rimpolpare il groove non mancano neppure brevi tratti disegnati dalle note del sitar.
Proprio il sitar, all’inizio di “The Truth Murder” ripropone il caratteristico aroma d’oriente atto ad addolcire il potente ingresso della strumentazione elettrica, impegnata a costruire – lentamente ma inesorabilmente – una muraglia invalicabile.
Sostanzialmente, lo stile con cui i Trauma imbastiscono “Archetype Of Chaos” è stato ormai stato sviscerato: “Tabula Rasa”, “Portrait Of The Lies” e “Destruction Of The Demented World” ribadiscono senza tediare di cosa sia capace l’act dell’Europa dell’Est.

La sensazione finale che si prova è di linearità e tranquillità (se così si può scrivere …), unitamente alla sicurezza e maturità con cui sono composte ed eseguite le canzoni. Accattivanti (per il genere), godibili e ricche di personalità; mancano inesorabilmente della luce prodotta dalla lampadina del genio la quale, magari, avrebbe portato il gruppo a osare di più in termine di sperimentazioni ed esplorazioni extra-death.

Consigliato ai deathers della prima ora ma anche a quelli più giovani, questi desiderosi di apprendere gli stilemi dell’old school applicati con buonsenso nel 2010.

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Track-list:
1. Intro (White Architect) 1:15    
2. Cortex Deformation 4:50    
3. A Dying World 4:30    
4. War Machine 5:57    
5. The Slime 5:24    
6. The Truth Murder 6:09    
7. Tabula Rasa 4:48    
8. Portrait Of The Lies 4:49    
9. Destruction Of The Demented World 7:24

Line-up:
Artur Chudewniak – Voce
Jaroslaw Misterkiewicz – Chitarra
Dawid Rutkowski – Basso
Arkadiusz Sinica – Batteria
 

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