Recensione: Ars Goetia

Di Daniele D'Adamo - 22 Gennaio 2017 - 13:00
Ars Goetia
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2017
Nazione:
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78

Amdusias, Vine, Asmoday, Purson, Bael, Paimon, Balam, Zagan, Belial, Beleth. Dieci demoni. Dieci spiriti dannati. Dieci cherubini decaduti. Dieci… Infernal Angels!

La mefistofelica formazione italiana raggiunge, con l’ultimo nato di una scellerata stirpe infernale, “Ars Goetia”, il traguardo del quarto album in carriera, per di più con una label rilevante come la My Kingdom Music. Un obiettivo certamente non comune in un Paese, l’Italia, dove il black metal non fa certo parte del patrimonio genetico nazionale. Anche se, in epoche passate, più di un popolo che ha compiuto la propria parabola evoluzionista in terre tricolore, ha sviluppato la propria religione attorno a divinità simili a quelle venerate nel nord dell’Europa.

Un bersaglio centrato tuttavia non per caso, poiché gli Infernal Angels, nome e tematiche a parte, fanno davvero paura, musicalmente parlando. Sciorinano black classico, ortodosso, non riconducibile a nessuna sottospecie nota, restando lontani, pertanto, da esperimenti, contaminazioni e quant’altro del genere. Però, il sound messo su da Xes e i suoi accoliti è semplicemente mostruoso: un ciclopico, gigantesco, titanico muro di suono nero come la pece che si erige in mezzo a lande desolate, brulle, prive di vita.

Il black di “Ars Goetia” è di una potenza inusitata, difficilmente rinvenibile altrove, anche nei più celebrati act dediti al metallo oscuro. Il precedente “Pestilentia” (2014) era già un devasto, per ciò, ma ora si alza seriamente il tiro. Metallo oltranzista ancorato al terribile, devastante drumming di Venders che, contrariamente a quanto spesso accade, mantiene inalterata la propria concentrazione di energia anche durante l’allucinazione dei blast-beats. Indispensabile, in tal senso, anche, la presenza di due chitarristi, Nekroshadow e Apsychos, in grado cioè di raddoppiare l’impatto sonoro che spesso rappresenta il tallone di Achille delle formazioni mono ascia. Con che il basso (Hagen), invece di simulare una seconda sei corde, può rombare in sottofondo come un tuono continuo, rimpolpando l’insieme sì da renderlo dirompente come un martello demolitore.

Suono imperiale, quindi, ma anche eccellente dimestichezza con il songwriting, tant’è che le dieci song, ciascuna delle quali dedicata specificamente a un demonio, formano, assieme, un invalicabile monolite sonoro. Ma, e qui è insita la bravura più sopra accennata, esse sono assai diverse l’una dall’altra. Perfettamente distinguibili ciascuna per qualche peculiarità che l’altra non ha.

Nondimeno, il mood. Davvero agghiacciante, come per esempio nell’incipit alle percussioni della spaventosa ‘Paimon: The Secret of Mind’: black metal puro, dannato, violentissimo, possente. Sacrilego e blasfemo solo nell’intonazione dei riff, nella palpitazione morbosa della sezione ritmica, nel roco screaming delle linee vocali. Una scarificazione delle carni totale, che raggiunge il suo acme in corrispondenza dello spirito immondo dedicato, Balam‘Balam: Under Light and Torment’, brano che strappa letteralmente la pelle dalla muscolatura, talmente è determinato a radere al suolo ogni forma di architettura, ogni forma di esistenza. La trance da hyper-speed che trova linfa vitale dai blast-beats lanciati a folli velocità è totale. Avvolge, stritola, toglie il fiato.

Clamoroso, quindi.

Al momento, infatti, “Ars Goetia”, frutto del territorio montuoso e misterioso della Lucania, è un disco che fa letteralmente a pezzi quelli dei ben più celebrati nomi che personificano l’élite del black metal tradizionale.

Bombardamento e successivo inverno nucleare, distruzione, disintegrazione, annichilazione: Infernal Angels!

Daniele D’Adamo

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