Recensione: Arvet

Di Stefano Santamaria - 20 Gennaio 2018 - 0:06
Arvet
Band: Grift
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2017
Nazione:
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76

Arvet” è pioggia che cade fine da un cielo bianco, la foschia che poi si alza e che tutto in silenzio avvolge d’improvviso. Un gesto lento che inaspettatamente ci trafigge al cuore, la voce che ci narra come contemplare ciò che ci circonda. Diventiamo così insignificanti di fronte ad una natura che respira dall’alba dei tempi. Morte, rinascita e noi, uno spillo tra i tanti che si conficcano in un lembo dell’universo.

Metafore ci corrono così alla mente all’ascolto dell’ultima fatica in studio della solo band Grift. Il polistrumentista si chiama Erik Gärdefors, svedese interprete di un black metal atmosferico e minimale a tratti, soprattutto per quanto riguarda la grafia più estrema. L’elemento acustico di chitarra, la mestizia e la pace che si intrecciano avviluppandosi attorno all’anima sono fregio di un artista dalla sensibilità spiccata. Desolazione diviene poi contemplazione, silenzio che spiritualmente ci fortifica, liberandoci dal peso della solitudine con la comprensione. L’uso della chitarra, il pathos suscitato da taluni crescendo, donano un sentore di epico al disco, come se ambient e pagan diventassero un’unica cosa. Gli arpeggi scandiscono il palpito di un cuore riconciliato con le proprie ferite, ripartenze folk che rendono dinamico e poetico un full-length che sa emozionare. Non è ovviamente la tecnica o il virtuosismo ciò che Erik va cercando, bensì ambientazioni che facciano vibrare l’anima.

Arvet” non è innovativo, ma per intensità interpretativa non è davvero secondo a nessuno. L’uso delle voci, talvolta afflitte, le omeriche cadenze a sottolinearne la tribolazione dapprima, e la rinascita poi, sono perfettamente miscelate e rappresentate ai nostri occhi. I brani si incastonano perfettamente l’uno con l’altro, in un equilibrio ideale in cui nulla spicca davvero, sottolineando l’armonia che questo stato di  austerità  trasmette. Di contro, l’emotività divampa dentro di noi, sentimenti scagliati lontani e poi rinati nel cuore, arroventati da un’afflizione che poi sublima in estasi. Gioia e dolore così esistono l’uno per l’altro, come il buio non può esistere senza la luce e viceversa. Vi consigliamo così l’uscita di “Arvet”, esperienza musicale matura da parte di Grift, artista da cui ci aspettiamo tanto ancora.

 

Stefano “Thiess” Santamaria

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