Recensione: Attende
Ei lagnad ventar
un destino che attende
Che le commistioni, le innovazioni e le contaminazioni in qualsiasi genere artistico siano un valore aggiunto, questo credo sia una cosa risaputa ai più. Nello specifico, il lavoro d’esordio dei Mistur non brilla sicuramente per innovazione, ma per contaminazione e ricerca.
Un album di debutto davvero notevole: viking metal di stampo classico, quasi integralista nelle ritmiche squisitamente black, intarsiato nel profondo da venature melodiche, a tratti languide e immerse in una nebbia fitta e densa, e a tratti pulite e piene di energia nelle quali tastiera e chitarra si fondono in un tutt’uno a rappresentare un quadro a tinte cupe e claustrofobiche, non prive di qualche sporadico bagliore degno delle lande ghiacciate della Madrepatria. I cambi di ritmo e di atmosfera si fanno repentini man mano che ci addentriamo nella proposta musicale della band norvegese; accelerazioni e brusche frenate trovano spazio in un songwriting davvero azzeccato e coinvolgente. I Mistur scrivono musica con il dichiarato intento di portare scompiglio emotivo in chi li ascolta, passando disinvoltamente da attacchi pieni di furore puramente berserksgangr a momenti più lenti e cadenzati come d’improvvisa calma apparente, in una metaforica quiete prima della tempesta, o di un più evocativo riposo dopo il clamore della battaglia.
Siamo di fronte ad un album davvero vario e completo in ogni sua forma. Di notevole fattura la parte solistica della chitarra di Stian Bakketeig, ricercata negli assoli frequenti, spesso supportati da una sezione ritmica di gran pregio capace di valorizzare sia gli attacchi frontali portati dalla voce dello scatenato Odne, sia le parti più melodiche delle seconde voci. Attende è un orologio in cui tutti gli ingranaggi girano alla perfezione; forse troppo melodico potrà obiettare qualcuno, ma nel complesso strutturato in maniera assolutamente vincente. I testi, completamente in norvegese, raccontano di dei e di eroi, di guerrieri e di battaglie, di vendette ed inganni, tipiche argomentazioni del genere. L’anticristianesimo, mai celato dietro a ipocrisie di comodo, trova la sua massima espressione nella canzone Skoddefjellet, brano che si scaglia come una tempesta in mare aperto contro gli uomini di Cristo, veri e propri antagonisti della cultura scandinava.
Non c’è che dire, è un disco davvero ben fatto da musicisti che meritano di sicuro un posto degno di nota non solo per i cultori del genere.
Altri degni figli di Miðgarðr sembrano farsi strada con rombanti tamburi di guerra; il dado è tratto, che lo scontro abbia inizio!
Daniele Peluso
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TRACKLIST:
1. Slaget
2. Svartsyn
3. Armod
4. Skuld
5. Mistur
6. Skoddefjellet
7. Attende