Recensione: Awakening Rage
I Blackning sono un gruppo brasiliano di Santo Andrè (São Paulo) formatosi nel 2013 e con all’attivo tre album, l’ultimo dei quali, dal titolo ‘Awakening Rage’, è stato pubblicato via Black Lion Records a luglio 2023, dopo una pausa di circa sette anni dalla precedente uscita (‘Alienation‘).
Il titolo non poteva essere più azzeccato: la rabbia è proprio quella che si sente ascoltando gli undici pezzi che compongono il platter: un Thrash Metal tirato, molto influenzato dai primi Sepultura (quelli di ‘Morbid Visions’ e ‘Schizophrenia’, per intenderci) soprattutto nel modo di cantare, che ricorda quello sporco e aggressivo del buon Max Cavalera degli esordi.
La sensazione che pervade gran parte del lavoro, purtroppo, è quella di pezzi che non si discostano molto gli uni dagli altri nella loro forma.
Da ricordare sicuramente ‘Greed And Lies’, pezzo veloce con il suo ritornello che rimane in testa, è il più convincente di tutti.
Menzione per ‘Disfigured Trust’ che è sì breve, poco più di un minuto, ma è talmente alla Slayer (in particolare quelli di ‘Season In The Abyss’) che sarebbe sbagliato non citarlo.
A questa segue ‘Lamb To The Slaughter’, tirata e cattivissima, dove Clèber Orsioli rende omaggio a Max Cavalera in modo sempre più evidente.
‘Insanity In Power’ rallenta ( è il momento più lento dell’intero disco) ma non perde mai incisività, fa venire in mente il Thrash degli ultimi Testament.
Max è anche voce e chitarra dei Soulfly e, allora, perché non far riferimento a un loro brano prendendo ‘in prestito’ proprio il titolo? ‘Eye For An Eye’ vede il basso protagonista, anche se, a esser sinceri, il basso è ben presente e “ascoltabile” in tutte le canzoni. Bello l’assolo, il migliore del disco, e ispirati anche i riff di chitarra.
Per concludere si potrebbe dire che a parte i brani sopracitati manca un po’ di fantasia, l’impressione generale di ascoltare pezzi non troppo differenti tra loro è marcata, con il cantato fin troppo monocorde, riff di chitarra che sanno di già sentito e assoli poco riusciti, ed è un peccato perchè il potenziale per fare meglio c’è.