Recensione: Back on Track

Di Manuel Gregorin - 28 Settembre 2021 - 0:01
Back on Track
Band: M.ill.ion
Etichetta: AOR Heaven
Genere: Hard Rock 
Anno: 2021
Nazione:
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78

Tornano in pista gli svedesi M.ill.ion, anche se ad essere sincero è proprio con questo album che scopro della loro esistenza.
Devo ammettere che è un peccato non averli mai sentiti prima, ma come si dice: meglio tardi che mai.
In sostanza la band scandinava è dedita da sempre ad un hard rock metal tipico degli anni 80 caratterizzato da ritmi trascinanti e melodie di facile presa ed ha dimostrato nel corso del tempo di non aver niente da invidiare ad altri nomi più blasonati del genere se non la notorietà.
Con questo come back discografico il combo svedese rompe un silenzio durato dieci anni e riprende la corsa di una carriera ormai trentennale: formatisi infatti nel 1989, esordiscono poi nel 1992, quando il fenomeno grunge si appresta ad esplodere sul mercato. Un periodo quindi non proprio ideale per una band che invece, andava in controtendenza, proponendo sonorità in voga nella decade precedente.
Ma nonostante le avversità e chi li bollava come “out of date” loro sono andati dritti per la loro strada riuscendo a superare i “difficili” anni 90.
Quindi, nel 2011 dopo la pubblicazione dell’album “Sane & Insanity” i M.ill.ion entrano in un lungo letargo, pare causato da problemi di salute del bassista e fondatore. Ma si sa che chi la dura la vince, e così nell’autunno del 2020 si riuniscono con i quattro membri originari Hans Dalzon (voce), C.T. Rohdell (chitarra), Marcus Berglund (tastiere) e B.J. Laneby (basso) a cui si aggiungono le nuove leve Henrik Andersson alla chitarra ed il batterista Magnus Rohdell. Dopo aver firmato un contratto con l’etichetta tedesca AOR Heaven la compagine scandinava è così giunta ad immettere sul mercato il lavoro del ritorno: “Back On Track“.
L’album si compone di quindici brani, di cui tre inediti più una raccolta di composizioni tratte dai primi tre cd, che in questa sede sono state riregistrate o remixate con l’aiuto del produttore britannico Simon Hanhart (David Bowie, Bryan Adams, Saxon, Marillion, Asia, Yngwie Malmsteen, Waysted).
Insomma i M.ill.ion ci fanno il punto della situazione con un resoconto sui loro esordi ed un’anteprima delle loro intenzioni future.

Si comincia con la title track che con il suo titolo e la sua carica fa capire che la formazione svedese e tornata in pista per restarci. D’ altronde come detto dalla band stessa, questa non è una reunion nostalgica di gente di mezza età, ma un tentativo serio di creare grande musica rock. Come si può intendere anche dalla successiva “Rising“, un hard rock ispirato che conferma la buona forma dei musicisti nord europei. Arriviamo all’ultimo inedito, “Circle Of Trust“, pezzo con melodie e riff che richiamano alla mente i Deep Purple più recenti dove trova spazio anche un curioso intermezzo di un coro in una cattedrale che non stona affatto, anzi conferisce fascino ed atmosfera.

Passiamo ora alla parte dedicata ai vecchi classici: i primi due brani in scaletta sono vecchi pezzi riregistrati con la nuova formazione. Una batteria ritmata con un hammond in sottofondo ci introducono all’hard rock scanzonato di “90-60-90“, un titolo che lascia pochi dubbi a cosa si riferisca il testo della canzone. Si passa poi a “Sign Of Victory“: un hard rock coinvolgente con un ritornello anthemico tratto direttamente dal lavoro d’esordio “N°1” del 92. Un pezzo di quelli che possono facilmente far saltare sulla sedia. Il risultato finale è indubbiamente positivo: le due canzoni infatti vengono dotate di suoni più contemporanei pur mantenendo comunque la carica ed il fascino delle versioni originali. Il tuffo nel passato continua poi con le tracce remixate: “Judgement Day” ed “Eye Of The Storm” sono due pezzi h/r con ritmiche scalpitanti che diventano ancora più sostenute sulla successiva “Narrow Mind Land” in cui le chitarre vengono bel supportate dal suono caldo delle tastiera e dal sapore seventies che ricorda a tratti gli Uriah Heep.

Man mano che si procede con l’ascolto del disco non può che crescere l’ammirazione e stima per una band che continuava a suonare testardamente hard rock vecchia scuola quando questo veniva considerato roba da antiquariato da gran parte del mondo musicale, in quegli anni abbagliato dal ciclone alternative/grunge. Per comprendere la loro determinazione basterebbe dare uno sguardo alla copertina di “Electric” in cui la band sfoggia un look che per quei tempi si può quasi definire eroico.

Lovely Eyes” è una bella ballad che fa riprendere il fiato prima del riff grezzo di “Burn In Hell“, hard rock rovente come una secchiata di lava vulcanica, mentre echi di Mötley Crüe e Faster Pussycat vengono a galla nella stradaiola “Doctor Lööv“. Con “Mother Earth” invece i M.ill.ion paiono voler provare a sperimentare un rock più maturo e ragionato ed anche in questo caso con risultati efficaci prima di tornare alle atmosfere dal sapore street-glam californiano di “Get Down to Biz“. In chiusura troviamo invece l’accoppiata “Tear Down The Walls” dall’andamento ipnotico ed ossessivo e “Candyman” caratterizzata da un riff semplice ed una melodia immediata.

Cosa dire di questo “Back In Track” in conclusione?
Nel suo contesto un lavoro sicuramente valido: sinceramente non sono un grande amante delle raccolte, in quanto se devo scoprire una band preferisco indirizzarmi direttamente sui dischi più significativi, d’altro canto però, per chi non conoscesse i M.ill.ion questo “Back On Track” può essere un buon punto di partenza per acculturarsi su di loro e scoprire una band di qualità che ha evidentemente raccolto meno di quanto seminato.
Ci sono poi le tre canzoni nuove ad impreziosire l’opera, a renderla appetibile anche per i vecchi fans che magari già posseggono i vecchi cd della band. I nuovi pezzi sono, come già detto, molto convincenti, forse si sente un po’ traspirare una certa ruggine causata dai dieci anni di inattività, ma sicuramente dei musicisti esperti come i M.ill.ion non avranno particolari problemi a scrollarsela via di dosso e tornare alla tonicità di un tempo.

Quindi non resta che attendere la nuova fatica in studio e nel frattempo, perché no, approfittare per andare a scoprire i vecchi classici della band.
Penso ne valga proprio la pena.

 

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