Recensione: Become

Di Riccardo Angelini - 25 Novembre 2005 - 0:00
Become
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Anno: 2005
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65

Cinque anni di gavetta, ed ecco un nuovo frutto comparire sulle già ricche fronde metalliche di Scandinavia. E’ un prog power dalle influenze illustri quello degli svedesi Seventh Wonder, che traggono nutrimento dalle lezioni di Vanden Plas e Dream Theater da un lato, e dalle melodie neoclassiche di scuola Symphony X, oltre che da quelle dei primi Royal Hunt, dall’altro. Il prodotto finale è tutto sommato valido, forse non particolarmente originale ma abbastanza solido da permettere alla band di gettare oggi le fondamenta per un futuro di maggior livello.

Buona la partenza con un’ammiccante Day by Day, potenziale singolo di gusto Royal Hunt ripresentato in gustosa chiave acustica come bonus track, che non si pone problemi a rivelare subito i punti di forza della band – nello specifico: competenza tecnica e melodie dirette. Molto positivo il lavoro di un onnipresente basso che accompagna rapido e fedele ritmiche non vertiginose ma ben strutturate, senza lasciarsi deporre in secondo piano e dando prova concreta della propria indiscutibile competenza. Più che apprezzabili anche le tastiere, sornione e discrete nello spalleggiare a lungo chitarre aggressive e dinamiche in fase di assolo, per poi lanciarsi improvvisamente allo scoperto, mordere e ritirarsi con sorprendente rapidità. Una formula riproposta nei suoi tratti essenziali anche negli episodi immediatamente successivi, che senza far gridare al miracolo propongono un prog-power melodico e dinamico, toccando nella neoclassica The Damned un altro dei picchi qualitativi dell’album, in virtù soprattutto di una strofa eccezionalmente solida e intrigante che si avvantaggia dell’ottima sinergia tra strumenti per spalancare la via a un ritornello forse un po’ scontato ma efficace. Molto bene anche la lunga What Have I Become, brano che deve attendere una prolungata introduzione strumentale prima di entrare nel vivo e che strappa consensi grazie a melodie vocali intense ed espressive, a un breve intermezzo acustico di buona fattura e a un interessante dialogo strumentale a quattro in chiusura.
La qualità media dei brani non risente di particolari cadute, ma soffre una certa omogeneità sonora che finisce per minare l’attrattiva dei pezzi meno riusciti. Rimangono così in un limbo di indifferenza tracce un po’ anonime come Blinding My Eyes, in cui il senso di già sentito si fa spiacevolmente preponderante, o come la discreta ma ingenua Temple of the Storm, nella quale riesce comunque a distinguersi il giovane (ex-)cantante Andi Kravljaca. Dotato di un timbro versatile, il ragazzo si rivela dal primo all’ultimo minuto capace di adattarsi alle differenti atmosfere senza pretesa di strafare, puntando sull’interpretazione prima che sulle acrobazie vocali.
 
Flessioni e ingenuità a parte, la prima fatica dei Seventh Wonder può dirsi in fin dei conti andata a buon fine. Felice l’approccio che premia la melodia esaltandola attraverso soluzioni strumentali brillanti, degna di nota la padronanza tecnica che consente a questi ragazzi di coltivare comprensibili ambizioni, resta da compiere il salto di qualità sotto il profilo della maturità compositiva, liberandosi di alcuni luoghi comuni melodici a tratti ancora troppo derivativi e abusati, per muovere il passo lungo un sentiero più personale. Nella speranza che la nuova voce non faccia rimpiangere la vecchia, ai primi fan della neonata band non resta dunque che godersi questo promettente inizio nell’attesa di una prossima conferma.

Tracklist:
1. Day By Day
2. Like Him
3. The Damned
4. Temple In The Storm
5. Blinding My Eyes
6. The Secret
7. What I”ve Become
8. In The Blink Of An Eye
9. Day By Day (Acoustic Version)

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