Recensione: Blooddrunk

Di Luca Palmieri - 10 Giugno 2008 - 0:00
Blooddrunk

Una falce. La morte la brandisce. E sangue, tanto sangue. Quasi da ubriacarsene.

I Bambini di Bodom ci presentano così il loro sesto album, Blooddrunk, seguito di quell’Are you dead yet? che fece storcere il naso a buona parte dei loro fan. Era una release molto attesa, visto che gli stessi detrattori di cui sopra già pronosticavano scenari apocalittici di abbandono da parte dei finlandesi alle sonorità power/death. Oggi sappiamo che non è così (e per fortuna, oserei dire).

Torna alla consolle Peter Tägtgren (per le parti vocali), e le differenze col precedente lavoro si sentono da subito. Echi provengono dal capolavoro Hatebreeder con la opener Hellhounds on my trail, un pezzo tirato e compatto, con derivazioni pesanti verso il thrash e schizzi di genialità come il riff sotto il chorus. Sezione assoli molto ben composta, veloce e tecnica come i Bodom ci hanno abituati. A seguire c’è la title-track, introdotta da un suggestivo carosello di synth, e poi ancora un riff cattivissimo e duro come il marmo. Blooddrunk è una pesante marcia metallica che fa del suo incedere cadenzato il punto di forza. Tanto per pestare ancora di più il piede sull’acceleratore delle sonorità thrash, i Bodom ci spiattellano in faccia LoBodomy, un altro pezzo veloce e aggressivo. One day you will cry viene introdotta da Wirman e continua ancora sulla scia delle precedenti. Poi arriva una delle mie preferite, Smile pretty for the devil, che inizia alla vecchia maniera dei Bambini, synth esplosivi, basso al fulmicotone e riff pesanti come monoliti. Il brano si mantiene su un tempo molto veloce, i cambi di ritmo sono frequenti pur sostenendosi su una trama solida e thrashy. Ancora Wirman ci introduce alla sezione assoli, fortemente melodica, con un Laiho davvero ispirato. Un riff decisamente inquietante poi dà il via a Tie my rope, un vecchio pezzo di Laiho riarrangiato per l’occasione; l’impronta giovanile e più power della band è evidente come non mai, soprattutto nel chorus. Una bel deja-vu in salsa Mask of sanity, per capirci. Done with everything, die for nothing invece stenta a decollare, finendo per lasciare un fastidioso senso di inutilità. Banned from heaven comincia con un melodicissimo riff che fa da sfondo ad un brano sulla falsariga del precendente, risultando però molto più interessante e convincente (come lo fu “Angels don’t kill”). Se dopo questa oscura mid-tempo però cercate il gran finale di velocità, tecnica e potenza, non rimarrete delusi: nemmeno il tempo di rendersi conto che il numerino sul lettore è cambiato che Laiho ci assale con la sua voce e un riff fulminante. Roadkill morning aggredisce pesantemente le orecchie senza un attimo di riposo, trasformandosi per gli assoli in una cavalcata in doppia cassa e armonizzazioni e incroci di gran pregio.

L’influenza di “Hatecrew deathroll” è palpabile, forse anche troppo. La spinta di “Are you dead yet?” non è ancora conclusa. I fasti di “Hatebreeder” vengono citati solo raramente. Ciò su cui tutti concordavano circa i Bodom era che ad ogni uscita ci si poteva aspettare qualcosa di nuovo; questa volta però, sebbene le novità ci siano, sembra quasi che Laiho & co. abbiano tenuto il freno a mano tirato. L’attitudine del precedente album è mischiata alla rabbia che li accompagna fin dal lontano esordio, ma sembra che questa non sia stata sufficiente: il disco si lascia ascoltare anche con punte di ottimo gradimento, ma non lascia che poche briciole alla memoria dell’ascoltatore.

Chiariamoci, Blooddrunk è un buon album, non finirà mai nel vostro archivio di CD da rivendere o da non ascoltare più, di certo è su buoni livelli se confrontato con le pubblicazioni di questo periodo, ma siamo sinceri: dai Bambini di Bodom ci aspettiamo quel “qualcosa” in più che li ha fatti entrare nel nostro cuore poco più di dieci anni fa. Sembra quasi come se avessero perso la voglia di sperimentare per giocare sul sicuro e guadagnarsi la pagnotta, come se avessero lavorato con la testa più che col cuore. E purtroppo quando si agisce in questo modo, la musica perde di coinvolgimento e di emotività per far leva sull’immediatezza e sulla rocciosità.

Blooddrunk non è la risposta che i fan volevano a Are you dead yet?, no. E’ un album onesto, godibile, tecnico e semplice; in una sola parola, compatto. Chiunque voglia unirsi alla mensa, si accomodi: c’è vin… Pardon, sangue in abbondanza con cui ubriacarsi.

Luca “NikeBoyZ” Palmieri

Tracklist:

1. Hellhounds On My Trail 03:58
2. Blooddrunk 04:05
3. LoBodomy 04:24
4. One Day You Will Cry 04:05
5. Smile Pretty For The Devil 03:54
6. Tie My Rope 04:14
7. Done With Everything, Die For Nothing 03:29
8. Banned From Heaven 05:05
9. Roadkill Morning 03:32