Recensione: Bloody Kisses

Di Giuseppe Abazia - 27 Gennaio 2008 - 0:00
Bloody Kisses
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Anno: 1993
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93

I Type O Negative non sono mai stati una band ordinaria, ma rappresentano uno dei migliori esempi di come si possa tenere un piede sulla sponda del metal e l’altro su quella del rock, restando in bilico fra i due generi ma ostentando sempre, ad ogni evoluzione, una personalità assolutamente unica e spiccata. Questo storico quartetto di Brooklyn è stato in grado di costruirsi, anno dopo anno, album dopo album, un sound riconoscibile fra mille, e ha il merito di averci regalato alcuni dei dischi più importanti e più belli della storia del rock alternativo moderno.

Figura centrale dei Type O Negative è sempre stata quella del loro leader carismatico, il cantante e bassista Peter Steele: personaggio controverso, affascinante e dalla forte caratterizzazione, questo gigante dalla fluente chioma (già famoso per il thrash furioso della sua precedente band, i Carnivore) ha marchiato a fuoco ogni album del gruppo col suo vocione profondo e suadente, con le sue urla aggressive, e con le sue liriche pregne di un disilluso cinismo che non di rado sfocia nell’humor nero. Spesso additato superficialmente come idolo delle ragazzine goth (e certamente c’è più di un fondo di verità in questo), la personalità di Steele è in realtà ben più complessa e interessante di tale frettoloso giudizio, e lo si può evincere da un’attenta lettura dei suoi testi, che quando non intrisi di velato – ma neanche tanto – umorismo, ci presentano un’analisi schietta e genuina di temi quanto mai concreti e vicini a noi, che siano relazioni col mondo femminile, lo spettro della depressione, la perdita di persone care, o ancora deliri sociopatici e tragici spaccati d’esistenza.
Ma sarebbe ingiusto, d’altra parte, concentrare i riflettori solo sulla pur estremamente carismatica figura di Steele, e non citare i suoi storici compagni di viaggio: il tastierista Josh Silver (che, insieme a Peter, è la principale mente del gruppo), il chitarrista Kenny Hickey, e il batterista Sal Abruscato (che in Bloody Kisses ci regala la sua ultima prestazione coi Type O Negative, per essere sostituito da Johnny Kelly dal successivo album in poi).

Difficile anche inquadrare il genere proposto e, soprattutto, impossibile farlo senza tenere conto delle origini del gruppo, ossia l’epocale capolavoro che risponde al nome di Slow, Deep and Hard. Esordio al fulmicotone e ricco di passione (in tutti i sensi), Slow, Deep and Hard ci presentava una band goliardica eppure estremamente capace e cosciente di ciò che faceva, in grado di mescolare con sorprendente agilità generi apparentemente distanti fra loro come il thrash metal, il doom metal e il gothic rock, il tutto suonato con un’attitudine sfacciatamente e straffottentemente rock’n’roll. Se le influenze thrash e doom sono evidenti (certe sfuriate per un verso, e certi monolitici rallentamenti dall’altro, lasciano spazio a pochi dubbi), è tuttavia nel gothic rock che va ricercata l’origine ultima del sound di Bloody Kisses: le atmosfere, il suono delle chitarre e la plumbea malinconia che caratterizzano il suo stile affondano le radici nella scena gotica degli anni ’80, ma il tutto è qui rielaborato secondo la personale sensibilità di Peter e soci.

Bloody Kisses, quindi, rappresenta un deciso cambiamento rispetto alla feroce aggressività di Slow, Deep and Hard: messe da parte, eccetto sporadici ritorni di fiamma, le influenze thrash, Bloody Kisses è tutto giocato sui coinvolgenti ritmi del gothic rock più elegante e sulla pesantezza tipica del doom metal (nel senso più sabbathiano e sporco del termine). Le canzoni sono generalmente lunghe, articolate, e mettono in evidenza un songwriting catchy purtuttavia mai banale, ma anzi molto curato e ragionato, che a volte lascia spazio anche a composizioni più brevi e immediate. In quest’ultima categoria possiamo senz’altro inserire episodi come le incalzanti Blood & Fire (col suo memorabile assolo) e Too Late: Frozen, o la quasi spensierata Set Me on Fire; dove i Type O Negative danno il meglio di sè, però, è nelle canzoni lunghe, complicate, che senza sacrificare in orecchiabilità mettono in luce un’attenzione ai dettagli e una profondità di songwriting notevoli. Quella che più di tutte, forse, incarna questo modello è la canzone-manifesto Christian Woman, che coi suoi quasi nove minuti ci trasporta fra prorompenti chitarre ritmiche, stacchi acustici, e indovinatissimi passaggi di tastiera; a Black No. 1 (Little Miss Scare-All), invece, va il compito di esorcizzare ironicamente quei clichès spesso affibbiati alla band, coi suoi undici minuti di follia e le sue melodie estremamente accattivanti. Tuttavia, il vero apice dell’album è probabilmente la title-track, Bloody Kisses (A Death in the Family): lenta, solenne, disperata, fa del suo incedere cadenzato e tipicamente doom uno dei suoi principali punti di forza, poichè le consente di scavare ancor più in profondità nell’animo dell’ascoltatore. Da segnalare anche Summer Breeze (cover dei Seals and Croft) e l’orientaleggiante Can’t Lose You, anch’esse lente e malinconiche, e due canzoni leggermente atipiche: Kill All the White People (in risposta a chi li accusava di razzismo) e We Hate Everyone (tanto per ribadire che non viene fatta alcuna distinzione), che, riprendendo le radici thrash e hardcore già mostrate nell’album d’esordio, si configurano come due tracce più veloci e aggressive, che pur nella loro diversità s’inseriscono perfettamente nella delirante atmosfera del disco.

Poco altro da aggiungere: Bloody Kisses è un capolavoro che fotografa i Type O Negative in uno dei frangenti più ispirati della loro carriera, e lo fa con composizioni indovinate, intelligenti, sfacciate. La storia del gruppo, dopo questo album, sarà ancora lunga e ricca di successi (come anche di qualche episodio controverso); una carriera solida e inarrestabile che li ha consacrati già da tempo come una delle più importanti band di tutto il panorama rock alternativo degli anni ’90, tuttora in grado – a quasi vent’anni dalla nascita – di sfornare lavori di ottima qualità e dalla inconfondibile personalità.
La musica gotica passa anche di qui, e anzi, fa di questo album uno dei suoi principali cardini. Imprescindibile per gli amanti del genere, ma consigliato anche a chi crede di non digerire il gothic: una cosa è certa, i Type O Negative non sono la solita gothic band.

Nota finale: è da segnalare anche l’esistenza di una seconda edizione in digipak di Bloody Kisses, uscita nel 1994, che rimuove dalla tracklist – per volere della band stessa – gli intermezzi strumentali e le tracce Kill All the White People e We Hate Everyone, rimaneggia l’ordine delle canzoni, e ne aggiunge una nuova, Suspended in Dusk (lunga suite di otto minuti e mezzo, lenta e pesante, stilisticamente simile alla title-track).

Giuseppe Abazia

Tracklist (edizione 1993)
01 – Machine Screw (00:40)
02 – Christian Woman (08:55)
03 – Black No. 1 (Little Miss Scare-All) (11:11)
04 – Fay Wray Come Out and Play (01:04)
05 – Kill All the White People (03:23)
06 – Summer Breeze (Seals and Croft cover) (04:47)
07 – Set Me on Fire (03:29)
08 – Dark Side of the Womb (00:26)
09 – We Hate Everyone (06:50)
10 – Bloody Kisses (A Death in the Family) (10:52)
11 – 3.0.I.F (02:06)
12 – Too Late: Frozen (07:49)
13 – Blood & Fire (05:30)
14 – Can’t Lose You (06:05)

Tracklist (edizione digipak 1994)
01 – Christian Woman (08:53)
02 – Bloody Kisses (A Death in the Family) (10:56)
03 – Too Late: Frozen (07:50)
04 – Blood & Fire (05:32)
05 – Can’t Lose You (06:05)
06 – Summer Breeze (Seals and Croft cover) (04:49)
07 – Set Me on Fire (03:29)
08 – Suspended in Dusk (8:36)
09 – Black No. 1 (Little Miss Scare-All) (11:15)

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