Recensione: Blue Blood

Di Riccardo Angelini - 17 Gennaio 2005 - 0:00
Blue Blood
Band: X-Japan
Etichetta:
Genere:
Anno: 1989
Nazione:
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95

Lentamente la musica del sol levante sta cominciando a ritagliarsi un barlume di visibilità anche in Europa, mentre qualche casa discografica mostra segni di interesse per la distribuzione dei gruppi nipponici di maggiore successo anche nel vecchio continente. Tra i pochi gruppi che già si sono fatti conoscere fuori dal Giappone, non si può non citare gli ormai sciolti X-Japan, vera e propria istituzione in patria, autentici fondatori di quel movimento che nel tempo sarà conosciuto col nome di Visual Rock. Fondati dal duo Toshi (voce) / Yoshiki (batteria e piano) nel 1982, gli X (il nome sarà completato in X-Japan più tardi, a causa dell’omonimia con un’altra band americana) incorrono in molteplici cambi di formazione, prima di acquisire stabilmente tra le loro file i chitarristi hide (con la “h” minuscola) e Pata ed il bassista Taiji. Questo il quintetto che nel 1988 inciderà il primo full-lenght ufficiale per la Exctasy Records, fondata dallo stesso Yoshiki: Vanishing Vision. Con esso gli X attireranno l’attenzione del pubblico giapponese e della Sony Records, sotto la cui ala protettrice produrranno gli album successivi. Il loro stile musicale, visivamente molto appariscente, non permette di essere confinato in un genere preciso (quindi la dicitura “prog” deve essere presa con molta elasticità), e si può descrivere come un metal veloce e potente, ma pure articolato, tecnico e preciso, impreziosito da orchestrazioni che non sopraffanno gli strumenti, ma li accompagnano con discrezione esaltandone il suono. Ciascun elemento della band dà sfoggio di una perizia strumentale notevole, in particolare si distinguono il chitarrista hide (purtroppo deceduto in circostanze ancora poco chiare nel maggio del ‘98) e, soprattutto, il vero leader della band, Yoshiki Hayashi, strumentista passionale e versatile, autore della quasi totalità dei brani del gruppo. La lingua utilizzata per la maggior parte dei brani è il giapponese, spesso affiancato dall’inglese: una scelta che ha a lungo penalizzato la band all’estero, ma che si addice perfettamente allo stile del gruppo

Veniamo dunque a Blue Blood: le danze si aprono con World Anthem, una strumentale che vede in primo piano le chitarre di hide e Pata, abili nel creare un’atmosfera solenne e maestosa, in preparazione al primo brano vero e proprio dell’album. Infatti, mentre le note sfumano, quasi all’improvviso irrompe la title track: una speed metal song fulminea e potente, ben interpretata dal versatile Toshi, grande trascinatore sul palco, dotato di un timbro che si discosta nettamente dai canoni occidentali, eppure capace di interpretare con la medesima passione i pezzi più diretti e grintosi al pari di quelli dal maggiore contenuto melodico. A seguire, ecco un classico della band, l’energica Week End, hard ‘n’ heavy agrodolce insaporito da un assolo di chitarra tecnico e appassionato. La successiva Easy Fight Rumbling, dal retrogusto decisamente anni’80, spezza il ritmo e prepara la strada a una delle tante punte di diamante della discografia degli X.
L’omonima traccia è infatti una song di rara dinamicità e potenza, devastante dal vivo: un vero e proprio inno che la band dedica ai suoi fan. Esaltanti le urla di Toshi, geniale la chiusura strumentale, con un Yoshiki sugli scudi che compie prodezze tra piatti e tamburi fino all’ultimo secondo. Giunti all’apice dell’esaltazione, è difficile pensare di poter ingranare una marcia più alta. Con Endless Rain dunque si cambia decisamente registro: una magnifica ballad che colpisce e commuove fin dal primo ascolto. Sorprendente l’eclettismo di Yoshiki, dolce e malinconico nell’esecuzione pianistica; da brividi l’assolo di hide. Sembra che i migliori colpi siano già stati sparati, ma deve ancora arrivare quella che forse è la migliore song del lotto: Kurenai (più di un milione di copie vendute dal singolo, come per quello di Endless Rain), in una versione cantata in lingua madre e suonata ancor meglio rispetto a quella comparsa sul precedente Vanishing Vision. Qui un’introduzione di archi apre alla melodia triste di un arpeggio di chitarra. Poi, di colpo, la canzone esplode, trascinata dagli ottimi intrecci di hide e Pata, in un terremoto di riff di indicibile bellezza che si avvicendano fino all’appassionante ritornello, melodico, potente, disperato e lancinante, come vuole lo stile made in X.
La seguente strumentale Xclamation – in cui il basso di Taiji si ritaglia una fetta importante di consensi – introduce uno dei brani più veloci del repertorio degli X: Orgasm, un fulmine di passione violenta, rabbiosa e incontrollabile. Dalle lame ai cuscini: arriva Celebration, la canzone forse più votata all’easy listening dell’intero album, antipasto delicato che anticipa una delle portate più saporite e raffinate della band. Rose of Pain si apre infatti con un’intro di organo ripresa dalla Fuga in Sol Minore di Bach, per poi articolarsi in una suite di classe, complessa ed emozionante nei suoi passaggi melodici e trascinante in quelli più rapidi e serrati. Chiusura affidata al magnetico lento Un-finished, ripreso e completato rispetto alla versione mutila presente sul primo album, ultima chicca di un full-length storico e fondamentale nella storia del rock del Sol Levante.

Non c’è molto altro da dire. Abbiamo a che fare con un album di importanza sicuramente storica in patria, e che merita di essere riscoperto anche dalle nostre parti. Non c’è bisogno di paragoni illustri per descrivere l’abilità e la passione con la quale questi cinque artisti suonano i loro strumenti, meritando a pieno diritto una posizione di primo piano nel panorama musicale mondiale.

Tracklist:
1. Prologue (World Anthem) (2:35)
2. Blue Blood (5:03)
3. Week End (6:03)
4. Easy Fight Rumbling (4:42)
5. X (6:02)
6. Endless Rain (6:37)
7. Kurenai (6:18)
8. Xclamation (3:58)
9. Orgasm (2:44)
10. Celebration (4:52)
11. Rose of Pain (11:48)
12. Un-finished (4:27)

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