Recensione: Bringer of Revenge

Di Ottavio Pariante - 18 Ottobre 2012 - 0:00
Bringer of Revenge
Band: Shadow Host
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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88

La musica è un’arte meravigliosa; il talento rappresenta lo strumento migliore per poterla descrivere e non esistono squallide congetture, nè barriere geo-politiche per poter limitarne la sua essenza, perché vive grazie alla passione e alla dedizione di ogni singolo interprete.
La musica, il talento, la passione e la dedizione sono alcuni degli ingredienti principali che risiedono nella band che ha sorpreso non poco chi vi scrive e che saprà sfamare la vostra curiosità e fame di metallo, nel vero senso della parola. Stiamo parliamo degli Shadow Host, power metal band proveniente da Mosca, arrivati al quarto lavoro sulla lunga distanza intitolato “Bringer of Revenge”.
La Russia è una nazione che ultimamente è stata terra florida di ottime band soprattutto in campo del metal estremo, ma che anche negli altri generi sta cercando di spiccare, anche grazie all’interesse di label di caratura internazionale.
Tornando agli Shadow Host, per chi non conoscesse la loro storia, sono nati artisticamente nel lontano 1993. La loro line-up attuale è composta da Alexey Arzamazov, chitarrista e fondatore, Sergey Chirkov seconda chitarra, Ilja Yegorychev e Andrey Ischenko a comporre la sessione ritmica rispettivamente basso e batteria e Viktor “Anger” Lysiy, un cantante dotato di talento e di una grande ugola, che gli permette di muoversi su più territori senza grossi problemi.
La loro carriera, arrivata al diciannovesimo anno di attività, è impreziosita da tre album tutti di grande valore, che però non sono bastati per la consacrazione estera che avrebbero meritato.
Se la loro fama è notevole nel paese di origine, qui nel nostro sono totalmente sconosciuti ed è un vero peccato, vista la caratura della proposta e la genuinità del loro operato.
Il genere proposto dai cinque russi è un power metal di stampo teutonico, solido e granitico che punta sull’impatto e sulla freschezza delle sue melodie. Un sound che ricorda da lontano, tanto per fare un collegamento con il passato, i Blind Guardian di “Follow the blind” e “Somewhere far beyond”, con un’impronta sicuramente più aggressiva rispetto alla band di Hansi Kürsch, per un risultato finale davvero adrenalinico e sorprendente.
L’ispirazione accennata in precedenza, attraverso un ascolto attento e profondo non rispecchia una limitazione, ma un vero punto di partenza, in quanto gli Shadow Host, con le loro trame intense e ricche di sfumature, cercano di ricreare un ponte tra passato e presente, con vista su un futuro che sarà sicuramente luminoso e pieno di soddisfazioni.
Sono nove le tracce che compongono questo “Bringer of Revenge”, tutte con qualità di gran lunga oltre la norma. Quarantacinque minuti scarsi di musica che si esaltano grazie a un songwriting ispirato e mai fine a sé stesso, interpretato in maniera sontuosa e curato minuziosamente in tutti gli elementi.

Il disco comincia con la title-track “Bringer of Revenge”, un intro costituito da poche note e qualche giro di chitarra acustica subito doppiato dall’intera sessione ritmica per un minutino e più di musica di grande pathos ed epicità, perfetto come apripista per la successiva “The wicked curse”, vero e proprio opener del disco. E si parte subito fortissimo, con un riff di chitarra potente e martellante. Ogni singolo tassello è inserito perfettamente per poter ricreare un muro sonoro che non cede neanche davanti ai colpi devastanti della sessione ritmica e alle liriche create ad arte dalla band. Il tutto suona nella maniera più spontanea possibile, un ottimo inizio condito da un refrain melodico ma carico di grinta e di determinazione.
Il bombardamento sonoro non si ferma neanche nel secondo pezzo e nonostante dal punto di vista compositivo cambi poco, la band per questo secondo capitolo si affida a continui cambi di ritmo, migliorando ancora di più il proprio appeal rispetto al pezzo precedente, per un risultato fresco e coinvolgente.
Ma il meglio deve ancora venire: la crescita risulterà esponenziale e attraverso un ascolto anche poco impegnato, l’ascoltatore potrà facilmente constatare che i fiori all’occhiello dell’ultima produzione si trovano nel mezzo. Niente filler quindi, ma solo nove pezzi di puro metallo suonati con onestà, amore e tanto talento uniti ad un pizzico di mestiere che non guasta mai.
Tornando ai singoli brani, ci apprestiamo ad analizzare “Forsaken One”, quarto pezzo in ordine cronologico. C’è poco da dire, qui è la musica che parla. L’impatto della sessione ritmica è come al solito devastante. Curato nei minimi particolari e cantato in maniera splendida da Viktor, si appresta a prendere la palma di “migliore del lotto”, anche se durerà poco visto che le sorprese in questo “ Bringer of Revenge “ sono sempre dietro l’angolo.
La successiva “Demon Hunter” si affida, a differenza delle precedenti, ad un mid-tempo possente e monolitico, per poi spostarsi repentinamente su territori più veloci. Il refrain è adrenalina pura, perfetto per un pezzo che unisce melodia, tecnica ed aggressività.
Viaggia la mente attraverso gli impervi sentieri tracciati dagli Shadow Host, ogni brano è perfettamente inserito in contesto di soluzioni mai banali o fini a sé stesse.
Siamo entusiasti anche quando la band cerca di soprenderci con atmosfere sulfuree, quasi surreali, con tanto di voci femminili simili a sirene che cantano e cercano di portarci nel loro vortice di malvagità e disperazione.
Siamo entusiasti quando la band ci spiazza inesorabilmente, riportandoci sulla terra, bombardandoci nuovamente. Tutto questo tornado di emozioni contrastanti è compresso nella sesta traccia “Secret Left Untolds”, un pezzo che nei suoi sei minuti e passa di musica risulta quello più articolato e più complesso, ma dotato lo stesso di un fascino indiscutibile.
Con la successiva “Back to Shadowland” la band raggiunge il punto di non ritorno, sfornando quello che sicuramente rappresenta il miglior pezzo in assoluto dell’album e che farà sfaceli anche in sede live, con il suo refrain irresistibile da cantare in ogni dove. Un pezzo che metterà tutti d’accordo, da ascoltare ripetutamente fino alla noia.
In un album semplicemente stratosferico che abbaglierà sicuramente gli addetti ai lavori e non, la zona d’ombra dimora nell’ottavo pezzo. “Beware your dreams” forse ha la colpa maggiore di trovarsi subito dopo quel capolavoro di brano appena recensito in precedenza. Oscurato dalla sua ingombrante presenza non rende come dovrebbe e, nonostante cresca nel tempo, non colpisce del tutto nel segno.
Manca un solo brano, ci congediamo raccontando a tutti i lettori l’ultimo capitolo di questo (e non finirò mai di dirlo) incredibile quarto album degli Shadow Host.
“Facing the Truth” promette subito battaglia. Un bellissimo tappeto di tastiere in sotto fondo rende l’atmosfera subito epica e cavalleresca. Deliziosa è la linea melodica delle strofe sempre cariche di groove come sono splendidi i rallenti nel bridge, veri e propri intermezzi magici tra una cavalcata dopo l’altra.

Una chiusura magistrale per un album sorprendente ed intrigante. Questa band è un vero e proprio esempio vivente di come la musica e la passione per quello che si fa non conosce distanze, nè distinzioni di sesso, nè colore della pelle. Onore agli Shadow Host.

Ottavio ”octicus” Pariante

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Line up:
Sergey Chirkov: Guitar
Andrey Ischenko: Drums
Viktor “Anger” Lysiy: Vocal
Ilja Yegorychev: Bass
Alexey Arzamazov: Guitar

Tracklist:
1. Bringer of Revenge
2. The wicked curse
3. Eye for an Eye
4. Forsaken One
5. Demon Hunter
6. Secret left untolds
7. Back to Shadowland
8. Beware your dreams
9. Facing the thruth
 

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