Recensione: Bullshit

Di Francesco Sgrò - 28 Marzo 2013 - 23:50
Bullshit
Band: Easy Trigger
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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75

Un’autentica sferzata di energia. E’ questa l’intenzione degli italiani Easy Trigger, che nel loro esordio discografico, intitolato “Bullshit“, si divertono a fendere l’aria a colpi di un Hard Rock allegro e potente, che tutto deve alla lezione impartita da vere icone degli anni ’80 come Guns ‘N’ Roses, Motley Crue e Poison.
La formula sesso, droga e Rock ‘N’ Roll, si rivela più che mai vincente: i nostri sfornano un disco piacevole e divertente, concentrando l’opera su una manciata di canzoni semplici ma ben strutturate, perfette per catapultare l’ascoltatore nel bel mezzo di una festa scatenata, condita da fiumi di birra e tanto divertimento.

Il gruppo si dimostra tecnicamente ben preparato mentre l’album risulta impreziosito da una produzione curata ma ruvida, perfettamente in stile con le tipiche release che decretarono il tanto clamoroso successo dei gruppi prima menzionati (nonché di tantissimi altri) negli anni ’80.

Il lavoro in questione trova il suo inizio nella breve intro “A Good Night To Kill“ che, dopo pochi istanti, cede il passo all’adrenalinica opener “Hatesphere“, traccia ottima nel dissipare i dubbi sul tipo di musica che il quintetto tricolore intende suonare, rivelandosi efficace grazie soprattutto all’ottimo lavoro svolto dalle due chitarre.
Il clima di festa si alimenta con la seguente “Sex Sex Sex“, episodio che continua fedelmente il percorso, mantenendo l’opera su ottimi livelli.
Con la trascinante “Apologise“, l’album si arricchisce di altro tassello fondamentale per una band che sembra rimasta ancorata agli anni d’oro dell’Hard Rock melodico e per la quale il tempo non pare essere trascorso.
Ottime anche la potente “Rocket Girl“ e soprattutto la splendida “Smokers Die Younger” , intensa ballad in cui è perfettamente percepibile lo spirito dei già menzionati Poison.
Degna di nota risulta essere anche la rasoiata di “911“, come sempre contraddistinta da un lavoro chitarristico di prim’ordine, ancora perfetto nel conferire ad ogni canzone la giusta dose di cattiveria.

Con la seguente “The Dreams“, il lavoro del combo tricolore sembra tingersi di leggere venature Punk, per un brano non fuori luogo e assolutamente ben eseguito ma, a parere di chi scrive, decisamente sottotono rispetto alle tracce precedenti.
Decisamente più convincente è invece la furiosa Title Track, che torna egregiamente ad incarnare lo spirito Hard Rock che trasuda da ogni microsolco, come dimostrano anche le seguenti e violentissime “Easy Trigger“ e “Route 66“, con quest’ultima in particolare, che sembra volere riportare alla memoria gli Skid Row del periodo “Slave To The Grind“.

L’album si conclude con la bellissima “Shootin’ In The Fire“, ennesima eccellente sfuriata Heavy Rock che conferma la qualità di un lavoro che certamente farà gioire i fan dell’Hard più ruvido e stradaiolo.

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