Recensione: Ceremony of Opposites

Di Alessandro Calvi - 9 Gennaio 2002 - 0:00
Ceremony of Opposites
Band: Samael
Etichetta:
Genere:
Anno: 1994
Nazione:
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80

Eccoci qui a recensire uno dei due capitoli fondamentali  della discografia dei Samael.
Ceremony of Opposites
  esce un paio di anni prima del successivo Passage  e le differenze di sentono. Pur essendo entrambi dei gran bei dischi ed entrambi opera dello stesso gruppo, oltretutto con una formazione pressochè invariata, si sentono tante cose diverse anche solo al primo ascolto.

I Samael non sono mai stati un gruppo che abbia dato gran peso o spazio alla melodia, le loro composizioni si basano fondamentalmente su riff granitici  e una costruzione delle canzoni non lascia spazio quasi mai neanche agli assoli in un ritmico e ossessivo susseguirsi di strofe e ritornello.
Ceremony of Opposites non fa eccezzione, al contrario sembra spingere queste caratteristiche all’estremo. Mentre in Passage potevano trovare posto alcuni accompagnamenti orchestrali a far da sfondo alle chitarre e un qualche tentativo sperimentale con l’uso molto parco del sintetizzatore per l’inserimento di nuove sonorità, in questo Ceremony of Opposites dimenticativi assolutamente quanto appena detto.
Lo scopo dei Samael è di costruire una stramba architettura ipnotica  con le loro canzoni dalle ritmiche ossessive, con un continuo riprendersi  anche in canzoni diverse di alcune cadenze, che possono suonare in alcuni  momenti come un lento trascinarsi delle canzoni stesse verso l’autodistruzione.  La voce di Vorphalack in pieno stile black è completamente in stile con le canzoni che deve cantare, un connubbio tale che ti rimane in testa senza che tu riesca a capire perchè.
Arduo è anche il compito di poter selezionare una o più canzoni  dal disco come più rappresentative o di farne una disamina minuziosa  di ognuna, perchè la realtà è che le canzoni funzionano  proprio finchè stanno lì. Separarne una o l’altra per ascoltarle  indipendentemente dal resto del disco finirebbe per sminuire la canzone stessa.  Ognuna di esse funziona proprio per il contesto in cui sono iscritte riuscendo  nella globalità a conquistare l’ascoltatore.

In conclusione un disco storico per questa band che insieme a Passage è riuscita a sfornare i propri capolavori, un gran bel disco di black che sicuramente piacerà agli aficionados del genere ma davvero di difficile digeribilità per chi non vi è avvezzo.

Tracklist:

01 Black Trip
02 Celebration of the Forth
03 Son of Earth
04 ‘Till We Meet Again
05 Mask of the Red Death
06 Baphomet’s Throne
07 Flagellation
08 Crown
09 Our Martyrs
10 Ceremony of Opposites

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