Recensione: Chapter II

Di Stefano Ricetti - 1 Agosto 2023 - 8:40
Chapter II
78

A volte ritornano…

I Marquis De Sade, oscuri alfieri della primissima Nwobhm, dopo un sonno (quasi) eterno lungo poco meno di quarant’anni, pubblicano Chapter II, il primo album ufficiale della loro carriera, in questo 2023.

Cosa che ha quasi dell’incredibile, considerando i tempi attuali conditi da logiche distanti ere geologiche da quelli in voga alla fine degli anni Settanta, ma che viceversa testimonia come la Sacra fiamma del Metallo, nonostante le varie Cassandre e numerosi “gufi” annidati nei media di regime, può sì perdere di vigore ma non si spegnerà mai. L’heavy metal, ormai, nonostante un’evidente perdita di appeal a livello generale, fa parte, volenti o nolenti, della storia della musica. Altro che moda passeggera, come qualche alto papavero della stampa si beava di sentenziare decenni addietro…

Tornando ai Marquis De Sade, essi presero forma fra la fine del 1979 e l’inizio del 1980 in quel di Londra, nel 1981 fecero uscire un demo in cassetta contenente quattro pezzi (“Welcome to the Graveyard”, “London Air”, “Living in the Ice Age” e “Somewhere Up in the Mountains”) al quale seguì, nello stesso anno, il leggendario 45 giri “Somewhere Up in the Mountains/Black Angel” per la X-Pose Records, un gioiellino per collezionisti che, se in buone condizioni, al momento viaggia sulle 1.500 Sterline. Quantomeno questa è la valutazione che gli stessi Marquis De Sade hanno riportato nel booklet di Chapter II.

Di lì a poco la band si dissolse misteriosamente e senza clamori nelle nebbie della capitale inglese, nel 1982. Alcuni membri della line-up si unirono ad altri gruppi, come il chitarrista e tastierista San Remo approdato ai Sanctus, così come il bassista Pete Gordelier andò a far parte degli Angel Witch e dei Blind Fury.

Nel 2012 la High Roller Records contattò la band per pubblicare il loro materiale su vinile e nel gennaio del 2020 avvenne il miracolo (si fa per dire…), ossia ebbe luogo la reunion dei Marquis De Sade con una formazione assolutamente titolata, dal momento che tre dei cinque componenti fanno parte della primissima line-up del gruppo. Più precisamente Chris “Kriss” Gordelier alla voce, Pete Gordelier al basso e Gary Pope alla batteria, già membro dei Mixdix, gruppo che per un certo periodo perpetuò il repertorio dei Marquis De Sade. Ad affiancare i tre grandi vecchi della Nwobhm, Giles “Doc” Holland alle tastiere e Paul Gordelier, fratello di Chris e Pete alla chitarra. Va ricordato che Kevin Pope, il chitarrista originale, fratello di Gary, è purtroppo mancato nel 2018 a soli sessant’anni. Non a caso i Marquis de Sade hanno dedicato Chapter II alla sua memoria. E’ storia recente, invece, la loro esibizione al Keep It True 2023.

Il Cd (l’uscita è prevista anche in doppio ellepì) vede la luce per la label tedesca Golden Core Records e si accompagna a un libretto di sedici pagine con tutti i testi riportati su dei bei disegni a tema, qualche rigo introduttivo sulla storia della band e un paio di foto del gruppo sia d’insieme che a livello di singoli componenti.

I Marquis De Sade presentano nove pezzi per un totale di circa sessanta minuti di ascolto, sia di composizione recente che di recupero di inediti di fine ’70 inizio ’80 come se il tempo si fosse cristallizzato agli albori della Nwobhm. Ed è giustissimo che sia così, il gruppo riprende saldamente in mano quanto lasciato in sospeso decenni prima, come ce li si ricordava. Il loro heavy metal (mai troppo pesante, invero), spesso sfociante nell’hard rock si mesce amabilmente con le punteggiature Prog che da sempre contraddistinguono la loro (breve) storia a formare un insieme di sensazioni dalle diverse tonalità, il tutto accompagnato da delle tastiere dal suono fottutamente anni Settanta. All’interno di Chapter II non albergano né chitarre sferraglianti, né batterie schiacciasassi né urla sovrumane, semplicemente i Marquis De Sade fanno i Marquis De Sade tenendo fede al loro moniker. Echi di Black Widow, Pink Floyd, Jethro Tull e Marillion fanno spesso capolino fra le loro composizioni benché non manchino episodi diretti quali “Now I Lay Me Down” e, in parte, “Border Wall”. Da segnalare, inoltre le due ultime lunghe tracce: “Last Survivor” e “Living In The Ice age”, sedici minuti in grado di raffigurare la quintessenza della band.

Proprio la varietà di soluzioni stilistiche rende Chapter II un’uscita senz’altro stuzzicante, addirittura originale (benché per assurgere a questa definizione necessiti di parecchie passate, va sottolineato), cosa che ha quasi dell’incredibile in tempi di lobotomizzazione delle menti, standardizzazione pesante e forzatura del pensiero unico. Un lavoro dal sapore antico che non suona affatto vecchio, peculiarità di pochi.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

 

 

 

 

Ultimi album di Marquis De Sade

Genere: Heavy  Prog Rock 
Anno: 2023
78