Recensione: Circle Of The Oath

Di Stefano Burini - 22 Aprile 2012 - 0:00
Circle Of The Oath
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Anno: 2012
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65

Ennesimo disco fotocopia o nuova vigorosa affermazione di coerenza stilistica e contenutistica che nulla e nessuno pare riescano a scalfire? Il dilemma axelrudipelliano a cadenza biennale è servito nella sua variante 2012.

Con “Nasty Reputation” il biondo chitarrista originario di Bochum iniziava a fare sul serio, ma la voce di Rob Rock non era ancora quella giusta; successivamente, con l’arrivo di Jeff Scott Soto e la pubblicazione dei monumentali “Eternal Prisoner” e “Between The Walls”, il suo heavy metal neoclassico ed epicheggiante raggiungeva il proprio apice espressivo e qualitativo. Poi ci fu il cambio dietro al microfono, ma per un grande che se ne andava, Soto, giungeva un rimpiazzo di tutto rispetto, l’ex Hardline Johnny Gioeli, e infine l’innesto in line up, stabile da ormai dieci anni, di musicisti di qualità come Volker Krawczak, Ferdy Doernberg e Mike Terrana. Il risultato, da allora fino ad oggi, si è riflettuto in una serie di lavori che mantengono intatta, cristallizzata nel tempo e nello spazio, la proposta di Axel Rudi Pell.

E così, infilando il disco nel player, non si rimane certo sconvolti nell’ascoltare l’ennesima, termine giocoforza ricorrente, intro in apertura, oscura e magniloquente come ne abbiamo già sentite più o meno tante quanti sono gli LP targati ARP usciti dagli anni 90 ad oggi. E non siamo, di nuovo, stupiti ma anzi un po’ rinfrancati, nel trovare le stesse trame epiche e a volte un po’ ampollose, le lunghissime suite, sapientemente intervallate da up tempo lanciatissimi e da romantiche ballate che il biondo axeman ripropone ad ogni uscita.

Appurato, ancora una volta, che l’elemento sorpresa non è decisamente il fiore all’occhiello del guitar player teutonico, vale la pena soffermarsi sulle canzoni, sulla loro effettiva qualità compositiva, vocale e strumentale e, più in generale, sulla riuscita dell’album, preso in blocco dalla confezione alla produzione alla cura per i dettagli. E, da questo lato, Axel è sostanzialmente inattaccabile: non ha mai brillato per particolare apertura mentale o per fantasia, né compositiva, né in fase solistica, ma sicuramente è uno che sa quello che vuole, sa cosa ama fare e sopratutto sa come farlo, senza lasciare nulla al caso. L’artwork è di alto livello, evocativo e, come (quasi) sempre, indovinato, la qualità dell’esecuzione non può essere messa in discussione e le evoluzioni vocali di Johnny Gioeli rimangono sempre di elevatissimo pregio.

Il tridente composto dalle speditissime “Ghost In The Black”, “Run With The Wind”e “Before I Die” è un manifesto di heavy metal neoclassico, melodico e monolitico: canzoni costruite su riff quadrati di ispirazione perlopiù purple/sabbathiana, assolo incrociati chitarra/tastiera e ritmiche forsennate: anche in questo caso, nulla di nuovo. Qualcosa di un po’ meno scontato si può viceversa udire nella spettacolare title track: l’incipit acustico, un po’ Thunder primi anni 90, è esattamente ciò che occorreva per rendere ancora più esplosivo il brano. Il crescendo strumentale è orchestrato in maniera perfetta e le strofe sfociano in un refrain di netta marca settantiana, infarcito da echi di Led Zeppelin, Whitesnake e compagnia kashmiriana. In breve, un altra grande canzone da affiancare senza alcun timore reverenziale alle immortali “Eternal Prisoner”, ”Casbah” e alla più recente “Mystica”. “Fortunes Of War” è un pezzo “da guerra”, come suggerisce il titolo, e siamo ancora delle parti del terzetto di testa, le melodie si mantengono convenzionali ma efficaci e lo stesso si può affermare del riffing e degli assolo.

La successiva “Bridges To Nowhere” è, viceversa, un collage fin troppo spudorato di vent’anni di suite chilometriche e dal flavour arcano, decisamente Black Sabbath inspired, ma al contrario di quanto avviene nella title track, non vi è l’ombra del benché minimo tentativo di aggiungerci qualcosa di, se non nuovo, perlomeno inusuale per i rigidissimi canoni di Axel Rudi Pell. Inutile dire che la sensazione di dejà vu (anzi: entendu) si fa veramente troppo troppo insistente per poterci passare sopra senza storcere almeno un po’ il naso, nonostante la canzone sia di per sé ben orchestrata.

Giunge il tempo della ballata di turno e, se vi era un po’ di preoccupazione, vista la strada intrapresa dalle due tracce precedenti, va detto che la riuscita di “Lived Our Lives Before” non viene inficiata dalla mancanza di originalità e, anzi, valorizzata da un altra grande prova vocale di Johnny Gioeli. Pochi istanti ed ecco, sparata fuori dalle casse dello stereo in tutta la sua potenza, la dinamitarda “Hold On To Your Dreams”. Il dilemma si pone di nuovo: godiamo della perizia strumentale e vocale, delle atmosfere epiche, di una produzione che rende al 110% il lavoro di tutti e cinque i musicisti oppure ci soffermiamo a notare che di queste canzoni Axel ne ripropone, tali e quali, una o due su ogni album? Un discorso analogo si potrebbe condurre per la conclusiva “World Of Confusion”, praticamente una copia carbone di “Bridges To Nowhere”, e come biglietto da visita non è sicuramente il top.

Al tirar delle somme, ogni album di Axel Rudi Pell, tanto per riciclare metafore ad egli stesso molto care, può essere visto come una grande battaglia tra due forze contrapposte ed ugualmente potenti: il fuoco ardente della passione per un genere e per i suoi canoni stilistici contro lo spettro dell’immobilismo più radicale, con il suo lenzuolo impolverato e le ragnatele penzolanti. Chi vince? All’ascoltatore l’ardua sentenza ma, se possiamo dire la nostra, forse questa volta il buon Axel ha un po’ esagerato con le (auto)citazioni.

Stefano Burini

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Tracklist

01. The Guillotine Suite (Intro) 01:52

02. Ghost In The Black 04:36

03. Run With The Wind 04:42

04. Before I Die 04:29

05. Circle Of The Oath 09:20

06. Fortunes Of War 05:19

07. Bridges To Nowhere 07:10

08. Lived Our Lives Before 06:31

09. Hold On To Your Dreams 05:47

10. World Of Confusion (The Masquerade Ball Pt. II) 09:30

 

Line Up

Johnny Gioeli    Voce

Axel Rudi Pell    Chitarre

Volker Krawczak    Basso

Ferdy Doernberg    Tastiere

Mike Terrana    Batteria

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