Recensione: Crucified [EP]

Di Stefano Burini - 18 Gennaio 2014 - 14:34
Crucified [EP]
Band: Jizzy Pearl
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2013
Nazione:
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74


Jizzy Pearl è uno di quegli artisti un po’ a tutto tondo (cantante, polistrumentista, compositore e anche scrittore, come veniamo a sapere spulciando il suo sito ufficiale) che da oltre trent’anni costituiscono una colonna portante della scena street/glam d’oltreoceano, pur senza mai giungere per davvero al grande successo e, anzi, mancandolo di un soffio.
 
La carriera del cantante di Chicago è certamente legata a doppio filo al nome dei Love/Hate, interessantissima band di hard rock ruvido e stradaiolo, giunta alla tardiva ribalta con quel “Blackout In The Red Room”, che ancora oggi viene ricordato con grande stima ed affetto da molti appassionati. Eppure Jizzy negli anni ha avuto modo di collaborare anche con moltissimi altri gruppi e artisti coevi, dai Ratt agli L.A. Guns, passando per gli Adler’s Appetite fino ai Quiet Riot, oltre che di dare il via ad una carriera da solista finora ad onor del vero numericamente non troppo nutrita.
 
Dai vecchi tempi, ad ogni modo, molte cose sono accadute e altrettante sono cambiate, non ultime l’esclusione di Jizzy dalla band “madre”, formalmente non sciolta seppur pressoché inattiva dal 1999, e le seguenti, immancabili beghe sui diritti di utilizzo del marchio Love/Hate. Beghe che non accennano a sopirsi e che sono state, al contrario, nuovamente alimentate dalla volontà (ad onor del vero, presto accantonata) da parte di Jizzy di pubblicare il suo nuovo EP “Crucified”, in uscita proprio in questo inizio di 2014, come nuovo capitolo discografico del suo vecchio gruppo.
 
Meglio, probabilmente, giacché in “Crucified” c’è poco dei Love/Hate (a cominciare dalla copertina quanto mai decadente e assurdamente Dylan Dog-iana, piuttosto lontana dalle vecchie cover “graffittare”), e molto del loro ex-cantante, protagonista assoluto di un album giocato più sulle coordinate del rock decadente e del blues che non dello street graffiante e scatenato. La voce di Jizzy, verso la metà degli anni duemilaedieci, ha infatti e giocoforza perso per strada le tonalità ultrasoniche degli 80’s ma ha, nel contempo, acquisito una patina vissuta e fatalista che ben si addice alle nuove canzoni. Non da meno è, infine, il contributo dato dal fido Keri Kelly (già visto anche al fianco di Alice Cooper e di svariati altri artisti di quell’epoca) all’ispirata chitarra, da Robbie Crane (Ratt) al basso e da Matt Starr alla batteria, decisamente a loro agio nell’assistere il vecchio singer.
 
La scaletta si compone di sei canzoni, tutte e quante a loro modo meritevoli di essere menzionate; dalla sghemba “Hanging You Out To Dry”, cui viene affidato il compito di aprire le danze con il suo punk/garage/street rock grezzo e nervoso fino alla conclusiva “Too Late”, una canzone d’amore malinconica e decadente di livello veramente elevato. Nel mezzo trovano spazio il rock speziato di blues  di “Sunny Day”, l’hard sfrigolante  e trascinato di “You’re Making Me Nervous” (davvero vicino a certe cose dei Buckcherry in un curioso e anacronistico gioco di rimandi), il flavour elettroacustico e molto settantiano di “I Don’t Want To be Your Baby” a metà tra Rolling Stones, Led Zeppelin e Buckcherry e le atmosfere cupe e ipnotiche di “Love Is All”.
 
Nessuna skip-song e una manciata di pezzi dall’impostazione classica ma dalla grande personalità e forza espressiva, intonati da un’ugola mai sufficientemente valorizzata  e considerata: questo è “Crucified”, il nuovo EP solista di Jizzy Pearl. I Love/Hate lasciamoli riposare nelle pieghe della nostra memoria insieme a tanti altri graditi ricordi ormai appartenenti al passato.

Stefano Burini

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