Recensione: Dahlia

Di Riccardo Angelini - 2 Febbraio 2003 - 0:00
Dahlia
Band: X-Japan
Etichetta:
Genere:
Anno: 1996
Nazione:
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85

Esce nel 1996 l’ultimo capitolo della discografia ufficiale degli X-Japan, quando ormai il gruppo è all’apice del successo commerciale in patria. L’anno seguente, con grande stupore dei fan, il combo si scioglierà per iniziativa del cantante Toshi, limitato dal geniale talento dell’amico Yoshiki in fase di songwriting e desideroso di ritagliarsi maggiori spazi con un progetto solista. Prima di abbandonare definitivamente le scene la band regalerà ai molti sostenitori un ultimo, commovente live, dopo il quale non si ricostituirà più.

Comparire come capitolo finale della loro storia non è però l’unica ragione che rende Dahlia un album singolare nella discografia dei cinque giapponesi. Al momento della sua uscita infatti la band era già stata in parte condizionata dallo strepitoso successo di pubblico e critica (basti uno sguardo alle folle oceaniche presenti ai concerti), che l’aveva portata a partecipare a molte trasmissioni televisive ed infine a rinunciare all’eccentrico stile visual (con l’eccezione del solo chitarrista hide) in favore di un look relativamente più sobrio. Anche il sound aveva finito per risentirne, perdendo in dinamicità e potenza, a favore della melodia e di un numero crescente di ballads. Vanno tuttavia citati, come possibile concausa di questa virata stilistica, i problemi fisici che già da tempo affliggevano Yoshiki e che, dopo averlo costretto ad utilizzare un collare correttivo durante i fulminanti assoli di batteria dal vivo, gli impediranno poi definitivamente di suonare ancora lo strumento.

Ciò non deve tuttavia far credere che i brani più diretti e tirati siano stati completamente sacrificati: lo testimoniano la title track Dahlia e la trascinante Rusty Nail, due pezzi immediati e di sicuro impatto sonoro. In entrambi tuttavia aleggia una certa impalpabile malinconia, che pare peraltro impregnare di sé l’intero album (presagio dell’imminente separazione?). E non sono solo le (ben) quattro ballads a testimoniarlo, ma anche l’umore nostalgico e soffuso che anima le voci filtrate ed i beats elettronici della sperimentale White Poem I, che non passerà certo alla storia come uno dei capolavori della band, o il refrain dell’insolita e non del tutto convincente Drain. Unica eccezione appare la scanzonata Scars, interamente composta dall’estroso hide e partecipe del suo carattere originale ed irriverente.

Ma se fin qui il disco, pur buono, non regge il confronto con gli illustri predecessori, a consentirgli quell’accelerazione qualitativa capace di renderlo degno del marchio X-Japan sono proprio i numerosi lenti. Tra questi non si può non citare la dolce e nostalgica Tears. Nei suoi dieci minuti e più di lunghezza l’ascoltatore viene cullato tra le delicate note del piano di Yoshiki, i romantici assoli di hide ed i sofferenti acuti di Toshi, accompagnati da un sottofondo d’archi capace come pochi altri di toccare e commuovere le corde più profonde dell’animo. Sugli scudi anche la conclusiva Forever Love, accompagnata da una storia molto particolare. Oltre ad essere stata utilizzata come sigla finale di un popolare cartone animato, ad avere il titolo di canzone più amata dall’imperatore Akihito, e ad essere diventata in brevissimo tempo uno dei singoli degli X più venduti di sempre, venne infatti dedicata alla memoria del compianto hide, al secolo Hideto Matsumoto, la cui prematura scomparsa il 2 di maggio del 1998 fece piangere l’intero Giappone.

In conclusione, abbiamo a che fare con un album moderno e compatto, comprensibilmente diverso da ciò a cui gli X-Japan avevano abituato, di certo non al livello del capolavoro Art of Life e degli ottimi Silent Jealousy e Blue Blood, ma comunque di altissimo rango, perfetto dal punto di vista sonoro (a testimoniare la cura quasi maniacale che Yohiki riservò al mix di ogni brano) e capace di trovare la sua forza proprio là dove rischiava di perdere più punti, ovvero nelle ballads. Si chiude così la carriera di un gruppo che ha scritto pagine di musica fondamentali, e che sarebbe un peccato rimanessero storiche solo in Giappone.

Tracklist:

1. Dahlia (7:57)
2. Scars (5:08)
3. Longing (7:20)
4. Rusty Nail (5:27)
5. White Poem I (3:18)
6. Crucify My Love (4:35)
7. Tears (7:12)
8. Wriggle (1:23)
9. Drain (3:23)
10. Forever Love (4:56)

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