Recensione: Dangerous

Di Alex Casiddu - 5 Maggio 2013 - 0:01
Dangerous
Band: Wild Rose
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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67

I greci Wild Rose si ripresentano al grande pubblico a due anni di distanza  dall’esordio “Half past midnight”, sempre accasati con l’etichetta AOR Heaven ma questa volta con un nuovo cantante – David A Saylor – in sostituzione di George Bitzios.

Il precedente lavoro aveva attirato l’attenzione degli appassionati di rock melodico verso questa realtà proveniente dalla Grecia, nazione che solitamente tiene a battesimo band di metal più duro:  molti attendevano pertanto una conferma dal nuovo “Dangerous”.
Le iniziali “Alone” e “Hold on”, dati i ritmi incalzanti, sono il perfetto biglietto da visita per presentarsi all’ascoltatore; AOR classico con ritornelli cantati all’unisono da ogni membro del gruppo e assolo di pregevole fattura grazie alla sei corde del fondatore Andy Rock.

Gli stilemi del genere vengono ripercorsi anche con “I can’t stop loving you” e “If you still love me”, due episodi mid-tempo nei quali, soprattutto per il primo, il ritornello di facile presa si fa apprezzare e canticchiare già al primo ascolto. In assoluto il pezzo meglio riuscito dell’intero album.
Leggendo queste prime righe sembrerebbe di trovarsi di fronte ad un must AOR ma, per dovere di cronaca, va detto che questo nuovo album viene penalizzato da diversi fattori. Su tutti una produzione poco pomposa e amalgamata male, con gli strumenti mixati in modo slegato tra loro tanto da lasciare una sensazione di generale incompiutezza.
L’altro punto debole, anche questo in parte riconducibile alla fase di registrazione, è la voce di David, singer dalle grandi potenzialità, che pare però limitato e frenato nell’esprimersi a pieni polmoni, dando l’impressione di non voler osare quel qualcosa in più che, a conti fatti, avrebbe giovato all’intero disco.
Questo neo si nota particolarmente nelle tracce lente come “Awake”, episodio tipico in cui, chi è alla voce dovrebbe prendere per mano il resto della band portandola con se: cosa che purtroppo non avviene. Il pezzo in tal modo risulta “solo” carino, ma nulla più.
Proseguendo nell’ascolto, c’è da segnalare ancora qualche canzone dal buon potenziale – “I won’t forget you” e “Not a day goes by” – soprattutto grazie all’impegno del già citato Andy Rock, musicista che prova in tutti i modi a dare spinta alle composizioni.

Resta il fatto che una manciata di buone idee sono ancora troppo poco per consentire ai Wild Rose il tanto agognato salto di qualità.
Soprattutto al giorno d’oggi, con la moltitudine di gruppi validi che, sorretti da produzioni importanti e qualitativamente alte, esercitano una concorrenza spietata e non lasciano spazio a passi falsi o ad esitazioni di sorta. Senza dubbio la strada intrapresa dagli ellenici è quella giusta, ma ad oggi possono considerarsi solo all’inizio del lungo percorso che, con molto sudore e fatica, può erigerli a status di “notevole” band AOR.
In questo giocherà un ruolo fondamentale la stabilità della line up: se la band greca riuscirà a mantenersi salda, aumentando l’affiatamento ed a migliorare nelle fasi di produzione, sicuramente i buoni risultati non tarderanno ad arrivare.

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