Recensione: Dawn of the Avenger
Ci sono dischi ai quale un ascoltatore non darebbe due cents, magari per una copertina bislacca o un nome non poco memorabile, ma che finiscono per diventare vere e proprie ossessioni. È quello che mi è capitato con questo secondo lavoro dei greci Validor, da settimane ormai presente nel mio lettore e deciso a rimanerci almeno fino alla prossima fatica del combo ellenico. Più che di band, in realtà sarebbe lecito parlare di progetto solista, in quanto oltre al singer e chitarrista Odi Thunderer, gli altri musicisti appaiono solo come ospiti. Ne abbiamo anche di illustri, come ad esempio Bob Katsionis, già conosciuto per aver lavorato anche con i Firewind.
Il genere proposto dai Validor è un epic metal di chiaro stampo stelle e strisce, anche se i temi trattati nei testi rispecchiano la cultura del paese d’origine. Tra le referenze, credo di poter citare senza problemi Manilla Road e Warlord, soprattutto per alcune melodie di chitarra.
Dopo una breve intro di appena un minuto, si parte alla grandissima con Son Of Achilles, una cavalcata epica e aggressiva che difficilmente non colpirà nel segno. La produzione è potente, anche se di stampo classico e Odi è bravo a supplire a carenze tecniche con un’interpretazione vocale superba. È il turno di Thunder Rider, in cui la velocità la fa da padrona. È di nuovo lo spettro della band capitanata da Mark Shelton a fare capolino tra le note della canzone. E con questo non voglio dire che il gruppo in questione non abbia personalità, tutt’altro. The Way of Steel ne è un chiaro esempio: alcune soluzioni, soprattutto vocali, rimangono impresse al primo impatto.
Difficile trovare fino a questo punto un pezzo migliore degli altri: l’ascolto è fluido e si passa da un brano all’altro in un concentrato di adrenalina pura. Dopo un’introduzione tastiera, si torna a premere sull’acceleratore con Glory On Thundera. Fantastica la cavalcata nel bridge prima del ritornello, che invece torna su ritmi incazzati. Se il titolo del sesto brano può far sorridere, Grayskull, l’esecuzione è decisamente seria: un’altra mazzata epica e veloce che farà la felicità di chi è legato a determinate sonorità. Se pensavo di trovare qualche calo di tensione nella seconda parte del disco, mi sbagliavo: la canzone seguente, King Of Steel, è forse una delle migliori di tutto il platter. Dominata da una ritmica serrata e da un cantato incisivo, è quanto di meglio abbiano proposto fino a questo momento.
Blood Metal, lo chiamano loro, e devo dire che la definizione può starci. Poteva mancare un tributo ai Manilla Road? Evidentemente no, e quindi ecco che come ultimo brano ci troviamo Hour Of The Dragon, non troppo dissimile dall’originale. Onestamente, avrei preferito un altro brano targato Validor. La canzone di chiusura non lascia l’amaro in bocca: Hear Me Thor comincia con un arpeggio soave per trasformarsi in un’ultima bordata, malinconica e suggestiva al tempo stesso, in cui è di nuovo l’interpretazione di Odi a fare la differenza.
Difficilmente mi entusiasmo per un disco, ma in questo caso non ho dubbi: se siete rimasti delusi dall’ennesimo polpettone dei Manowar, potreste placare la vostra sete di battaglia con questo lavoro dei Validor. E che Zeus ce la mandi buona con un loro nuovo disco nel 2013.
Mauro Saracino
Tracklist:
1. The Walls of Troy
2. Son of Achilles
3. Thunder Rider
4. The Way of Steel
5. Glory on Thundera
6. Grayskull
7. King of Steel
8. Hour of the Dragon
9. Hear Me Thor
Formazione:
Odi Thunderer – voce & chitarra
John B. “Valdar” – batteria
Bob Katsionis – chitarra & tastiera
Alexander “Mordor” – basso
durata 41 min circa