Recensione: Dawn Of The Serpent

Di Stefano Ricetti - 10 Aprile 2022 - 0:05
Dawn Of The Serpent
Band: Night Cobra
Etichetta: High Roller Records
Genere: Heavy 
Anno: 2022
Nazione:
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Esistono band, nella lunga storia dell’Acciaio, che per poter entrare per davvero nel cuore dei die hard fan del Metallo tradizionale debbono pagare pegno. Una sorta di gabella che, come nel caso degli americani Night Cobra, passa per l’accettazione del cantante.

Situazione che in tempi recenti (si fa per dire) coinvolse i Sacred Steel di Gerrit P. Mutz ma che ebbe luogo anche nel Giurassico Inferiore dell’HM. Sembrerà strano, oggi, al limite del paradossale, ma anche ai tempi di Carlo Codega vi furono fior di metallari che ebbero seri problemi prima per accettare e poi farsi piacere Rob Halford, King Diamond e Lemmy Kilmister. Già, perché proprio come per i Night Cobra l’impianto chitarristico e ritmico della band funziona alla grande ma quando il frontman di turno prende in mano il microfono iniziano i dolori.

Poco più di mezzora di Metallo tonante declinato lungo nove canzoni, di questo è costituito Dawn Of The Serpent, l’esordio su full length griffato High Roller Records da parte delle cinque serpi texane. Il prodotto in Cd si accompagna a un libretto di otto pagine con tutti i testi, una foto dedicata alla band e una a Barnaby Struve. Oltre a questo, piegato all’interno della confezione slipcase, trova alloggio un poster 24 x 30 centimetri riproducente l’immagine della copertina riportata sul cartonato di colore nero che avviluppa l’intero prodotto.

Formatisi intorno al 2020, Trevi Biles (basso), Cheech (batteria), Brandon Barger (chitarra), Bill Fool (chitarra) e Christian Larson (voce) vantano precedentemente la pubblicazione dell’Ep In Praise Of The Shadow del 2020, uscito a livello di formato fisico solo in musicassetta. Come detto in precedenza, Dawn Of The Serpent a livello strumentale piazza delle bordate niente male pregne di rimandi a Iron Maiden, Mercyful Fate, Angel Witch, Anguish Force, primi Tierra Santa: “For Those Who Walk the Night”, “In Mortal Danger”, ed “Electric Rite”, poste curiosamente tutte e tre sul finale del disco e inframezzate dalla strumentale “Acid Reign”.

Ma c’è un ma: basta superare lo scoglio del sofferto cantato, fra fastidiose cantilene e falsetti tutti da rivedere. Una parola. E’ del resto naturale, quando si propone musica di buon livello, far scattare in automatico negli ascoltatori il confronto che, novanta volte su cento va a parare diritto verso i campioni del genere. E sappiamo che razza di fenomeni vi siano in giro, dietro al microfono delle band dedite all’HM duro e puro.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti   

 

 

 

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