Recensione: Decades: Live in Buenos Aires [DVD]

Di Roberto Gelmi - 28 Dicembre 2019 - 12:00
Decades: Live in Buenos Aires [DVD]
Band: Nightwish
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2019
Nazione:
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80

Superata la soglia dei vent’anni di carriera la band finlandese più amata al mondo vede la sua discografia perfettamente divisa in due. I primi quattro album (dal 1997 al 2002) riflettono l’immagine di un gruppo con tanto entusiasmo metal (retaggio dei connazionali Stratovarius) amalgamato a influssi gothic (il leader Holopainen cita spesso i The Third And The Mortal come band di riferimento); i restanti quattro dischi rappresentano, invece, la svolta ambiziosa verso lidi sinfonici e orchestrali, per certi versi all’opposto della ricerca speed degli esordi. Indubbiamente non ha senso paragonare la caratura di un album come Wishmaster a quella di Imaginaerum, la band finnica guadagnando consensi e visibilità, infatti, ha potuto avvalersi di maggior finanziamenti nella realizzazione degli ultimi album regalando musica di tutt’altro spessore. Nemmeno il cambio di cantante, prima Anette Olzon e poi Floor Jansen, ha inficiato la qualità creativa della musica dei nostri, perennemente incentrata sulla fantasia e la sehnsucht di Tuomas Holopainen, songwriter che pesca a piene mani tanto dalla letteratura quanto da una non ben chiarita passione panteistica.
Ciò detto, anche la videografia del combo finlandese è di tutto rispetto (cosa affatto diffusa in ambito metal). End Of An Era, Showtime, Storytime e Vehicle Of Spirit sono tutti live DVD ben confezionati e forti di scenografie invidiabili e da band mainstream. Perché allora un altro show registrato e dato alle stampe alla fine del 2019? È presto detto, Decades: Live In Buenos Aires (ripreso il 30 settembre 2018 all’Estadio Malvinas) presenta una tracklist che sarebbe eufemistico definire semplicemente interessante. Nelle due ore di show i Nightwish ripropongono pezzi dell’era che fu e lo fanno avvalendosi della professionalità inimitabile di Floor Jansen al microfono e le sonorità folk di Troy Donockley. Un live, insomma, per tutti i nostalgici dell’era con Tarja Turunen, ma anche la prova provata che la carriera di un gruppo musicale è un continuum che può (ri)vivere di momenti considerati irreversibilmente defunti. Difficilmente ritroveremo questi brani in altri live show.

L’inizio è cinematografico: una voce recitante chiede cortesemente di spegnere i cellulari (e rifuggire la digital slavery imperante), segue un countdown scandito da un orologio a tubi nixie proiettato su maxischermo. Il pubblico va subito in delirio, ma l’avvio è in pianissimo e affidato alle note di flauto di Troy che riprende il tema di “Swanheart”, preludio alla potenza di “End of All Hopes”, pezzo cadenzato che si presta a fare da vero opener. Century Child resta un buon album, con diverse hit, ne incontreremo altre lungo il live (ma centellinate). Floor Jansen è iconica come non mai, una valchiria di un metro e ottanta sontuosamente vestita, così Marco Hietala, vichingo dal basso patinato, l’elfo Emppu alla chitarra e il mastermind Tuomas con l’inseparabile tuba da Uncle Scrooge. Il nuovo batterista, infine, svolge bene il suo compito ma non ha ancora guadagnato la riconoscibilità di Jukka. Si prosegue con “Wish I Had An Angel”, un altro pezzo d’applausi (tra i migliori di Once, il disco della svolta). “10th Man down” è una bella sorpresa, tratta dall’EP Over the Hills and Far Away: il messaggio pacifista contenuto nelle liriche giunge diretto e potente, Tuomas si diverte negli staccati e Floor è a suo agio nei panni della gothic voice per eccellenza. “Come cover Me” da Wishmaster ci riporta al disco ispirato a Le Cronache di Dragonlance; il finale a cappella è da brividi. Con ottimo cambio di sonorità, l’unisono barocco all’avvio di “Gethsemane” (da Oceanborn) resta una delizia all’ascolto, sarebbe bello che ancora oggi i Nightwish puntassero su un maggiore virtuosismo di tanto in tanto. La serie di revival si ferma momentaneamente per lasciare spazio al singolo “Elan” che permette una buona interazione con il pubblico durante il refrain (ma il brano resta anodino). Si ritorna al 1998 di Oceanborn con il power di “Sacrament of the wilderness”. Floor da riesce a mostrare dinamicità grazie a un headbanging scatenato; la parte strumentale del brano è davvero coinvolgente, con tanto di occhi lupeschi sullo sfondo: i Nightwish difficilmente torneranno a suonare speed metal, godiamoci questi momenti… “Deep Silent Complete” e “Dead man’s poem” da Wishmaster contengono quanto basta di oscurità e splendore; Hietala sfoggia un basso-chitarra a doppio manico, Troy dà il suo contributo anche con strumenti a corde. Stupisce il pathos che Floor riesce a infondere in “Dead man’s poem”: una band matura sa rinvigorire anche brani di quasi vent’anni, non c’è dubbio.
L’intermezzo strumentale “Elvenjig” è puro folk metal dai toni speed, “Elvenpath” ci riporta ai tempi di Angel Fall First e il pubblico pare gradire parecchio, tanto che Floor Jansen invita i presenti a scatenarsi con la seguente “I Want My Tears Back”, a diritto un classico della recente discografica dei Nightwish. L’enclave di brani più recenti prosegue con “Amaranth”, altra hit catchy e orecchiabile: la versione originale resta memorabile, Floor non sfigura, ma il refrain era pensato per le caratteristiche vocali della Olzon.
E si ritorna agli esordi con “The Carpenter”, cantata inizialmente dalla voce mesta di Troy: momenti di nostalgia pura, tra note gotiche e passaggi orientaleggianti. La nuova line-up riesce e riproporre l’essenza del brano e non era facile. Identico risultato per “The Kinslayer”, con il suo procedere alla Stratovarius e linee vocali ieratiche. Hietala fa una breve introduzione al brano successivo, l’oscura “Devil & The Deep Dark Ocean”, canzone tra le più gotiche della band (probabilmente a Floor saranno tornati in mente i gloriosi tempi con gli After Forever).
L’ultima mezzora riserva quattro pezzi di tutto riguardo. S’inizia con “Nemo”, singolo tratto da Once: Floor non sbaglia un acuto e non può che brillare nel ritornello. I bending di chitarra in “Slay the dreamer” e la sezione centrale tra le più cattive in casa Nightwish riportano il sound su lidi metal. Dopo un coro da stadio (un semplice ma efficace “Ole, ole, ole!”) partito dal pubblico, è la volta della suite d’applausi “The Greatest Show On Earth”, impossibile non suonarla dopo la pubblicazione di Endless Forms Most Beautiful: si tratta di un vero viaggio sonoro dai mille volti, riviverlo non stanca mai. Lo show si chiude con “Ghost Love Score”, altro pezzo da novanta con un finale scatenato. Resta spazio solo per il saluto finale della band al nutrito pubblico accorso (un ragazzo con la maglietta di Ghost riesce ad afferrare una bacchetta di Kai Hahto) e i titoli di coda.

In sostanza Decades Live In Buenos Aires non delude, anzi, di fianco a Showtime, Storytime e Veichle of Spirit pur non eguagliandone la perfezione. La scaletta prescelta è bilanciata, poco importa l’assenza di “Wishmaster”, d’un brano da Century Child (“Bless The Child”?) oppure della ballad “Sleeping Sun”. La regia di Ville Lipiäinen (già attivo con video di Soilwork, Stratovarius e Amorphis) valorizza per quanto possibile le performance dei singoli musicisti; la qualità video del blu-ray è una gioia per gli occhi, l’audio non è da meno.
I Nightwish sono questo, magia, potenza e forza della natura. Sono riusciti a reinventarsi e continueranno a farlo. Decades è tra i migliori live dvd metal dell’anno insieme allo United Alive degli Helloween e ai Sons Of Apollo in quel di Plovdiv, i finnici meritano un ringraziamento per questo presente natalizio ai fan.
La nottola biancopiumata in copertina, dunque, può continuare a dormire sonni tranquilli… almeno fino al nuovo studio album.

Roberto Gelmi (sc. Rhadamanthys)

 

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