Recensione: Degeneration

Di Davide Iori - 26 Agosto 2007 - 0:00
Degeneration
Band: Machinery
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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65

Degeneration costituisce il debutto discografico dei Machinery, una band nata nel 2001 che, almeno a parole, finalmente riesce a produrre un album vero e proprio dopo aver registrato ben 4 demo tapes nell’arco di sei anni. La locuzione “almeno a parole” è giustificata dal fatto che, a ben guardare, si nota come la casa di produzione a cui la formazione fa riferimento sia in realtà presieduta da Per Lindstrom e Fredrik Klingwall, rispettivamente
bassista e batterista della band, e dunque in realtà questo lavoro sia stato sostanzialmente autoprodotto e possa contare su di una distribuzione alquanto limitata (gli stessi annunci sul sito della Last Entertainment production non lasciano dubbi in merito). Inutile storcere il naso di fronte a questa scoperta: ad oggi praticamente tutte le band esordienti del panorama metal sono costrette ad autofinanziare la registrazione del loro primo disco e spesso anche del secondo e di tutti quelli a venire (i nostrani Rhapsody of Fire sono un esempio in questo senso, almeno fino al loro ingresso sotto l’egida della SPV), tuttavia il fatto che i 5 ragazzi svedesi non abbiano fatto riferimento ad alcuna realtà affermata del panorama discografico metallico è un fatto che pagano in termini di risultati complessivi, probabilmente a causa della loro inesperienza.

Degeneration si presenta come un disco di matrice thrash-death, ma ben presto l’ascoltatore tende a riconoscerlo molto più come facente parte dell’heavy metal di stampo più moderno: in tutto l’arco dei suoi nove pezzi infatti quasi mai un vero screaming si fa largo tra i riff di chitarra, mentre molto spesso alla voce aggressiva sulla falsariga di mostri sacri come James Hatfield si sostituisce un’altra più melodica ed atmosferica, la quale tuttavia cerca di allontanarsi dall’utilizzo che di solito si fa di essa in ambiente metalcore, rifiutando spesse volte di rimanere relegata ai soli ritornelli e prendendosi intere parti di canzone. Questo aspetto, assieme all’azzeccato utilizzo delle tastiere, indubbiamente aggiunge spessore ai brani, tuttavia i limiti dei
Machinery vengono a galla prepotentemente proprio nel luogo più importante per qualsiasi disco metal che si rispetti, ossia nel lavoro delle chitarre. Anche volendo ignorare l’aspetto “produzione” di questo disco (sicuramente non potente a sufficienza e nemmeno curatissima in fatto di suoni, sebbene sempre chiara e definita) non si può fare a meno di notare come il riffing dei fratelli Isberg non sia nè originale nè incisivo, facendo si che nessun pezzo rimanga nella memoria di chi ascolta, sebbene anche l’ascoltatore più attento faccia fatica a trovare veri e propri errori di costruzione all’interno delle canzoni.

Si giunge dunque alle conclusioni ed esse purtroppo non possono essere pienamente positive: i
Machinery hanno prodotto un disco che non riesce ad uscire dalla massa nel panorama attuale, sia thrash-death sia heavy metal e questo, a parere di chi scrive, soprattutto a causa di una scarsa cura del riffing di chitarra e, secondariamente, delle linee vocali: come accade sempre più spesso infatti i nostri si sono più preoccupati di creare un buon bilanciamento tra aggressività e melodia senza pensare che, nonostante tutto, sono ancora le note a fare la differenza tra il bello ed il brutto. Intendiamoci: qualche buona idea salta fuori, come ad esempio in
River Red e Falling through the Grid, ma non è sicuramente abbastanza per lanciare nell’olimpo discografico un album che si delinea come un acquisto più adatto agli amanti del metallo gotico e atmosferico che di quello marcio e bastardo (ascoltate
Satanic Hippie Cannibal, una canzone che ricorda i secondi Sentenced, per capire di che parlo).

I Machinery falliscono nel loro tentativo di produrre un disco thrash-death e riescono invece quando puntano di più sull’intimismo e sulla riflessività. Consiglio loro di dare più spazio a questa loro anima nelle loro prossime fatiche, potrebbe saltarci fuori qualcosa di davvero molto buono.

Davide “Ellanimbor” Iori

Tracklist:

1- Salvation For Sale
2- Degeneration
3- River Red
4- Blacker Than Pain
5- Unholy Daemon
6- Taste of God
7- Rectifier
8- Falling Through the Grid
9- Satanic Hippie Cannibal

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