Recensione: Dekonstrukteur Des Fleisches

Di Daniele D'Adamo - 2 Febbraio 2012 - 0:00
Dekonstrukteur Des Fleisches
Band: Irdorath
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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55

Che il Mondo dei videogiochi possa influenzare le scelte della realtà non è un mistero né un’anomalia. In questo caso il gioco è Gothic II che, fra le mete immaginarie, annovera Irdorath, isola popolata da ogni genere di mostri. Nome ideale, quindi, per una band dedita al black metal.

Black metal tradizionale, senza fronzoli, scevro dalle pruderie dell’avantgarde. Gli austriaci, con l’album oggetto della presente recensione, “Dekonstrukteur Des Fleisches”, si mostrano affiliati a un genere profumato da sentori primigeni fra i quali spicca, com’è ovvio, il black/thrash delle origini. Se, però, quest’approccio retrò è il leitmotiv del full-length, non si può affermare che per realizzarlo sia stata seguita la medesima scuola di pensiero. Tutt’altro. Ogni parte del processo produttivo, difatti, è moderna, attuale: la registrazione è opera di Stefan Traunmüller presso i Soundtempel Studio, la masterizzazione è dovuta ad Andy Classen presso gli Stage One Studio (Legion Of The Damned, Dew-Scented, Belphegor, Tankard), la realizzazione grafica è parto di Artwars Mediadesign (Kreator, Dismember, Sinister, Supreme Pain). Tutto questo è indicativo di una professionalità ai massimi livelli, ben lontana da molte raffazzonate produzioni underground grondanti nero metallo. Underground che, dopo l’EP “Erwachen” del 2006 e il CD “Götterdämmerung (Zorn Der Elemente)” del 2007, sembra ormai definitivamente alle spalle dei Nostri i quali, a distanza di sette anni dalla loro nascita, possono contare su un solido contratto con una major robusta come la Massacre Records.           

Sarà forse quest’aria da semi-maistream, per quanto possa aver senso riferirsi così a un lavoro di black metal, ma a tanta bontà costruttiva non corrisponde pari abilità nel saper inventare un sound accattivante. Gli Irdorath pare davvero che non facciano nulla per aggiungere qualcosa a un cliché abbondantemente usato e abusato. I riff di chitarra, seppur lontani dal suono zanzaroso emesso da tanti colleghi di Markus Leitner e Manuel Eschenauer, non si discostano di un millimetro da quanto già ascoltato in materia; così come le sfuriate di Thomas Leitner con i blast beats. Leitner, in più, è un onesto mestierante del microfono: il suo screaming, tecnicamente corretto, è parecchio anonimo. Sensazione, questa, aumentata dalla decisione di cantare in tedesco; operazione che ad aridità aggiunge aridità. Certo, i quattro della Carinzia non sono gli ultimi arrivati come perizia tecnica e quindi, alla fine, riescono a tenere assieme i pezzi del loro sound. Un sound, purtroppo, la cui riconoscibilità è pressoché nulla: troppo scontato, insomma, per generare, in chi ascolta, un po’ d’interesse. Ogni tanto s’inserisce qualche tentativo d’orchestrazione (“Freitodzwang”) ma il risultato non è granché potendosi utilizzarsi, come metro di paragone per ciò, “Death Came Through A Phantom Ship” degli olandesi Carach Angren.

Stesso discorso per i brani, allineati sia al modo compositivo classico senza che ci siano dei tentativi per movimentarne gli spartiti, sia alla reiterazione di passaggi triti e ritriti. Forse si potrebbe provare interesse se l’anno fosse il 1990 ma ora, nel 2012, il black metal deve necessariamente rivelare qualche peculiarità diversa da quelle che hanno fatto la fortuna di ensemble come i Carpathian Forest et similia. Girovagando fra i tre quarti d’ora di durata di “Dekonstrukteur Des Fleisches”, allora, è la noia a diventare una fedele quanto sgradita compagna. È molto difficile, anche dopo molti passaggi, memorizzare anche una sola canzone (si può giusto citare qualche carina armonizzazione di “Spiegelscherben”). Fatto, questo, che la dice lunga sulla mancanza d’inventiva che mina alla base le velleità battagliere degli Irdorath.

“Dekonstrukteur Des Fleisches” è un’opera che dimostra, con disarmante semplicità, quanto siano inutili budget e mestiere quando non sono accompagnati dal talento artistico. Gli Irdorath possono essere il gruppo giusto per i nostalgici del black metal dei primi anni novanta ma niente di più. Un po’ poco, per meritare la sufficienza.
      
Daniele “dani66” D’Adamo

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Tracce:
1. Dekonstrukteur Des Fleisches 4:48     
2. Freitodzwang 3:56     
3. Blindheit 3:57     
4. Unter Flammenden Laternen 4:38     
5. Stummheit 5:24     
6. Fleischgeword’ Ner Antigott 5:23     
7. Bald Ersäuft Die Menschenbrut 3:31     
8. Das Stolze Tier 4:35     
9. Spiegelscherben 4:29     
10. Taubheit 4:58

Durata 45 min.

Formazione:
Markus Leitner – Chitarra e voce
Manuel Eschenauer – Chitarra
Mario Jackisch – Basso
Thomas Leitner – Batteria

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