Recensione: Destroy Erase Improve

Di ytsejam78 - 7 Maggio 2003 - 0:00
Destroy Erase Improve
Band: Meshuggah
Etichetta:
Genere:
Anno: 1995
Nazione:
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90

Quello che viene considerato il capolavoro dei Meshuggah e’ questo malefico ibrido tra i due dischi precedenti, elevato all’ennesima potenza. Un album che riesce nel difficile intento di racchiudere tutte le qualita’ del gruppo, di amalgamarle sapientemente e di ottenere una resa spaventosa sotto il profilo dell’impatto. 

Destroy Erase Improve gioca innanzi tutto sui riffoni monolitici e pesanti presenti in “None“, proposti meccanicamente a velocita’ maggiori rispetto all’EP precedente, intensificando le accelerazioni ed estremizzando – a tratti – cambi di tempo e di tema. L’aspetto principale e’ la capacita’ consolidata dei componenti di sapersi muovere in perfetta sincronia lungo gli intricati schemi composti da Thordendal (che, a parte “Suffer In Truth”, ha messo mano ovunque nel disco…un genio!), lavorando su un riff di base e modificandone progressivamente gli elementi, intesi come velocita’, ritmo e metrica (“Soul Burn” e’ l’esempio piu’ evidente che mi balzi in testa al momento). I Mesh mostrano anche di essere riusciti ad affinare il riff ibrido tra stoppato e accordo lungo, come mostra benissimo l’inizio di “Vanished”, integrando questo marchio di fabbrica con la definitiva maturazione di Haake, capace di far compiere il definitivo salto di qualita’, conferendo groove, dinamicizzando il lavoro di chitarra (“Suffer In Truth”), producendo tempi granitici e furiosi (“Terminal Illusions”) e accelerando con estrema facilita’ i tempi a piacimento.

Abbandonando parzialmente l’uso dei riff sovrapposti, Thordendal riesce, mediante l’inserimento di brevi cameo estremamente distorti all’interno dei brani, a conferire un’anima malata ed aliena ai pezzi. L’inizio del disco, l’andamento di “Sublevels” ne sono gli esempi piu’ rilevanti, ma le vere qualita’ del suo stile risaltano negli assoli e nell’inserimento di pezzi jazz/fusion nel bel mezzo di pesanti sfuriate: la track iniziale e la gia’ citata “Vanished”, oltre a mettere in risalto il genio del chitarrista, costituiscono i capitoli migliori del disco intero, racchiudendo in maniera esemplare tutti gli aspetti che fanno di DEI uno degli album migliori dello scorso decennio.
Incredibili sequele di folli riff in continuo evolversi, struttura estremamente dinamica in grado di accogliere improvvise variazioni di tema e stacchi strumentali, brutali accelerazioni che, quando incrociano la pesantezza delle partiture di chitarra con le sfuriate di Kidman alla voce, raggiungono gli apici di violenza, anche psicologica, del disco.

Ultimo aspetto, non in termini di importanza, sono i pensieri di Haake riversati nelle liriche: ossessionato dal rapporto tra l’organico e le macchine (“Future Breed Machine”), il batterista si interroga sul futuro e sull’evoluzione (“Transfixion”), meditando sullo stato attuale dell’essere umano (“Vanished”; “Inside What’s Within Behind”) e sugli aspetti sensoriali che prova in stati di “conversione” (“Sublevels”). Ad “Evolution in reverse/ now it’s time for me/ changing what am I to be/ contorted an eternity/ defeated by the new machine”, che espleta bene il concetto dell’opening track, si contrappongono le dichiarazioni religiose e la denuncia dell’accoppiata “Terminal Illusions” / “Suffer In Truth”, le cui liriche sono opera di Kidman.

Poco da dire oltre a quello che e’ stato scritto, se non il riconoscere per l’ennesima volta i pregi di un gruppo innovativo ed originale, capace di produrre un disco irripetibile, constatandone l’irraggiungibilita’ solo dopo qualche anno dall’uscita passata quasi inosservata. Grandi!

Tracklist

1. Future breed machine
2. Beneath
3. Soul burn
4. Catatonic transfixion
5. Vanished
6. Acrid placidity
7. Inside what’s within behind
8. Terminal illusions
9. Suffer in truth
10. Sublevels

Jens Kidman – Lead Vocals
Marten Hagstrom – Rhythm Guitar
Fredrik Thordendal – Rhythm & Lead Guitars
Peter Nordin – Bass
Tomas Haake – Drums,Voice

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