Recensione: Dreadful Life

Di Daniele D'Adamo - 10 Febbraio 2017 - 0:00
Dreadful Life
Band: Skeletal
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2017
Nazione:
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68

La copertina di “Dreadful Life”, debut-album dei finlandesi Skeletal, tende verso le tonalità del giallo scuro / marrone, nel suo disegnare figure umane indistinte.

Così, la loro musica.

Death metal che pare essere suonato da un mare di fango, da un oceano di mota. Sabbie mobili. Che inglobano in se stesse l’ardito e infausto ascoltatore.

Il sound è davvero avvolgente, quasi caldo. Una volta assorbiti, difficile venirne fuori. Dalle urla scellerate di Samuel Lehikoinen, che richiamano growling ancestrali. Dalle tortuose, poderose costruzioni erette dai riff delle chitarre. Dal sordo brontolio del basso. Dal drumming tanto lineare quanto incessante. A tal proposito, lungi dal combo di Jyväskylä qualsiasi velleità virtuosistica. “Dreadful Life” è un malloppo d’oscura fanghiglia che si butta in faccia al primo che capita. Una roboante frana la quale altri scopi che travolgere non ha.

Probabilmente a causa di questo suono… carnoso, l’ascolto del platter è abbastanza piacevole, pur non essendo dei geni in nulla, gli Skeletal. Tutto si assesta su un livello certamente sufficiente ma poco più. Tutto inteso dal primo guizzo del songwriting sino alle membrane flessibili degli speaker.

Il ridetto sound produce uno stile piuttosto riconoscibile, anche se mancano appigli che destino attenzione spasmodica. Più o meno la band c’è l’ha fatta, a metter giù qualcosa di personale. Qualcosa che si distingua dalla miriade di proposte uguali fra loro. In particolare nel campo dell’old school, in cui i Nostri amano tuffarsi con regolarità e ove, effettivamente, le possibilità di movimento sono assai scarse.

Come quelle di chi incappa in una bolla limosa, insomma. Tant’è che l’uniformità del suono delle song, pur donando a esse la dovuta coerenza caratteriale, porta a respirare con piacere i quasi due minuti dell’intermezzo ‘Life and Dread’. Il quale, nelle intenzioni, dovrebbe un po’ separare l’eccessiva continuità (monotonia?) espressa dai quattro compagni d’avventura. Nei fatti, da ‘Leap of Faith’ a ‘Downward Spiral’ poco cambia. Un pregio e un difetto contemporaneamente, se si vuole.

Il tono basso, greve, che contraddistingue lo svolgersi dei brani, oltre a far sì che la potenza non cali all’aumentare della velocità, specificamente durante le sfuriate dei blast-beats, rende invece notevole l’impatto che la formazione nordica riesce a produrre quando il ritmo rallenta. Cioè, in ‘Downward Spiral’, gustoso segmento doomoso il quale, chissà, lascia intuire che, in fondo, il genere più congeniale agli Skeletal sia più il doom che il death (‘Reaching Out’).

In ogni caso, “Dreadful Life” è un full-length buono per gli appassionati del death vecchia scuola, sebbene non ne faccia completamente parte.

Con quella coda doom che…  

Daniele D’Adamo

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