Recensione: Dystopia

Di Marco Di Mauro - 20 Ottobre 2011 - 0:00
Dystopia
Band: Iced Earth
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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78

Esattamente ventidue anni orsono venne distribuito nei negozi specializzati in musica heavy metal, Iced Earth, il primo Full Length che vide la luce per opera di un allora ragazzo ventunenne originario di Tampa, appassionato di Iron Maiden e Judas Priest. Un debutto acerbo ma che incominciò a creare le basi di una lunga carriera sotto la guida di una delle personalità più rilevanti dell’ Heavy Metal: Jon Schaffer. Da allora, Il nostro axeman, di certo, non si è mai adagiato sugli allori ma si è sempre prodigato nell’intento di portare il suo progetto, passo dopo passo, verso la completa maturazione, che già trovava accenno nell’album omonimo. Da Semplice band ancora pesantemente influenzata dalla New Wave Of British HM, nel corso degli anni e dopo numerosi cambi di formazione, divenne uno dei gruppi di spicco della scena Heavy Mondiale. Night Of The Stormrider, il secondo disco, ne fu la prova inconfutabile. La musicalità del gruppo, grazie anche all’apporto di John Greely al microfono si elevò al di sopra delle aspettative ad appannaggio di una maggiore originalità e indipendenza stilistica. Ne venne fuori un sapiente mix di Thrash Metal e Power/Speed che prevedeva liriche dai toni epici e immaginifici unite a partiture dal tono maestoso tanto amate dal chitarrista americano.

Il disco della consacrazione vera e propria, che vide consensi anche in Europa, arriverà nel 1996 tramite il capolavoro The Dark Saga, un semi-concept che si ispira alla storia del personaggio dei fumetti Spawn, la quale  narra di un uomo che, dopo aver venduto la sua anima al diavolo per ritrovare la sua amata sulla terra, diventa un eroe del male. Disco dotato di una carica emotiva incredibile, merito senz’altro di un Matt Barlow appena entrato in formazione, capace di infarcire di toni teatrali, un opera già di per se incentrata su tematiche introspettive e drammatiche.

Barlow è stato determinante  per il successo futuro della formazione di Tampa, regalandoci perle inestimabili come Dante’s inferno, presente in Burnt Offering oppure The Phantom Opera Ghost e Dracula che troviamo all’interno del sesto album, Horror Show. Matt ha contribuito enormemente ad accrescere la stima e l’affetto dei fan, i quali, compreso il sottoscritto, faticano ancora a digerirne la dipartita.

Giungiamo all’anno 2003  e Tim Owens, svincolato dagli impegni lavorativi con i Judas Priest (reunion di questi ultimi con Rob Halford), entra a far parte degli Iced Earth. Quella che sembrava essere una rinascita col botto per il gruppo di Tampa, si trasformò nel giro di due album in un mezzo passo falso. Mentre The Glorious Burden convinse anche i più scettici per una qualità sicuramente comparabile ai fasti del passato, il secondo nato dopo l’entrata di Ripper, Framming Armageddon, non destò tutto questo interessante, pur essendo un discreto e onesto lavoro.

Nel secondo semestre del 2011 viene pubblicato Dystopia. Stu Block, ex Into Eternity , sembra essere la scelta perfetta per il nuovo corso, motivato e vocalmente molto interessante. Lo spettro tonale che questo ragazzo può utilizzare infatti è incredibile e ascoltando l’inizio della traccia di apertura in perfetto screaming, ci rendiamo subito conto di quanto la sua voce sia versatile. La traccia che dà il titolo all’album è in puro Earth-Style, niente compromessi, tanta potenza e melodia condensati in sei minuti in cui il la voce di Block si erige per potenza e capacità espressiva fuori dal comune.

La seguente Anthem è uno dei Mid-Tempo più interessanti dai tempi di Something Wicked, l’arpeggio iniziale ci  conduce verso atmosfere tese e il mood oscuro di questa  traccia viene ulteriormente incentivato dall’entrata in scena di un riffing portante cadenzato, quasi doom, in cui  Stu Block può esprimere tutto il suo potenziale cantando su toni medio bassi. Maestria totale nell’utilizzo di semplici accorgimenti strutturali per permettere alla voce di amalgamarsi sinergicamente ottenendo un refrain dannatamente efficace.

Boiling Point ci riporta di molto indietro nel tempo, quando lo speed era ancora preponderante nello stile di Schaffer e soci. La doppia cassa incessante coordinata da Brent Smedley non può che stimolarci ad eseguire un Headbanging sfrenato, che si esaurisce però in pochissimo tempo, vista la durata non eccessiva della traccia, al di sotto dei tre minuti. Stu Block sfodera un’altra prestazione eccellente, passando in rassega praticamente tutte le frequenze vocali che gli competono, dallo stile simil-Growl allo screaming più schizzato (Ricordando da vicino Ripper).

Anguish Of Youth è la prima traccia in cui ci viene presentato Stu Block in una versione meno incazzata e l’approccio generale è molto personale, tale da non far rimpiangere il suo predecessore. Il pezzo in questione ci riporta alla mente i Sons Of Liberty,  Side-Project partorito dalla mente di Schaffer a scopo di denuncia nel 2010. Infatti non possiamo che notare una certa assonanza di intenti, sia nelle liriche, sia nella struttura stessa dei pezzi, molto vicina per impostazione al progetto solista del chitarrista americano. La successiva V ridimensiona un poco l’atmosfera generale del disco, spostandosi su coordinate più oscure, attraverso l’utilizzo di ritmiche cadenzate e più incisive e avvalendosi di un chorus epico e Anthemico, interpretato ancora una volta ottimamente dal singer canadese.

Dark City si apre tramite un arpeggio che ricorda i Maiden dei tempi recenti per poi svilupparsi in un ritornello non troppo efficace che sicuramente poteva essere sviluppato meglio. Poco rilevante il passaggio strumentale finale che ricorda fin troppo certi fraseggi cari ad Harris e soci, talmente abusati da risultare ormai scontati e privi di mordente.

Equilibrium ripiega su velocità più sostenute elaborando una miscela incandescente di cavalcate Heavy condite dai colpi mitraglianti scaturiti dalla sezione ritmica e da frangenti strumentali presi ancora in prestito dalla Vergine di Ferro. Days Of Rage è una vera killer track, istintiva,energica e cantata senza compromesso alcuno. Il classico pezzo insomma creato apposta per far muovere le teste e per impadronirsi dei nostri corpi durante i concerti. Il pogo è assicurato.

And Of Innocence è la seconda ballad presente nel disco, un pezzo semplice e istintivo, come nella migliore tradizione Iced Earth , ritornello trascinante e altra grandissima prova vocale di Stu block che passa da un cantato molto vicino al pop sino alle timbriche sofferte ma piene di vigore del ritornello. L’ultima traccia, Tragedy And Triumph è la più lunga del lotto,  cerca di estendere, all’interno di un concetto più ampio,  l’epicità espressa nelle precedenti song, senza però riuscire appieno nell’intento,incominciando dalla introduzione che si dilunga un po’ troppo nel suo manifesto  di battaglia a colpi di rullante, per finire in un ritornello forzato e spompato.

Per concludere, dopo parecchi anni di fossilizzazione artistica gli Iced Earth mi hanno sorpreso. Dystopia non è certo un capolavoro ma si lascia ascoltare con piacere, anche se certi brani potevano  essere sicuramente perfezionati. Il lavoro svolto da Stu Block è da applausi e questo ha contribuito ad innalzare la valutazione finale di numerosi punti sopra la sufficienza.

Marco “Dima83” Di Mauro

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Tracklist:
1. Dystopia     
2. Anthem     
3. Boiling Point     
4. Anguish of Youth     
5. V     
6. Dark City     
7. Equilibrium     
8. Days of Rage     
9. End of Innocence     
10. Tragedy & Triumph     

Line-up:
Stu Block     Vocals
Jon Schaffer     Guitars, Vocals (backing)
Brent Smedley     Drums
Troy Seele     Guitars (lead)
Freddie Vidales     Bass

 

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