Recensione: Eidolon

Di Pier Tomasinsig - 30 Aprile 2008 - 0:00
Eidolon
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Genere:
Anno: 2008
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79

Quinto full-length per i tedeschi Dark Fortress, “Eidolon” (termine greco per “immagine”, che può essere usato anche nel senso di “doppio astrale”) vede l’abbandono dello storico frontman Azathoth, sostituito alla voce da Morean, chitarrista dei Death-thrashers Neuclid. Lo stesso Morean è l’autore del concept che si sviluppa nelle nove tracce di questo “Eidolon”, che si incentra su tematiche di carattere filosofico: a quanto mi è dato intendere -e semplificando molto-, il tema è quello del passaggio dello spirito umano ad uno stato trascendente attraverso un percorso di progressiva de-umanizzazione e abbandono dei vincoli della carne.

Venendo agli aspetti prettamente musicali, il nuovo album non si discosta molto dal consueto stile dei Dark Fortress: un melodic black metal notevolmente tecnico e piuttosto vario, in cui si alternano violente sfuriate a suon di blast beats, parti atmosferiche, momenti thrash/black dal riffing secco, preciso ed imperioso e assoli heavy-oriented. Il tutto accompagnato dalla costante presenza delle tastiere, che però sono per lo più relegate ad un ruolo comprimario, avendo principalmente il compito di conferire ai brani un’atmosfera fredda e inquietante, nonchè, nei frangenti più estremi, di sottolineare ulteriormente il muro sonoro creato dagli altri strumenti. È evidente che le influenze principali nella musica del combo tedesco si rinvengono nel black metal della scuola norvegese, sia quello “classico” che quello di matrice sinfonica (inevitabile il riferimento ai vecchi Dimmu Borgir), nonchè, in qualche misura, nel death-black svedese dei Dissection e primi Naglfar, dal quale i nostri sembrano aver ha ereditato il gusto per certe aperture melodiche.

Peraltro, in “Eidolon” risulta particolarmente marcata la componente thrash (à là Destruction, per intenderci), il che indubbiamente contribuisce a dare ai pezzi un impatto sonoro non indifferente. Nel complesso in effetti il nuovo album è caratterizzato da un recupero di sonorità più aggressive rispetto a “Sèance”, oltre che da una maggiore compattezza nel songwriting. Le influenze doomy che connotavano l’album precedente sono in gran parte scomparse e le canzoni tendono ad essere un po’ meno dispersive, forse a scapito dell’atmosfera, ma ne guadagnano in immediatezza. Immediatezza relativa, s’intende, dato che anche qui il guitar working si mantiene sui consueti elevati standard di complessità e tecnicismo. Saltuariamente fa capolino una certa vena Black n’roll, che potrebbe riportare alla mente gli ultimi Satyricon. Così in ‘Baphomet’, dove si concretizza in un devastante riffone da headbanging e dove si vede, tra l’altro, la partecipazione di Tom G. Warrior dei leggendari Celtic Frost come guest vocalist. Questa sporadica vena “rockeggiante” raggiunge l’apice in ‘Edge of night’, episodio abbastanza catchy, che onestamente non mi ha convinto molto.

La questione che ci si deve porre a questo punto è se i Dark Fortress abbiano finalmente fatto quel salto di qualità che li potrebbe elevare a band di punta della scena black odierna. Le potenzialità ci sarebbero tutte. Indubbiamente siamo di fronte ad un disco maturo e molto valido, potente e atmosferico, suonato con grande perizia e perfettamente prodotto: i suoni sono sì freddi, ma al contempo pieni e corposi. La prova di Morean alla voce è assolutamente all’altezza, e non fa rimpiangere l’assenza del pur ottimo Azathoth.

Eppure, purtroppo, l’obbiettivo è centrato solo in parte, e ancora si riscontrano quei limiti che già avevano impedito a “Stab wounds” di raggiungere l’eccellenza. Anche in quest’album alcune soluzioni risultano un po’scolastiche, e di conseguenza prevedibili. A momenti di grande intensità si contrappongono sgradevoli cali di tensione, e passaggi che alla lunga si rivelano poco ispirati o un po’ anonimi. Va detto che non mancano pezzi veramente ottimi, come l’opener e la successiva ‘Cohorror’, o come la gelida e violentissima ‘No longer human’, che nella prima metà mi ha fatto pensare a un connubio tra gli Emperor e i Crionics di “Armageddon’s evolution”. A volte tuttavia spunti molto validi si perdono nella ripetizione. Così, per fare un esempio, nella conclusiva ‘Antiversum’ i Dark Fortress azzeccano un grande refrain (in latino), molto oscuro, maligno ed evocativo, ma finiscono a mio avviso per abusarne e, quindi, svalutarlo. Resta una buona song: ma poteva essere davvero un piccolo capolavoro.

Detto questo, è opportuno precisare che siamo comunque di fronte a un ottimo album, che sicuramente saprà soddisfare i fan della band tedesca, ed è consigliato soprattutto a chi ancora non conosce i Dark Fortress ed è alla ricerca di un punto di partenza.

Line-up corrente:

Morean – Vocals
Asvargyr – Guitar
V. Santura – Guitar
Draug (formerly T. Killer) – Bass
Paymon – Keyboards
Seraph – Drums

TRACKLIST:

1. The Silver Gate 06:50 
2. Cohorror 05:37 
3. Baphomet* 06:24 
4. The Unflesh 05:08 
5. Analepsy 06:01 
6. Edge of Night 03:57 
7. No Longer Human 05:36 
8. Catacrusis 04:34 
9. Antiversum 07:22

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