Recensione: Elektron

Di Daniele D'Adamo - 13 Luglio 2016 - 19:36
Elektron
Band: Duality
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2016
Nazione:
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78

Technical death metal.

Italiano.

Non sono solo le band statunitensi – o francesi e spagnole, ultimamente (Gojira, Wormed) – a mostrare al Mondo che il death metal può dotarsi di tecnica strumentale sopraffina per esprimere in maniera più corretta possibile le proprie idee musicali. Ci sono anche i nostrani Duality, per esempio, con il loro “Elektron”, debut-album che segue il demo “Dual Aggression” (2005) e l’EP “Chaos_Introspection”, 2011.

Anzi, rispetto al… solito, i Nostri vanno oltre alla tradizionale formazione dotata di una chitarra e un basso a otto corde, inserendo all’uopo, nel minestrone, un ingrediente fondamentale: il violino. Certo, non è la prima volta che il metal incontra tale mirabile capolavoro della liuteria, ma in “Elektron” esso svolge un compito sia complementare, sia essenziale. Come se, in certi movimenti, la musica dei Duality prendesse forma attorno a esso.

E, in altri, al contrario, essa volasse, sognasse, pensasse, accarezzando le stridule note del formidabile musicista Giuseppe Cardamone (‘Chaos_Introspection’). Formidabile perché, oltre a essere un virtuoso sia del violino stesso, sia della chitarra, al bravo Giuseppe la Natura ha regalato un’ugola scabra come la carta di vetro a grana grossa, che s’intona in maniera esemplare al sound della band medesima.

Non solo: c’è anche il jazz. Che stacca, disseziona, separa i momenti in cui la furiosa pressione del death metal non dà tregua (‘Six Years Locked Clock’), specificamente nei robusti e perfetti soli di chitarra. Ove, spesso, lo stesso Cardamone, assieme a Diego Bellagamba, danno lezione di wah-wah. Intersecando fra loro riff assolutamente dissonanti che, presi nella loro globalità, formano, quasi incredibilmente, un insieme, se si può dire, addirittura… accattivante.

Pensare a “Elektron” come a un’Opera Prima è semplicemente ridicolo poiché l’album è strutturato con linee complesse, mai astruse, spesso non lineari ma che giungono spesso a un nodo, a un perché. Non sono fini a se stesse, cioè. E questo è un merito raro, per una formazione che pratica questo genere, poiché spesso l’autocompiacimento prende il sopravvento sulla bontà del songwriting. Circostanza che qui non accade, poiché anche solo dopo pochi ascolti si riesce a centrare l’idea della canzone, salvo poi approfondirla con successivi ascolti che, almeno a parere di chi scrive, non portano mai, nemmeno lontanamente, verso il famigerato sentiero della noia, vero spauracchio delle technical death metal band, ma che i Duality tengono lontano da sé miglia e miglia… a sette leghe di distanza, insomma.

“Elektron” non è un lavoro da un ascolto e basta. Anzi, va assolutamente approfondito, sì da coglierne, da discernerne gli innumerevoli frammenti di cui è composto. Frammenti dotati di unicità propria, ma coesi agli altri per uno stile sostanzialmente unico nella sua tipologia.

Bravissimi!

Daniele D’Adamo

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