Recensione: Elysium

Di Stefano Vianello - 14 Gennaio 2011 - 0:00
Elysium
Band: Stratovarius
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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85

È trascorso meno di un anno dall’ultima release degli Stratovarius, Polaris. Molti avvenimenti importanti hanno segnato il recente passato della band scandinava: l’abbandono di Timo Tolkki è stato forse l’evento più eclatante, tanto da far pensare a tutti i sostenitori del gruppo che la storia degli Stratovarius fosse giunta al capolinea. Proprio Polaris, invece, è riuscito a ridestare dal torpore gli ascoltatori, rimasti amareggiati dal precedente omonimo album Stratovarius, con sonorità per un certo verso affini alla storia che ha reso la band quel che è oggi e per un altro, portando una folata d’aria fresca in una stanza che da troppo tempo sapeva di stantio. Questa nuova aria è quello che troviamo anche in Elysium: innovazione, un nuovo sound fresco e ispirato, ma soprattutto un netto calcio a quel che fu lo stile della musica marchiata con il giglio di Tolkki.
È difficile trovare aggettivi adatti a descrivere questo nuovo corso intrapreso dal combo finnico, perché tutto quel che si conosceva è stato stravolto, con risultati davvero inaspettati. Un sound moderno e attuale riesce a rapire l’attenzione già dai primi ascolti: molte discussioni in giro per il web accomunano questo nuovo modo di essere degli Stratovarius allo stile dei Cain’s Offering (band in cui canta lo stesso Kotipelto), ma, a detta di chi scrive, l’unico punto in comune è il cantato a briglie sciolte del buon Timo che, senza più vincoli nel dover raggiungere forzatamente certe tonalità, si esprime al meglio delle sue capacità donando una vena interpretativa ed espressiva che fino ad ora era stata ostacolata.

Ma veniamo al punto più importante, ovvero le nove tracce di cui è composto Elysium: siamo di fronte a un album eterogeneo, con canzoni molto diverse l’una dall’altra, ma non per questo in contrasto tra loro.
Il primo brano Darkest Hours, lanciato sul mercato già da diverse settimane in versione singolo, è un mid-tempo carico di orchestrazioni e melodia, in cui si può notare subito l’evoluzione che hanno avuto le tastiere di Jens Johansson, diventate vera e propria colonna portante del sound proposto. La successiva Under Flaming Skies strizza un occhio al passato con un ritornello classico e orecchiabile, dove si riesce ad apprezzare molto bene la tecnica e la bravura del chitarrista Matias Kupiainen. È però con la terza traccia che iniziano le sorprese e si comincia ad apprezzare del tutto l’innovazione e la sperimentazione di nuovi lidi sonori: Infernal Maze si rivela come uno dei migliori episodi di questo tredicesimo studio album. Una sorta di introduzione in pompa magna con cori solenni ed epici, viene seguita a ruota da un riffing serrato e decisamente ispirato per poi sfociare in un ritornello ipnotico, veloce e accattivante.
Le tracce scorrono piuttosto velocemente, Fairness Justified e The Game Never Ends sono due buone canzoni ma, nonostante tutto, mancano un po’ di mordente.
È con Lifetime In A Moment che però si rimane totalmente spiazzati: un’introduzione di circa un minuto con cupi e oscuri suoni e una voce carica di effetti sintetizzati in sottofondo, esplode in un marziale mid-tempo dal ritornello in stile Rammstein coadiuvato da pesanti suoni elettronici che impregnano questo brano di un’atmosfera futuristica e, forse, leggermente inquietante. Una traccia decisamente atipica, ma che si lascia apprezzare proprio per questa sua stranezza.
I ritmi si rilassano con Move The Mountain, una pregiata ballad che, grazie alle sue melodie sognanti, trasmette una sorta di pace malinconica: splendido l’assolo centrale di tastiera ad opera di Johansson, ottima inoltre tutta la sezione ritmica. Da sottolineare come il lavoro incrociato di Jörg Michael alla batteria e Lauri Porra al basso, al momento due elementi insostituibili, in questo brano come in tutto il disco, sia stato svolto alla perfezione con millimetrica precisione.
Con Event Horizon si torna con la mente al passato perché, nonostante l’evoluzione stilistica, le radici della band non vengono rinnegate: una canzone veloce e potente dove torna a far capolino l’effetto di tastiera cembalo che ha reso famosa l’ormai mitica Black Diamond.
Ma le sorprese non sono finite. A concludere quest’ultima fatica in studio è la titletrack Elysium, una lunga suite di ben diciotto minuti che racchiude tutto lo spirito di questa band che ha vissuto momenti di gloria fantastici in passato per poi precipitare inesorabilmente e infine tornare in splendida forma “like a phoenix…” (cit.). Il lavoro svolto da tutti i membri del gruppo è davvero notevole e la produzione ne esalta ogni singola nota, che sia essa suonata o cantata.

Elysium è sicuramente un’ottimo punto di partenza per questo 2011 appena iniziato. Un disco piacevole che si lascia ascoltare più volte senza stancare, riscaldando i cuori degli ascoltatori grazie alla nuova energia sprigionata dalla band. Energia, questa, ancora più sentita dopo la sconvolgente notizia sulla lotta che sta combattendo Jörg Michael contro il cancro da poco diagnosticatogli. A lui vanno i pensieri e gli auguri di pronta guarigione di tutti i fan che da sempre supportano gli Stratovarius e che in ogni caso non restano mai impassibili di fronte ai problemi di salute dei propri beniamini. Un album da avere, senza ombra di dubbio, perché il livello di qualità è tornato ad essere veramente alto.

Stefano “Elrond” Vianello

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Tracklist:
1. Darkest Hours
2. Under Flaming Skies
3. Infernal Maze
4. Fairness Justified
5. The Game Never Ends
6. Lifetime In A Moment
7. Move The Mountain
8. Event Horizon
9. Elysium

Line-up:
Timo Kotipelto – vocals
Matias Kupiainen – guitars
Lauri Porra – bass
Jörg Michael – drums
Jens Johansson – keyboards

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