Recensione: Epistemology

Di Luca Rimola - 6 Luglio 2015 - 0:00
Epistemology
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2015
Nazione:
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67

Sono passati molti anni da quando Obsidian nel 1997 ha fondato i Keep of Kalessin, debuttando con un buonissimo album chiamato “Through Times of War”; platter di stampo chiaramente Black  che però non disprezzava affatto la componente sinfonica. Da quel momento in poi la band, album dopo album, ha dimostrato di volersi evolvere, cambiando e stravolgendo più volte il proprio stile.
E non poteva essere da meno questo “Epistemology”, infatti la band dopo una pausa di 5 anni, torna sulle scene con un progressive black improntato quasi unicamente sulla componente melodica, ma che purtroppo durante l’ascolto delle tracce, sarà strabordante, privo di mordente e soprattutto poco originale.

Andando ad’analizzare l’album, doo una breve intro strumentale troviamo “The Spiritual Relief” come primo vero e proprio brano, un buon pezzo che risulta essere avvincente e ben diretto, con un ottimo ritornello in pulito ed accompagnato da bellissimi cori e linee di chitarra melodiche. Parte come una scheggia la successiva “Dark Divinity”, che seppur manchi della componente emotiva, si conferma come una traccia, tanto buona quanto complessa; piuttosto controverso l’utilizzo del clean, spesso e volentieri troppo forzato. 

“The Grand Design”,oltre a mettere in mostra le capacità di Vyl alla batteria, dimostra che la band sa ancora creare un brano duro quanto aggressivo, che talvolta però si perde nella prolissità di alcuni passaggi e nel poco ispirato quanto banale ritornello. Si prosegue con “Necropolis”, che riesce finalmente a riportare l’album su ottimi livelli grazie ad un buon riff e ad una ritmica diversa da quella delle precedenti tracce; l’unica pecca riscontrata è la massiccia durata degli assoli di Obsidian Claw, che calano  l’attenzione venutasi a creare all’inizio del brano.

Confesso che quando ho sentito i primi secondi di “Universal Core” ho sperato in una traccia totalmente estrema, che richiamasse i vecchi album del gruppo; purtroppo però mi sono dovuto ricredere; i KOK qui hanno voluto inserire, a viva forza per giunta, il ritornello catchy in clean vocal, rovinandone la pesantezza; “Universal Core” resta comunque un buono quanto breve episodio. Poteva essere ottimo. Peccato.

“Introspection” è, insieme a “The Spiritual Relief”, la traccia dove tutte le ispirazioni e influenze musicali di questo platter funzionano alla perfezione. Si tratta di una canzone in cui le parti aggressive si amalgamano perfettamente a quelle melodiche, sfornando un prodotto dai forti toni epici. Complici di questa buona traccia sono l’ottimo e vorticoso riff e il ritornello che, finalmente, riesce ad’essere perfetto e ideale per il tipo d’atmosfera creata. Sfortunatamente la title track non riesce ad’essere come la precedente; buoni alcuni passaggi, che purtroppo non possono salvarla del tutto. Il pezzo risulta quindi altalenante, come tutto l’album, dopotutto. 

In conclusione, questo “Epistemology” si discosta moltissimo da tutto quello che abbiamo ascoltato in precedenza dei Keep of Kalessin. Della componente black ormai c’è solo un lieve quanto offuscato ricordo; le sonorità eccessivamente ruffiane non devono essere viste come un elemento negativo, il problema di questo album è piuttosto il voler essere ruffiano a tutti i costi. Questo lo rende molto dscontinuo (a fronte di un sound molto compatto peraltro), un prodotto sicuramente oltre alla sufficienza ma che non ben lontano dai vecchi lavori.

Luca “Bēl” Rimola

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