Recensione: Eye To Eye

Di Alessandro Marcellan - 11 Gennaio 2009 - 0:00
Eye To Eye
Band: Scorpions
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 1999
Nazione:
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49

1999. Me ne avevano parlato tanto male di questo ”Eye II Eye”: eppure fu così anche per “Pure Instinct”, che in verità poi tutto sommato non mi dispiacque, un discreto ensemble di ballad e tempi medi con qualche pezzo classicamente hard rock a graffiare.
La line-up rimaneva quella inossidabile con l’aggiunta del fido scudiero (ed eccellente bassista) Rieckermann, con un solo cambio alla batteria dove James Kottak (ex Kingdom Come e Warrant) sostituiva il turnista Curt Cress.
E allora via dal negoziante, e il nuovo album degli amati scorpioni teutonici era mio!

Cd nello stereo, e via con le sensazioni di allora, che rimangono inalterate a distanza di anni e di esperienze di ascolto. Il riff rassicurante di “Mysterious” dura giusto un secondo e mezzo, spezzato sul nascere da ritmi moderati e leggere chitarre funky su base di drum machine: ok, ci può stare, pensate anche solo ai nostri Litfiba più industrial/trendy di “Mondi sommersi”…anche quel disco non era tutto da buttare, quindi, superato lo shock iniziale, si prova ad ascoltare con distacco.
Ecco allora entrare timidamente la batteria, poi un discreto bridge radiofonico, e un piano elettrico che tenta la finezza affiancandosi alle chitarrine di Schenker e Jabs, i quali però sono così irriconoscibili che pure il solo di chitarra è filtrato.
L‘assillante parte bassa del refrain si accosta al pop da boyband, e immagino di sentire il DJ sulle note finali annunciare il titolo dell’ultimo successo della new sensation britannica o d’oltreoceano… Il peggio sarà passato.
“To Be No. 1”, lo dice il titolo, sarà il classico inno trascinante da stadio: e invece no, il peggio è esattamente dietro l’angolo. Sarà uno scherzo? Un innocuo riff rinsecchito su campionamenti loop, ci porta (con un Meine totalmente disorientato) ad una strofa che ricorda il George Michael “dancettaro” anni’90, e un ritornello vicino ai Queen “più rock” di “Hot Space” non aiuta certo il brano a risollevarsi, tanto più che fanno capolino dei coretti d’accompagnamento degni di una svampita starlette R&B…

E gli Scorpions, invece? La speranza è che i vecchi leoni piazzino la zampata, ma per quella bisogna ancora pazientare. Per il momento accontentiamoci di una ballad, terreno in cui i nostri sono indiscussi maestri. In realtà “Obsession” sta per certi versi più dalle parti dei Wet Wet Wet, ma, nonostante il piglio modernista del bridge (dove tornano anche gli insulsi coretti e i campionamenti di cui sopra), Meine appare ora chiaramente a suo agio sui terreni melodici a lui congeniali di un (finalmente) buon refrain.
Le chitarre velatamente country di “10 Years Light Away”, pezzo accostabile agli episodi più easy degli ultimi Bon Jovi o di Springsteen, accompagnano l’ascoltatore su sentieri ancora una volta sconosciuti ai fans della band teutonica, ma la piattezza del ritornello non riesce a far decollare un brano privo di mordente ed acuti.
Gli Scorpions, dicevamo. L’identità perduta riaffiora con maggior convinzione alla traccia n. 5. “Mind Like a Tree” è un tempo moderato, epicheggiante ed evocativo, lontanamente la memoria va alla storica “China White” o alla “Money and Fame” del best-seller del ’90. Il buon Klaus pare divertirsi, l’assolo suona come deve suonare una chitarra, la batteria di Kottak imprime bene i ritmi, e anche la fase atmosferica a metà brano, goticheggiante e in leggera dissonanza, non stona affatto e risulta un esperimento (stavolta sì) piacevole e riuscito.

A questo punto del disco, possiamo aspettarci qualunque cosa. Seguono intanto altre tre ballad. La prima è la title track “Eye to Eye”, un lento acustico con Meine meditativo e chitarre bluesy, abbastanza scontato nell’incedere. La seconda ballad della sezione, dal titolo che fa tremare con quelle “U” da sms americano (“What U Give U Get Back”), si presenta nella strofa con un mood elettroacustico lievemente arpeggiato à-la Phil Collins solista, ma obiettivamente non dispiace, grazie alle buone melodie, al crescendo rock del ritornello, all’interpretazione sofferta di Meine, e al pregevole solo multitraccia di Jabs. L’ultimo brano del preannunciato terzetto, “Skywriter”, è fra lo slow e il mid-tempo; il cantato basso della strofa e il giro armonico si imprimono bene in testa, peccato che il tutto si dilunghi oltre il necessario (quasi 5 minuti assolutamente non dovuti): comunque un discreto pop-rock.
Nessuna di queste “lente” avvicina i migliori risultati delle storiche “gold ballads”, ma se non altro si lasciano canticchiare.

La band torna poi a sperimentare con le canzoni successive. In “Yellow Butterfly” un riffing vagamente minaccioso si alterna e si amalgama a parti acustiche e sintetiche: il tentativo è interessante, vorrebbe quasi avvicinare i Depeche Mode, ma sfiora nella fase strumentale forse più i Megadeth di “Risk”, mentre il chorus non colpisce nel segno come si vorrebbe.
Le strofe quasi parlate di “Freshly Squeezed” proseguono la via impervia, fallendo così come avevano fatto gli U2 di “Zooropa”. “Priscilla” è un ascolto più rilassante, un rock/AOR senza pretese ma cantabile e decoroso, e interrompe la serie “alternativa”.
Quest’ultima riprende immediatamente dopo con “Du bist so Schmuzig”, cantata in lingua madre da Meine, ripercorrendo in qualche modo i Rammstein, mentre un inciso crossover alla R.A.T.M. (rappato dal drummer Kottak) che poteva apparire coraggioso,risulta invece maldestro sfociando in un ritornello che incredibilmente quasi plagia i Chumbawamba (!) del fu-tormentone che recitava “I-get-knocked-down”.
Tra rock elettronico e pop/dance, “Aleyah” naufraga a sua volta nell’imbarazzante refrain, mentre il finale è fortunatamente affidato a un lento, “A Moment in a Million Years”, stavolta sorretto dal duo voce-pianoforte, che con sufficiente pathos chiude con dignità un disco per molti versi incomprensibile e confusionario.

Qualcuno potrebbe dire che i Grandi vecchi del rock, quando scimmiottano il “moderno”, rischiano di scivolare nel patetico, l’hanno dimostrato nei decenni passati i vari Genesis, Queen, Rolling Stones, Aerosmith (con i Run DMC…), per non parlare degli ultimi TNT o Skid Row.
Ma non sarà il sottoscritto a mancare di rispetto verso quella che considero fra le più influenti band di hard rock melodico di ogni tempo (nonché forse la mia preferita).
Dirò invece questo: lasciate perdere questo disco, vecchi rocker incalliti. Agli amanti di MTV e sonorità easy-pop-rock da classifica (ma che ci fate qui?) dirò invece che la buona musica prescinde i generi ma che, in questo isolato caso, gli Scorpions (di buona musica) ne hanno creata davvero poca.

Poi i nostri faranno marcia indietro con il validissimo e roccioso “Unbreakable”, ma questa volta –sarà stata la nostalgia delle charts?- hanno voluto provare a “sperimentare” ed è andata così.

Capita anche ai migliori.

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Tracklist:

1. Mysterious (Rieckermann, Schenker, Jabs, J.M. Byron, Meine) – 5:28

2. To Be No. 1 (Peter Wolf, Jabs, Meine) – 3:57

3. Obsession (Meine, Wolf) – 4:09

4. 10 Light Years Away (Mick Jones, Marti Frederiksen, Meine, Schenker) – 3:52

5. Mind Like a Tree (Schenker, Wolf, Meine) – 5:34

6. Eye to Eye (Schenker, Meine) – 5:04

7. What U Give U Get Back (Schenker, Wolf, Meine) – 5:02

8. Skywriter (Schenker, Meine) – 4:55

9. Yellow Butterfly (Schenker, Frederiksen, Meine) – 5:44

10. Freshly Squeezed (Schenker, Wolf, Meine) – 3:58

11. Priscilla (Schenker, Meine) – 3:17

12. Du Bist So Schmutzig (Jabs, Schenker, Meine, Kottak) – 3:55

13. Aleyah (Schenker, Meine) – 4:19

14. A Moment in a Million Years (Meine) – 3:38

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