Recensione: Fleshborer Soulflayer

Di Daniele D'Adamo - 10 Dicembre 2021 - 0:00
Fleshborer Soulflayer
Band: Otargos
Etichetta: XenoKorp
Genere: Death 
Anno: 2021
Nazione:
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75

Settimo parto in casa Otargos. Il nome del neonato? “Fleshborer Soulflayer”. Una buona prolificità, quindi, per i francesi, attivi dal 2001 e che, con un cambio di line-up che vede dietro alle pelli Michaël Martin (ex-Exocrine, ex-Fleshdoll) e il ritorno del chitarrista Astaroth, continuano imperterriti a macinare il loro blackened death metal.

Come insegnano i Behemoth, questo tipo di (sotto)genere esige, per essere prodotto al massimo delle sue possibilità tecnico-artistiche, il possesso di una tecnica strumentale ai più alti livelli. Cosa che avviene, in questo caso, con una naturalezza sorprendente, giacché Dagoth e soci spingono il pedale dell’acceleratore con grande perizia, più ferocemente possibile. Producendo un sound mostruosamente potente, violentissimo, purtuttavia lindo e pulito come la lama di un rasoio. L’esperienza fa la sua parte, e si sente, poiché la perfezione di questo sound implica un gran lavoro, alle spalle, che non può risolversi in qualche anno di esistenza.

Com’è ormai consuetudine, perlomeno in chi ha la voglia di tentare un minimo di progressione, non si contano gli inserimenti ambient e i campionamenti, oltre a qualche orchestrazione (‘Rise of the Abomination‘). Aborriti dall’ortodossia metallica, a parere di chi scrive, invece, quelli elencati sono degli ingredienti che in un moderno disco di questo tipo ci devono essere. Perché così facendo si inspessisce il suono, rendendolo carnoso, pieno, capace di avvolgere e stringere l’ascoltatore come le spire di un pitone. Non solo, ne beneficiano sia il mood, sia l’aspetto lisergico. Il mood, poiché il carattere tenebroso del blackened si esprime in tutta la sua misantropia, dando al carattere stesso, quasi, la possibilità di essere toccato con mano. L’aspetto lisergico, poiché la musica diviene veicolo di allucinate visioni a occhi aperti. L’Inferno diventa anche in questo caso visibile nel suo turbinio caotico di demoni e di dannati, condannati a correre come forsennati e ad aggrovigliarsi fra loro per l’eternità.

Lo stile dei Nostri, seppur presentante le notevoli componenti artistiche di cui sopra, è piuttosto rispettoso dei dettami del blackened death metal. Però, è adulto, formato e definito al 100%, comprendente cioè la stampa del famigerato timbro che ne certifica la provenienza. In ambito estremo, e specificamente nel death, non sono poi molti gli act che riescono a inserire correttamente le influenze dirette del black metal. Il combo di Bordeaux ci riesce in toto, sempre con quella naturalezza che contraddistingue i suoi agiti.

Tuttavia, come si è accennato all’inizio, ciò rende che davvero interessante in quartetto transalpino, perlomeno per i palati forti, è la sua incredibile aggressività, il suo furibondo attacco frontale. ‘Incursion of Chaos’ è il tremendo esempio che sconquassa le budella. La bestiale voce roca, a tratti soffusa, di Dagoth, ha un sentore di dannazione che segna indelebilmente uno stile volto alla demolizione della membrana timpanica nonché lo smembramento dei corpi. Le asce da guerra manovrate dello stesso Dagoth e del redivivo Astaroth masticano tonnellate di riff conditi da orpelli e assoli che ne movimentano il relativo muro di suono, duro come il granito. Ma ciò che davvero fa paura è la sezione ritmica. L’incessante rombo del basso di Manu Pliszke è il terrore che regna nell’essere umano per ciò che non riesce a comprendere. Il nuovo ingresso Martin è un mitragliatore di grosso calibro fatto persona. Spaventose bordate di blast-beats dai BPM inenarrabili trafiggono l’etere sino a entrare nel maestoso regno dell’hyper-speed, ove la mente cede ai lampi di apocalittici multiversi in fiamme (‘Xenos’).

A proposito di BPM non mancano episodi più cadenzati (per modo dire) che, nonostante il calo del ritmo, mantengono intatta la loro natura scellerata (‘Sentinel’). Non solo, dando l’impressione di trafiggere ancora più in profondità l’anima per disgregarla e renderla pronta per attraversare l’Ade.

Davvero difficile resistere al fascino di un LP come “Fleshborer Soulflayer”. In esso c’è quanto di meglio si possa trovare in ambito blackened death metal in questo 2021 oramai alla fine. Bravissimi gli Otargos nell’essere stati in grado sia di concepirlo, di realizzarlo e di renderlo idoneo per tutti i fan del metallo oltranzista.

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