Recensione: Foregone

Di Stefano Usardi - 9 Febbraio 2023 - 10:00

Era da parecchio che non ascoltavo gli In Flames, quindi devo ammettere di essere rimasto piacevolmente colpito da questo “Foregone”, quattordicesimo lavoro degli svedesi e in uscita domani: un lavoro che consolida la posizione di Bryce e Tanner – entrambi autori di una prova degna di nota – in seno al gruppo e permette al nuovo entrato Chris Broderick di mettersi a proprio agio. “Foregone” si interroga sul concetto di tempo, sulla sua fugacità e su come scendere a patti con questa consapevolezza: per farlo mescola elementi del passato e del presente, attingendo a piene mani dal death melodico del suo periodo di massimo splendore e screziandolo con profumi più moderni. Ecco quindi che ai corpacciuti riff della classica Scuola Göteborg si affiancano melodie più effettate, riecheggianti un certo tipo di metalcore o in alcuni casi addirittura del power pop d’annata; nonostante ciò – mi rendo conto che sulla carta questo mix potrebbe meritarsi ben più di un inarcamento di sopracciglia – questi aspetti vendono bilanciati in modo molto organico, con criterio e la giusta cafonaggine, rendendo “Foregone” un lavoro dinamico e piacione che, nonostante il sentore di operazione accalappia consensi che si fa largo di tanto in tanto, può vantare un ottimo tiro complessivo, canzoni scorrevoli ed accattivanti il giusto e una durata che rende il tutto più concentrato e fruibile.

Un arpeggio dimesso apre le danze: l’intro acustica e rilassata di “The Beginning of All things that Will End” crea un buon sottofondo sonoro, cullando l’ascoltatore per i suoi due minuti abbondanti prima dell’esplosione di “State of Slow Decay”, traccia determinata in cui i nostri affiancano una strofa tesa e martellante a rallentamenti più cupi, seguiti da brevi squarci di melodia. “Meet your Maker” strizza l’occhio alla scena oltreoceanica nel suo mescolare melodie ultra accattivanti e un fare più tempestoso, mentre “Bleeding Out” rallenta di un pelo i ritmi per incedere con un fare più scandito, donando alle melodie un respiro più avvolgente ma dal retrogusto forse un po’ troppo impalpabile. Si arriva ora a “Foregone Pt.1” pezzo teso in cui si torna a respirare aria di fine anni ’90 grazie all’ottima fusione tra parti bellicose e schegge melodiche. “Foregone Pt.2”, invece, decide di percorrere una strada diversa, rallentando di poco per giocare con maggiori pathos e carica evocativa. Il pezzo alterna arpeggi romantici e voci filtrate a riff drammatici e harsh vocals, creando un vortice sonoro intrigante e ben strutturato. Con la melodia intimista di “Pure Light of Mind” sembrerebbe arrivato il momento della ballatona: in effetti il pezzo si distende su un tappeto di melodie struggenti e voci pulite, montando pian piano il suo climax emozionale. “The Great Deceiver” suona la sveglia grazie a ritmi quadrati e un piglio determinato ed incombente, che esplode nelle brevi fiammate dal tono eroico del ritornello e in un paio di brevissimi rallentamenti atmosferici che le donano un retrogusto più rotondo. Il riff quadrato di “In the Dark” introduce un pezzo cupo, scandito, dalla più spiccata indole death, spezzato solo dal ritornello enfatico ed avvolgente e dalla bella sezione melodica che prepara il terreno al finale nuovamente arcigno. “A Dialogue in b Flat Minor” si mantiene su ritmi quadrati, modulando riff bellicosi sulle melodie effettate e decisamente accattivanti del ritornello, dominato da una voce pulita che dona al tutto un retrogusto più accessibile e trova compimento nel climax finale che si spegne, infine, in un arpeggio rilassato. In “Cynosure” i nostri insinuano nella materia sonora un tono più inquieto, insinuante, mettendo da parte le esplosioni rabbiose incontrate finora per distendersi su linee più dimesse. L’intento riesce, a mio avviso, solo a metà, lasciandomi un po’ di perplessità su una traccia sì atmosferica ma che risulta priva di una degna conclusione. Chiude “Foregone” “End the Transmission”, che ad un inizio cupo e graffiante affianca un ritornello dal lieve sentore di new metal e contribuisce a calare il sipario in modo inaspettato ma coinvolgente.

Nonostante i miei timori iniziali, “Foregone” si dimostra un bel lavoro, sicuramente destinato a piacere a una larga fetta di appassionati: l’amalgama creato dal quintetto riesce, pur senza far gridare al miracolo, a districarsi molto bene tra rimandi al passato, strizzatine d’occhio al metallo contemporaneo ed esperimenti che restano comunque ben contestualizzati in un certo ambito sonoro. Il risultato è un lavoro scorrevole, sfaccettato ed organico, forse un tantino troppo ruffiano per i più esigenti ma capace di suonare al tempo stesso fresco e familiare.

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