Recensione: From the Cradle to Enslave

Di Alessandro Calvi - 9 Maggio 2004 - 0:00
From the Cradle to Enslave
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Anno: 1999
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65

I Cradle of Filth sono indiscutibilmente un gruppo molto particolare. Un gruppo che proprio per questo motivo, nella maggior parte dei casi, o piace moltissimo oppure si odia. Il cantato così particolare di Dani e la costruzione dei brani a metà tra black, gothic e qualcosa d’altro di non meglio identificato, le varie influenze, a cominciare dalla musica classica, e l’uso in alcuni punti della voce femminile, hanno fatto si che il gruppo inglese fosse creatore quasi di un nuovo genere a se stante. Di certo ha creato un sound così personale che in seguito sono stati moltissimi i gruppi che vi si sono ispirati.

Naturalmente un sound così originale e per certi versi “strano” non poteva non essere al centro di tante discussioni e anche polemiche. Ancora di più secondo me era poi destinato a scatenare dibattiti un disco come questo From the Cradle to Enslave. Se già il sound dei vampiri inglesi era particolare e caratteristico prima, con questo EP il gruppo di Dani sembra quasi voler buttare benzina sul fuoco.
È ormai un classico che i Cradle of Filth alternino un album di studio e un EP come questo, di soli sei brani, quasi che la band non voglia lasciare per troppo tempo i propri fan senza novità. Di novità in effetti ce ne sono tante, ma forse sarebbe più giusto dire di esperimenti, perché gran parte delle soluzioni adottate in queste sei tracce non sono poi più state utilizzate in maniera sistematica dal gruppo inglese.

Ad aprire il cd è proprio la titletrack, From the Cradle to Enslave, un brano che subito ci mostra una ritmica ben diversa dai canoni del gruppo, ma anche lontana dal metal in generale. Spesso e volentieri in più passaggi questa canzone sembra voler prendere una piega “elettronica” nel senso di seguire ritmi sintetizzati che probabilmente ci si aspetterebbe di trovare più in una discoteca che in un album come questo. Si sente comunque fin da subito che l’aria che si respira non è la solita, c’è qualcosa di diverso. La successiva Of Dark Blood and Fucking rimane sostanzialmente sugli stessi livelli della prima traccia senza presentare sostanziali novità.
Una prima grossa novità è invece rappresentata da Death Comes Ripping, si tratta un brano veloce di quasi 2 minuti e dal ritmo molto più cadenzato del solito per i Cradle of Filth e che presenta parti molto heavy e guitar oriented, con in più un ritornello che forse se fosse presente in una song degli Iron Maiden ci meraviglierebbe molto di meno che a sentirlo fare dai nostri vampiri.
Discorso simile ma con un sottofondo elettronico nel suono di tutti gli strumenti per la successiva Sleepless, in particolare risulta un po’ spiazzante l’uso delle chitarre nel ritornello che si dedicano a passaggi che i Cradle non hanno mai usato.
La vera e propria “pietra dello scandalo” di questo album è però Pervert’s Church la quale presenta un vario e ripetuto utilizzo dell’elettronica dai sapori quasi discotecari. Più che un brano dei vampiri inglesi sembra di trovarsi di fronte a un brano remixato. Il risultato è in questo caso decisamente originale, personalmente non è la mia canzone preferita di questo disco ma come si suol dire “de gustibus non disputandum est”, qualcuno a cui piace c’è sicuramente. Io mi limito a dire che con i Cradle of Filth secondo me centra poco questo brano, ma in un album un po’ sperimentale come questo sicuramente può starci.
A chiudere l’EP troviamo una nostra vecchia conoscenza, Funeral in Carpathia, inizialmente presente su Dusk and Her Embrace e qui ripresentata in una nuova veste definita “be quick or be dead version”. Nel senso che in questo caso la canzone non ha subito modifiche sostanziali se non per il fatto di essere stata molto accelerata.

Per concludere si tratta di un album destinato ovviamente esclusivamente agli appassionati che desiderano possedere tutto quello che viene prodotto dalla propria band preferita. Si tratta comunque di un capitolo non fondamentale della discografia dei Cradle of Filth che presenta una serie di “esperimenti”, i dischi storici dei vampiri inglesi sono altri. Personalmente vi consiglio di cominciare ad ascoltare quelli, per arrivare a questo c’è tutto il tempo.

Tracklist:
01 From the Cradle to Enslave
02 Of Dark Blood and Fucking
03 Death Comes Ripping
04 Sleepless
05 Pervert’s Church (from the cradle to deprave)
06 Funeral in Carpathia (be quick or be dead version)

Alex “Engash-Krul” Calvi

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