Recensione: Gospel of the Wretched

Di Daniele D'Adamo - 20 Ottobre 2009 - 0:00
Gospel of the Wretched
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Anno: 2009
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68

Band di comprovata esperienza, i tedeschi Lay Down Rotten giungono con Gospel of the Wretched al quinto full-length della loro decennale carriera.

Oltre alla biografia è anche – forse soprattutto – lo stile musicale del gruppo a mostrare un background culturale non proprio di primo pelo da parte dei ragazzi; dato che il death da loro proposto rispetta pedissequamente gli stilemi più classici del genere. In un periodo in cui la parola d’ordine in ambito death – ma non solo – sembra essere “contaminazione”, il quintetto di Herbon sciorina una sequenza di canzoni strutturalmente risalenti all’epoca primitiva della categoria, quando heavy e thrash l’inzuppavano ancora abbondantemente. Questa peculiarità se da un lato nobilita le intenzioni dei Nostri, dall’altro può costituire una trappola mortale per l’originalità dell’opera. Come si suole dire “i conti si fanno alla fine”, per cui prima di esprimersi in pareri definitivi occorre analizzare i vari pezzi che compongono Gospel of the Wretched.

E tanto per ribadire il concetto espresso più sopra, la title-track Gospel of the Wretched apre le danze con una cavalcata contrassegnata da un mid-tempo dall’aurea colorata di heavy – Uwe Kilian propone a tal proposito una morbida linea di basso – con accelerazioni nemmeno troppo violente, stacchi melodici, soli di chitarra piuttosto armonici e beat-blast utilizzati con parsimonia da Timo Claas.
Addirittura cori epici accompagnano il drammatico growling di Jost Kleinert nell’introduzione di Thy Won’t Be Done, che si dipana su un tappeto ritmico vario ed articolato il quale rimanda ai Maestri del genere, Dismember in primis. Il break dedicato agli arabeschi delle sei corde rimarca maggiormente momenti d’intimismo, piuttosto che di assalti all’arma bianca. Hours of Infinity regala quasi inaspettatamente un gustoso intermezzo di death melodico, scandito da una sezione ritmica sempre agile e dal gusto raffinato. Come raffinato è il gusto delle chitarre soliste, che mettono giù quel qualcosa in più così da rendere il piatto più ricco. Nella seconda parte della canzone ci si rintana nuovamente nel rassicurante sound che caratterizza in gran parte il CD.
Con Altering the Whore il ritmo assume i connotati cronometrici tipici di band quali gli In Flames; con rimandi anche a momenti thrash per l’uso di chitarristici effetti wah wah. Sostanziale fotocopia della precedente canzone è Conditioning the Weak, nella quale viene semplificata la sezione ritmica a sostegno della fluidità.
He Who Shows Hate si presenta con un biglietto da visita sostanzialmente grigio ed anonimo, che rappresenta perfettamente la song stessa; mentre la successiva Beyond Damnation, chiaramente heavy, distribuisce ancora una volta un buona dose di melodia.
Alza un po’ il tiro When All Becomes Nothing con alcuni pregevoli passaggi lenti e sinuosi, che a metà brano si intensificano irrobustendo il risultato finale.
In generale il rifferama costruito da Daniel Jakobi e Nils Förster tesse le  trame di un tappeto ritmico senz’altro fitto ma non particolarmente pesante. L’operazione regala al groove il cliché usuale delle produzioni death, non arricchendolo però di profondità e densità sonora. Esempio di ciò ne è la conclusiva Where Spirits Lie Dead.

Ebbene: i conti finali.
Come sempre più spesso accade negli ultimi anni, è arduo imbattersi in combo death dalla modeste qualità tecniche, ed i Lay Down Rotten rifuggono con facilità da questo ristretto insieme.
Sfortunatamente per loro, l’old school death non fornisce un adeguato sostegno alle loro composizioni; un po’ troppo leggere, solo sfiorate dalle labbra dell’originalità, scevre da peculiarità ed quindi in gran parte anonime. Esse si susseguono tuttavia in maniera fluida e leggera, non impegnando conseguentemente in maniera eccessiva i timpani dell’ascoltatore; a questo anche aiutate da un glowling dal tono né troppo aggressivo né troppo spinto verso le profonde caverne raggiunte dagli epigoni del genere. Gospel of the Wretched: un esempio di “easy death metal”?
 
Daniele “dani66” D’Adamo.

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Tracklist:
1. Gospel of the Wretched 5:18
2. Thy Won’t Be Done 5:20
3. Hours of Infinity 5:06
4. Altering the Whore 5:34
5. Conditioning the Weak 5:02
6. He Who Shows Hate 3:40
7. Beyond Damnation 4:10
8. When All Becomes Nothing 4:16
9. Where Spirits Lie Dead 5:38

Line-up:
Jost Kleinert – Vocals
Daniel Jakobi – Vocals, Guitars
Uwe Kilian – Bass
Timo Claas – Drums
Nils Förster – Guitars

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